Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19279 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COLLICENZA NOME (CUI CODICE_FISCALE nato a ROMA il 07/01/1993
avverso la sentenza del 30/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale locale in relazione al reato di cui all’art. 73, co. 5 d.P.R. n. 309/1990.
Rilevato che con il primo motivo, con cui il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla prova circa la finalità di spaccio e al mancato inquadramento della condotta nell’illecito amministrativo avuto riguardo al dato ponderale; con il secondo si lamenta la mancata assunzione di prova decisiva ossia l’audizione del dott. COGNOME in merito alla “medesima tipologia di confezionamento” tra lo stupefacente rinvenuto e quello sequestrato in occasione di un precedente arresto; con il terzo si lamenta il mancato riconoscimento della causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen.; con il quarto il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e, conseguentemente l’eccessività del trattamento sanzionatorio e con il quinto il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 20 bis cod pen.
Il ricorso è inammissibile in quanto reiterativo di censure già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte di appello con percorso argomentativo coerente e privo di vizi logico-giuridici, a cui il ricorrente non contrappone alcune valida ragione di fatto o di diritto quanto piuttosto una lettura alternativa delle risultanze in atti. stesso dicasi per la memoria depositata dal difensore.
La Corte territoriale dopo avere ricostruito la vicenda scaturita dall’arresto in flagranza del ricorrente che aveva dato luogo alla diretta osservazione del lancio di un involucro da parte del Collicenza, già sottoposto alla misura dell’obbligo di presentazione alla p.g., fuori dal finestrino della propria auto che recuperato dava luogo al rinvenimento di quattro involucri contenenti un grammo ciascuno di sostanza stupefacente del tipo cocaina, ha posto l’accento sui risultati delle analisi di laboratorio dalle quali emergeva una percentale di purezza pari all’85%.
La Corte di appello di Roma, richiamando gli argomenti spesi dal primo giudice, ha rigettato il motivo in punto di destinazione allo spaccio di sostanza stupefacente avuto riguardo alla quantità e alla modalità di detenzione della droga, già suddivisa in dosi, facilmente spendibili al minuto, alla circostanza che contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, costui non era in atteggiamento di chi sta per assumere lo stupefacente posto che gli involucri erano perfettamente chiusi e contenuti nell’involucro di carta, non erano trovati strumenti per l’assuzione immediata dello stupefacente e il luogo in cui si era fermato non era affatto appartato. Con detti argomenti il ricorso non si confronta.
E’ stato respinto il secondo motivo con il quale era stata chiesta la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale con motivazione congrua rilevando che l’assunzione del dott. COGNOME non era necessaria ai fini del decidere.
Questa Corte da tempo ha sottolineato che la rinnovazione di cui all’art. 603 cod. proc. pen. (cui correttamente deve riferirsi la richiesta di integrazione in appello) è subordinata a specifiche condizioni, e rappresenta un passaggio meramente eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello. Più in particolare, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti, accertamento che è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 7, n. 36410 del 10/09/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 31188 del 4/07/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, COGNOME, Rv. 274996 – 02, Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620 -01). Nel rispetto di tali coordinate interpretative, la Corte territoriale ha ritenuto di non esercitare tali poteri di integrazione probatoria, valutando la completezza della piattaforma probatoria.
Con motivazione affatto illogica richiamando i precedenti penali annoverati dal Collicenza la circostanza che lo stesso si trovasse sottoposto a misura non custodiale applicata all’esito dell’arresto risalente a due mesi prima per fatti del tutto analoghi a quelli contestati, ha rigettato la richiesta volta ad ottenere il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Sul punto va rammentato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato). Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, 3ebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691). Al fine di ritenere o escludere le
circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
E’ inammissibile il motivo proposto con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. in quanto non proposto dinanzi alla Corte territoriale. Detto motivo non è consentito atteso che non risulta proposto alla Corte di appello.
Meramente ripropositivo è il motivo che attiene alla mancata applicazione della pena sostitutiva ai sensi dell’art. 545 bis cod. proc. pen. avendo la Corte territoriale argomentato in merito ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. con particolare riferimento alle modalità dei fatti, alla personalità compromessa dell’imputato, alla non occasionalità della condotta, avuto peraltro riguardo all’arresto avvenuto solo due mesi prima e alla circostanza che lo stesso ha agito nonostante la vigenza della misura applicata nei suoi confronti.
La Corte di cassazione, sul punto, ha avuto modo di affermare che in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il giudice, anche a seguito delle modifiche intro dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, è vincolato nell’esercizio del suo potere discrezi alla valutazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sicché il suo giudizio, se adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità (Sez. 3, n. 9708 d 16/02/2024. Tornese, Rv. 286031 – 01).
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de Ammende.
P.Q.M.
· Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Deciso in data 13 maggio 2025