Attenuanti Generiche Negate: Spegnere l’Incendio Non Basta se Intervengono le Forze dell’Ordine
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno strumento cruciale a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la condotta tenuta dopo il reato, per essere valutata positivamente, deve essere sintomo di un reale ravvedimento e non una mera reazione alla scoperta del crimine. Vediamo insieme come la Suprema Corte ha affrontato il caso di un uomo condannato per aver appiccato un rogo di rifiuti.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato per il reato di combustione illecita di rifiuti, previsto dall’art. 256-bis del D.Lgs. 152/2006. Nello specifico, l’uomo aveva accumulato e dato alle fiamme diversi materiali, tra cui un materasso e rifiuti plastici, su un terreno di proprietà di terzi. Sorpreso in flagranza di reato dai Carabinieri, provvedeva a spegnere il rogo.
In sede di appello, la condanna veniva confermata e, soprattutto, veniva negato il riconoscimento delle attenuanti generiche. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando proprio tale mancato riconoscimento.
La Decisione della Corte e le Attenuanti Generiche
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nella valutazione della condotta posta in essere dall’imputato dopo la commissione del reato. Secondo la Corte, il fatto di aver spento l’incendio non poteva essere interpretato come un segno di pentimento, in quanto era stato determinato esclusivamente dall’intervento delle forze dell’ordine.
La decisione di negare le attenuanti generiche si fondava su una motivazione logica e priva di vizi giuridici, e come tale insindacabile in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato come il comportamento del reo non fosse spontaneo, ma una conseguenza diretta dell’essere stato colto sul fatto.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: le determinazioni del giudice di merito sul trattamento sanzionatorio, inclusa la concessione delle attenuanti generiche, non sono soggette a revisione in Cassazione se supportate da una motivazione coerente e non illogica. Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva correttamente evidenziato diversi elementi a sfavore del ricorrente:
1. L’intervento esterno: Lo spegnimento del rogo non è stato un atto volontario di resipiscenza, ma una reazione necessitata dalla presenza dei Carabinieri.
2. L’irrilevanza della confessione: Anche l’immediata confessione è stata ritenuta irrilevante, poiché avvenuta in un contesto di flagranza di reato che rendeva impossibile negare l’evidenza.
3. I precedenti penali: I precedenti a carico dell’imputato sono stati un ulteriore elemento a sostegno della decisione di non concedere alcun beneficio.
In sostanza, mancava qualsiasi elemento positivo da cui desumere una diminuzione della pericolosità sociale o un sincero pentimento, presupposti necessari per l’applicazione delle attenuanti.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma che la condotta successiva al reato, per avere un valore ai fini della mitigazione della pena, deve essere genuina e spontanea. Azioni compiute solo per limitare i danni una volta scoperti non possono essere equiparate a un effettivo ravvedimento. La decisione sottolinea l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare tali circostanze, purché la sua scelta sia fondata su un’analisi logica e completa degli elementi a disposizione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
È possibile ottenere le attenuanti generiche se si collabora dopo essere stati colti in flagrante?
No, secondo questa ordinanza, la collaborazione o le azioni riparatorie (come spegnere un incendio) non sono rilevanti per le attenuanti generiche se sono determinate unicamente dall’intervento delle forze dell’ordine e non da un pentimento spontaneo.
Quali elementi considera il giudice per negare le attenuanti generiche?
Il giudice valuta complessivamente la condotta del reo. In questo caso, sono stati considerati negativamente i precedenti penali, la mancanza di un ravvedimento spontaneo e il fatto che le azioni successive al reato fossero una mera conseguenza dell’essere stati scoperti.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la decisione della corte d’appello di negare le attenuanti era basata su una motivazione adeguata, logica e priva di vizi giuridici. La Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito tali valutazioni se sono correttamente giustificate.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9517 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9517 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SAN CIPIRELLO il 20/02/1968
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, che ha confermato la condanna del ricorrente per il reato di cui all’art.256 bis D.Igs. 8152/20 deducendo, con unico motivo, mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Considerato che anche le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio e al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sono insindacabili i cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale Izrz’affermato che il ricorrente aveva accumulato e dato alle fiamme, su un terre appartenente a terzi, rifiuti vari, tra cui un materasso e del materiale plastico e che la cond susseguente, consistita nello spegnimento del rogo, è stata determinata solo dall’intervento dei carabinieri che lo hanno colto in flagranza di reato, ha ritenuto irrilevante l’immed confessione, e richiamato i precedenti penali.
Rilevato che, stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pe non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 08/11/2024
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