Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1708 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1708 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 29/09/1973
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE RAGIONE_SOCIALE di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME in qualità di sostituto processuale dell’Avv. COGNOME del foro di SANTA NOME COGNOME giusta delega depositata all’odierna udienza, in difesa delle parti civili COGNOME e COGNOME NOME si riporta come da conclusioni scritte che deposita all’odierna udienza unitamente alla nota spese.
L’avvocato COGNOME del foro di AVELLINO in difesa di COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in preambolo la Corte di assise di appello di Napoli, in parziale riforma di quella emessa, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 1° febbraio 2023, nei riguardi di NOME COGNOME imputato del duplice omicidio di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha rideterminato la pena in otto anni e otto mesi di reclusione.
Il Giudice per le indagini preliminari aveva dichiarato l’imputato responsabile dei delitti ascrittigli, riuniti in continuazione, e, riconosciuta l’attenuante di all’art. 416-bis 1., terzo comma, cod. pen. e computata la diminuente del rito, lo aveva condannato alla pena di nove anni di reclusione, oltre alle pene accessorie e al pagamento delle spese processuali.
La Corte territoriale, su appello dell’imputato, ha applicato la diminuzione per la già riconosciuta attenuante della “collaborazione” nella sua massima estensione, ribadendo il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Ricorre COGNOME per mezzo del proprio difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME chiedendo l’annullamento della sentenza, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo e il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62bis cod. pen.
Secondo il ricorrente il Giudice di secondo grado avrebbe reso una motivazione carente ove non apparente, limitandosi a fondare il diniego sull’assenza di elementi diversi da quelli che hanno determinato il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen. e trascurando di considerare i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, ampiamente citata nel ricorso, secondo cui le circostanze attenuanti generiche possono convivere con le circostanze attenuanti comuni e certamente anche con quella della collaborazione.
2.2. Il terzo motivo attinge la motivazione, del pari ritenuta del tutto carente, sull’entità dell’aumento irrogato ai sensi dell’art. 81, secondo comma, cod. pen. per il secondo omicidio.
La stringata motivazione del Giudice di appello non renderebbe ragione dei parametri sulla scorta dei quali è stato ritenuto congruo l’aumento di un anno di reclusione per tale secondo reato; ciò in patente violazione del principio espresso da Sez. U. COGNOME, la cui motivazione è diffusamente riprodotta nel ricorso.
Il Sostituto Procuratore generale, anche richiamando la requisitoria scritta depositata in data 27 agosto 2024, ha prospettato la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione è articolata da doglianze generiche, o manifestamente infondate, oppure esulanti dai motivi deducibili ex art. 606 cod. proc. pen. e, pertanto, non supera il vaglio di ammissibilità.
I primi due motivi di ricorso sono non consentiti, poiché costituenti mera riproposizione di doglianze articolate in sede di appello e adeguatamente confutate dalla Corte territoriale e, comunque, manifestamente infondate.
Le determinazioni del giudice di merito a proposito della concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena sono infatti insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esente da vizi logico-giuridici e idonea a dar conto delle ragioni del decisum.
Quanto, poi, all’atteggiarsi dei rapporti tra le . circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. e quella di cui all’art. 416-bis, terzo comma, cod. pen., è principio consolidato quello secondo cui «In tema di reati di criminalità organizzata, la concessione delle attenuanti generiche e la concessione della attenuante di cui all’art. 8 del d.l. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203, si fondano su distinti e diversi presupposti. Le prime, dunque, non escludono, ma nemmeno necessariamente implicano, l’applicazione della seconda. Invero, mentre l’art 62-bis cod. pen. attribuisce al giudice la facoltà di cogliere, sulla base di numerosi e diversificati dati sintomatici (motivi che hanno determinato il reato, circostanze che lo hanno accompagnato, danno cagionato, condotta tenuta post delictum, ecc.), quegli elementi che possono suggerire l’opportunità di attenuare la pena edittale, l’ attenuante di cui all’art. 8 legge 12 luglio 1991 n. 203 è conseguenza del valido contributo fornito dall’imputato allo sviluppo delle indagini e dell’attività dallo stesso posta in essere allo scopo di evitare le ulterior conseguenze della attività delittuosa» (Sez. 2, n. 27808 del 14/03/2019, COGNOME, Rv. 276111; Sez. 5, n. 1703 del 24/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258958 Sez. 1, n. 14527 del 03/02/2006, COGNOME, Rv. 233938; Sez. 1, n. 2137 del 05/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212531).
Occorre, quindi, ribadire il principio secondo cui non è consentito utilizzare gli elementi posti a fondamento dell’attenuante della dissociazione attuosa per giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche in modo automatico, perché tale soluzione comporterebbe un’inammissibile valorizzazione dei
medesimi elementi, con riferimento alla posizione dell’imputato, effettuata in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 1, n. 7184 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284374; Sez. 3, n. 10084 del 21/11/2019, dep. 2020, COGNOME, RV 278535; Sez. 6, n. 49820 del 05/12/2013, COGNOME, Rv. 258136; Sez. 5, n. 34574 del 13/07/2010, COGNOME, Rv. 248176).
Nel caso di specie, il Giudice d’appello ha fatto buon governo dei suindicati principi e la motivazione posta a fondamento della conferma del diniego delle circostanze attenuanti generiche è senz’altro da ritenersi adeguata, poiché confrontandosi con le censure contenute nell’appello – ha evidenziato che non si ravvisavano ragioni, evincibili dagli atti ovvero allegate dalla difesa, a sostegno di tale riconoscimento che non fossero «già assorbite nella concessione della diminuente della collaborazione».
Con motivazione scevra da fratture razionali, dunque, ha valorizzato in senso contrario alla richiesta dell’imputato, la sua personalità negativa, caratterizzata dalla commissione di più gravi reati, perpetrati in adesione a un’organizzazione camorristica; ha poi chiarito che l’epoca recente (2021) della collaborazione con la giustizia non consentiva di apprezzarne una consolidata resipiscenza.
Non è dunque contraddittoria ovvero manifestamente illogica l’avere la Corte di assise di appello ritenuto l’atteggiamento collaborativo di COGNOME assorbito nella valutazione sulla ravvisabilità dell’attenuante speciale. Con pari coerenza i Giudici di merito hanno escluso che il mutamento di vita di questi esprimesse significato diverso e ulteriore rispetto a quello della collaborazione valutata ai fini dell’attenuante di cui sopra.
2.2. Del pari inammissibile il terzo motivo, con il quale il ricorrente lamenta il vizio di motivazione in punto di eccessività dell’aumento, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., per il reato-satellite.
La difesa invoca il principio espresso da Sez. U n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269.
E, tuttavia, se è vero che il giudice, titolare del potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati satellite, ai sensi dell’art. 81, secon comma, cod. pen., così da rendere concretamente possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena base (Sez. U. n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269; Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280216), è altrettanto innegabile come precisato in Sez. U. COGNOME – che «il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale
da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i l previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene».
Ciò che non è accaduto nel caso che ci occupa e, anzi, il Giudice di appello ha motivatamente posto in risalto che l’aumento per la continuazione per l’omicidio reputato di minore gravità (ovverosia quello di COGNOME), determinata in primo grado in un anno di reclusione, non era in alcun modo riducibile, perché una pena inferiore sarebbe stata incongrua a fronte della gravità del fatto.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000 – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Quanto al regolamento delle spese del grado relativamente alla posizione delle parti civili, che hanno svolto attività processuale in questa sede, le stesse vanno poste a carico dell’imputato, soccombente rispetto all’azione civile proposta nei suoi confronti, e – quelle relativa alla parte civile COGNOME Anna – destinate in favore dello Stato, avendo la suddetta parte civile dato atto di essere stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato medesimo.
Per queste ultime questa Corte deve limitarsi, tuttavia, a una condanna generica, in ossequio al principio espresso dalle Sezioni Unite, secondo cui «in tema di liquidazione, nel giudizio di legittimità, delle spese sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, compete alla Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 541 cod. proc. pen. e 110 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, pronunciare condanna generica dell’imputato al pagamento di tali spese in favore dell’Erario, mentre è poi rimessa al giudice del rinvio, o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato, la liquidazione delle stesse mediante l’emissione del decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 del citato d.P.R.» (Sez. U, 5464 del 26/09/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277760 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e
difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME che in liquida in complessivi euro 1.400, oltre accessori di legge, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Cort di assise di appello di Napoli con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Così deciso il 26 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente