Attenuanti Generiche: Quando i Precedenti Penali Chiudono la Porta a uno Sconto di Pena
L’applicazione delle attenuanti generiche, previste dall’articolo 62-bis del codice penale, rappresenta uno degli strumenti più significativi a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è un atto dovuto, ma una valutazione discrezionale basata su elementi concreti. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce come un passato criminale denso di precedenti possa costituire un ostacolo insormontabile per ottenere questo beneficio.
I fatti del ricorso
Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato il diniego delle attenuanti generiche. L’unico motivo di doglianza sollevato dinanzi alla Suprema Corte riguardava proprio la presunta violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento di tali circostanze favorevoli. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero correttamente valutato gli elementi che potevano giustificare una mitigazione della pena.
La decisione della Corte di Cassazione sulle attenuanti generiche
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno ritenuto il motivo di ricorso ‘aspecifico e non consentito’. La Corte ha stabilito che la valutazione compiuta dalla Corte d’Appello era pienamente legittima e correttamente motivata. Di conseguenza, oltre alla conferma della decisione impugnata, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella validità del ragionamento seguito dai giudici di secondo grado. Questi ultimi avevano fondato il diniego delle attenuanti generiche su due pilastri fondamentali: la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena e, soprattutto, i ‘numerosi precedenti penali’ del ricorrente. La Suprema Corte ha sottolineato che tale motivazione non può essere rivalutata in sede di legittimità, poiché non presenta alcuna contraddizione o illogicità manifesta. In altre parole, la Cassazione non funge da ‘terzo grado’ di giudizio per riesaminare i fatti, ma si limita a controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, valorizzare un passato criminale significativo come elemento ostativo alla concessione di un beneficio è un esercizio del tutto corretto del potere discrezionale del giudice.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza penale: le attenuanti generiche non sono un diritto dell’imputato, ma una concessione che deve essere meritata sulla base di elementi positivi e di una valutazione complessiva della sua personalità. La presenza di un casellario giudiziale ‘pesante’ è un fattore che il giudice non solo può, ma deve considerare. Per chi intende impugnare in Cassazione un diniego su questo punto, non è sufficiente lamentare una valutazione ritenuta ingiusta; è necessario, invece, dimostrare un vizio logico palese o un errore di diritto nella sentenza, un compito arduo quando la decisione si basa su elementi fattuali concreti come i precedenti penali.
Avere numerosi precedenti penali impedisce di ottenere le attenuanti generiche?
Sì, secondo questa ordinanza, la presenza di numerosi precedenti penali e la mancanza di altri elementi favorevoli sono motivazioni valide e sufficienti per i giudici per negare la concessione delle attenuanti generiche.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare la decisione del giudice di merito sul diniego delle attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito la valutazione del giudice (come la Corte d’Appello), a meno che la motivazione di quest’ultimo non presenti contraddizioni evidenti o illogicità manifeste. Un semplice disaccordo con la valutazione non è un motivo di ricorso valido.
Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9138 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che censura violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche è aspecifico e non consentito. I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego, la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena ed i numerosi precedenti penali del ricorrente (vedi pag. 5 della sentenza impugnata), motivazione che non può esser rivalutata, in questa sede, non essendo i giudici di merito incorsi in contraddizioni o illogicità manifeste;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 23 gennaio 2024
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