Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20912 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20912 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato ad Agrigento il 16 maggio 1975 avverso la sentenza del 12/06/2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 giugno 2024, la Corte di appello di Milano ha parzialmente riformato la sentenza del GUP del Tribunale di Pavia del 5 ottobre 2023, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la quale l’imputato, ritenuta sussistente la continuazione tra i reati, era stato condannato alla pena di anni tre di reclusione, oltre alle pene accessorie e alla confisca per equivalente del tantundem, per i seguenti reati:
capo B) artt. 110 cod. pen. e 2, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, in quanto, in veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in concorso con NOME COGNOME in veste di legale rappresentante, non appellante – al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si è avvalso di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, indicando nelle dichiarazioni dell’anno 2017, relative all’anno di imposta 2016, elementi passivi fittizi pari a euro 10.309.756,20, con conseguente evasione di imposta sul valore aggiunto pari ad euro 2.835.182,95 ed imposta sul reddito delle società pari ad euro 2.268.146,36;
capo C) artt. 110 cod. pen. e 2, comma 1, del d.lgs. n. 74 del 2000, in quanto, in veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in concorso con NOME COGNOME in veste di legale rappresentante, non appellante – al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si è avvalso di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, indicando nelle dichiarazioni dell’anno 2018, relative all’anno di imposta 2017, elementi passivi fittizi pari a euro 3.106.170,85, con conseguente evasione di imposta sul valore aggiunto pari ad euro 683.357,59 ed imposta sul reddito delle società pari ad euro 745.481,04;
capo D) artt. 110 cod. pen. e 10-quater, n.2, D. Lgs. 74/2000, in quanto, in veste di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE – in concorso con NOME COGNOME in veste di legale rappresentante, non appellante – al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, non ha versato le somme dovute all’erario, per un ammontare pari ad almeno euro 624.951,46, utilizzando in compensazione crediti IVA totalmente inesistenti.
La Corte di appello di Milano ha applicato le circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., rideterminando la pena-base in anni due di reclusione, giungendo, con gli aumenti per i reati-satellite, complessivamente ad anni tre e mesi sei di reclusione, ridotti per il rito ad anni due e mesi quattro di reclusione.
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione degli artt. 81, 62-bis, 132 e 133 cod. pen. nonché vizi nella motivazione del provvedimento, in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con riferimento ai reati satelliti, pur essendo le stesse di natura soggettiva. L’astratt applicabilità delle attenuanti generiche a tutti i reati si ricaverebbe, secondo la difesa, dalle stesse motivazioni della sentenza della Corte.
2.2. Con una seconda censura, si lamentano la violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen., in relazione ai criteri di determinazione della pena in esito al
riconoscimento delle attenuanti generiche a seguito dell’accertamento da parte della Corte dell’inizio di un percorso di pentimento dell’imputato, nonché la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione sul punto. Secondo la prospettazione difensiva, la Corte avrebbe preso in considerazione solo gli aspetti di cui al primo comma, nn. 1) e 2), dell’art. 133 cod. pen. con riferimento alla condotta dell’imputato, omettendo di considerare anche gli aspetti di cui al secondo comma e, in particolar modo, la collaborazione processuale mantenuta dall’imputato nel periodo successivo ai fatti. Tale aspetto sarebbe stato erroneamente valutato solo ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche e non anche al fine della determinazione della pena. La difesa si duole, inoltre, del fatto che la Corte avrebbe dovuto fornire una motivazione più ampia e parametrata ai criteri di cui al secondo comma, n. 3), dell’art. 133 cod. pen.
2.3. Con un terzo motivo di censura, si lamenta la violazione degli artt. 163, 164, 167 e 175 cod. pen., con riferimento alla sussistenza delle condizioni per la concessione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso – con il quale non si contesta la responsabilità penale, che deve dunque ritenersi definitivamente accertata – è parzialmente fondato.
1.1. Il primo motivo di censura, con il quale la difesa si duole del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sugli aumenti di pena operati per effetto della continuazione, è fondato.
Ritenuta la continuazione tra più reati, il giudice può riconoscere le attenuanti generiche secondo i parametri “oggettivi” o “soggettivi” previsti dall’art. 133 cod. pen.; sicché se la concessione richiama elementi di fatto di natura oggettiva, l’applicazione sarà limitata allo specifico fatto di reato a cui si riferiscono, senz estensione del beneficio a tutti i reati avvinti dal vincolo della continuazione, mentre se gli elementi circostanziali siano riferibili all’imputato, sulla base d elementi di natura soggettiva, l’applicazione deve essere riferita indistintamente a tutti i reati uniti dal vincolo della continuazione (Sez. 2, n. 10995 del 12/03/2018, Rv. 272375).
Tale orientamento non postula, tuttavia, che, laddove le circostanze attenuanti generiche siano state rilevate in grado di appello, con conseguente riduzione della pena per la violazione più grave, debba necessariamente derivarne un’automatica riduzione degli aumenti di pena anche per tutti i reati uniti nel vincolo della continuazione, potendosi invece, per ciascun reato, nell’ambito della globale applicazione dei criteri previsti dall’art. 133 cod. pen., valutare diversamente
l’eventuale incidenza del favorevole giudizio soggettivo che ha giustificato il riconoscimento delle menzionate attenuanti (Sez. 5, n. 19366 del 08/06/2020, Rv.
279107-02). Pertanto, il giudice può, anche in presenza di circostanze attenuanti generiche di tipo soggettivo, non applicare le relative diminuzioni ai reati satellite,
ma, nel negarle, deve fornire un’adeguata motivazione sul punto, indicando gli elementi posti a fondamento della propria decisione.
Tali principi trovano applicazione nel caso di specie, in cui il giudice di appello, nel riconoscere le circostanze attenuanti generiche e nell’applicarle al reato più
grave, non ha fornito alcuna motivazione circa la loro mancata applicazione ai reati satellite.
La sentenza deve pertanto essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.
1.2. Il secondo motivo di doglianza – con cui la difesa si duole della determinazione del trattamento sanzionatorio con riferimento alla pena per il reato
base, sulla quale le circostanze attenuanti generiche hanno già avuto incidenza –
è infondato.
La Corte di appello si è adeguatamente confrontata con il tema della determinazione della pena base – questione diversa da quella oggetto del primo motivo di ricorso – sottolineando come il giudice di primo grado abbia valutato la personalità dell’imputato, il ruolo dallo stesso assunto all’interno dell’intera vicenda, nonché le modalità della condotta e l’entità del danno arrecato (pag. 8 del provvedimento impugnato). Correttamente, dunque, ha ritenuto che la pena base determinata dal primo giudice – sulla quale ha applicato la diminuzione per le circostanze attenuanti generiche – risulti congrua, in ragione della pervicacia dell’azione e dell’entità delle imposte evase, «a nulla rilevando la circostanza che il G.U.P. sia partito dal medio edittale, come ampiamente giustificato».
1.3. Il terzo motivo di doglianza, con cui la difesa si duole della mancata concessione dei benefici di legge, risulta assorbito dal primo motivo, perché presuppone la determinazione della pena complessiva per reato-base e reatisatellite.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’incidenza delle circostanze attenuanti generiche sugli aumenti di pena operati per effetto della continuazione, con rinvio, per nuovo giudizio sul punto, ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso 1’11/12/2024.