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Attenuanti generiche: no con precedenti penali

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati legati agli stupefacenti, che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità e il riconoscimento delle attenuanti generiche. La Corte ha stabilito che i due precedenti penali per reati della stessa indole configurano un’abitualità nel comportamento che osta alla concessione della particolare tenuità. Inoltre, ha confermato che la presenza di precedenti specifici e l’assenza di elementi positivi giustificano il diniego delle attenuanti generiche, non essendo la giovane età, da sola, un fattore sufficiente.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti generiche: la Cassazione chiarisce i limiti in caso di precedenti

L’applicazione delle attenuanti generiche e della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto rappresenta un tema cruciale nel diritto penale, spesso al centro dei ricorsi in Cassazione. Una recente ordinanza della Suprema Corte offre importanti chiarimenti, ribadendo come la presenza di precedenti penali specifici possa precludere l’accesso a tali benefici, anche per un imputato di giovane età. Analizziamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un individuo condannato sia in primo grado dal Tribunale di Milano che in appello dalla Corte d’Appello della stessa città per un reato previsto dall’art. 73, comma V, del DPR 309/1990, concernente la materia degli stupefacenti.

L’imputato lamentava due vizi principali nella sentenza d’appello:
1. La mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale.
2. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche, previste dall’art. 62-bis del codice penale.

La difesa sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare questi due aspetti, chiedendo di riconsiderare la posizione dell’imputato alla luce di una più favorevole interpretazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. Questa statuizione comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente.

Le Motivazioni: il diniego delle attenuanti generiche e della tenuità

Le motivazioni addotte dalla Corte per rigettare il ricorso sono articolate e si fondano su principi giurisprudenziali consolidati. Analizziamole punto per punto.

L’ostacolo dell’abitualità del reato

Per quanto riguarda la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto), la Corte ha evidenziato un ostacolo insormontabile: l’abitualità del comportamento del ricorrente. Dai documenti processuali emergeva, infatti, che l’imputato avesse a carico due precedenti penali per reati della medesima indole.

Richiamando la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite n. 13861 del 2016 (caso Tushaj), i giudici hanno ribadito che il comportamento è da considerarsi “abituale” quando l’autore ha commesso almeno altri due reati oltre a quello per cui si procede. Questa “serialità” di condotte penalmente rilevanti è considerata dalla norma una condizione ostativa che impedisce, a priori, l’applicazione del beneficio della particolare tenuità, a prescindere dalla gravità del singolo episodio.

I limiti per la concessione delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è stato ritenuto infondato. La Corte di Cassazione ha ricordato che, a seguito della riforma dell’art. 62-bis c.p. del 2008, la concessione di tali attenuanti non è più un atto dovuto in assenza di elementi negativi. Al contrario, il giudice deve motivare la loro concessione sulla base di elementi positivi meritevoli di considerazione.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente negato il beneficio, valorizzando in senso negativo i precedenti penali specifici dell’imputato. Di contro, non erano emersi elementi positivi di rilievo. In particolare, la giovane età del ricorrente, da sola, è stata ritenuta insufficiente a giustificare una riduzione di pena, soprattutto a fronte di una già manifesta inclinazione a delinquere. La motivazione dei giudici di merito è stata quindi giudicata logica, coerente e non censurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso della giurisprudenza di legittimità. Le implicazioni pratiche sono chiare: un percorso criminale, anche se limitato a pochi episodi, può avere conseguenze significative sulla possibilità di accedere a benefici premiali. La “particolare tenuità del fatto” è un istituto pensato per episodi isolati e di minima offensività, non per chi dimostra una certa serialità nel commettere reati. Analogamente, le attenuanti generiche non possono essere invocate come un mero correttivo della pena basato su dati anagrafici, come la giovane età, se questi non sono accompagnati da altri elementi positivi che dimostrino un’effettiva riconsiderazione del proprio percorso di vita.

Quando un comportamento è considerato “abituale” ai fini dell’esclusione della particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte di Cassazione, che si rifà a una sentenza delle Sezioni Unite, il comportamento è abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due reati oltre a quello per cui si sta procedendo. Questa serialità costituisce una condizione ostativa all’applicazione del beneficio.

La giovane età dell’imputato è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
No. La Corte ha stabilito che la sola giovane età non è un elemento sufficiente per concedere le attenuanti generiche, specialmente in presenza di precedenti penali specifici e in assenza di altri elementi positivi concretamente valorizzabili dal giudice.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile e non si ravvisa un’assenza di colpa, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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