Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15596 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15596 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a SAN BENEDETTO DEL TRONTO il 31/05/1970
avverso la sentenza del 19/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo vizio motivazionale in relazione al reato sub b) nella parte in cui ritiene che non vi siano dubbi sulla sua identità, con un secondo motivo in relazione al reato sub a) nella parte in cui sostiene che ella era a conoscenza della presenza della sostanza stupefacente nell’abitazione e con un terzo motivo in relazione al diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e, quanto al terzo, afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
La ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato motivatamente conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità dell’imputata, ed in particolare (pag. 3) hanno evidenziato, quanto al reato sub b), che depongono a carico della COGNOME in primis le dichiarazioni rese sia dal cessionario della sostanza stupefacente NOMECOGNOME che ha descritto la donna da cui aveva acquistato la sostanza e riferito del prezzo di acquisto, sia le dichiarazioni rese dall’operante di polizia giudiziaria COGNOME NOME, che ha dichiarato di avere notato da breve distanza, circa 15 metri, il passaggio di qualcosa dalla di NOME, da lui conosciuta, allo COGNOME e di denaro da questi alla COGNOME. E, ancora, sia il verbale di arresto della COGNOME, da cui emerge che subito dopo il predetto scambio COGNOME, fermato dagli operanti, consegnava spontaneamente un involucro contenente 0,90 grammi di cocaina, dichiarando di averla acquistata dall’imputata per 70 euro, sia, infine dal verbale di sequestro in atti, da cui emerge che, poco dopo, fu rinvenuto indosso alla predetta la somma di euro 70, frutto della cessione appena effettuata. Coerentemente con la pluralità di elementi di prova è stato perciò ritenuto che non potessero sorgere dubbi sul fatto contestato in particolare sull’identità della persona che in data 5/102021 cedette una dose di cocaina a NOME al prezzo di euro 70.
Analogamente, quanto al reato di cui al capo a), con motivazione che sfugge alle dedotte censure di legittimità, la Corte territoriale ha ricordato che prop condotta tenuta dalla COGNOME con riferimento al capo b) rende evidente la ci costanza che lei fosse a conoscenza dell’esistenza nell’unità abitativa da lei o pata di altre sostanze stupefacenti oltre alla cocaina, le quali erano pronte p spaccio atteso il numero di dosi ricavabili (pari a 23) e il rinvenimento di un b cino di precisione, non avendo la predetta dichiarato e dimostrato che dette s stanze fossero destinate per il suo consumo personale, apparendo irrilevante l’ teriore circostanza dedotta dalla difesa che anche altri familiari dell’imputat tessero accedere ai luoghi ove erano occultati altri tipi di sostanza stupefac sequestrati, quali hashish e marijuana. Ciò perché tali sostanze sono state rin nute nella porzione di fabbricato occupato proprio dalla COGNOME, nonché dall madre ed un fratello, mentre la NOME, alle cui dichiarazioni ha fatt riferimento il difensore, occupava con il suo nucleo familiare l’abitazione posta piano superiore. Dunque le citate sostanze stupefacenti erano sicuramente nell’im mediata disponibilità dell’imputata, così come il bilancino di precisione pure rin nuto nella porzione di fabbricato occupata dalla di NOME.
Infine, i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto del loro niego di concessione delle circostanze attenuanti generiche valutando, negativa mente per l’odierna ricorrente, la negativa personalità, derivante dai due pre denti penali specifici risultati a suo carico e l’impossibilità di ravvisare di un specie situazioni con connotazioni tanto rilevanti e speciali tali da esigere una incisiva considerazione ai fini della quantificazione della pena.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi, perciò, nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini d solvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concession delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in consider zione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o c que rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazion Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonc suo negativo comportamento processuale).
Va ricordato che questa Corte di legittimità ha anche chiarito che, con u indirizzo assolutamente prevalente, che è legittima in tali casi la doppia val zione dello stesso elemento (ad esempio la gravità della condotta) purché operata a fini diversi, come possono essere il riconoscimento del fatto di lieve entit determinazione della pena base, o la concessione ed il diniego delle circostan
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R.G.
attenuanti generiche (cfr.
ex multis
Sez. 2, n. 24995 del 14/5/2015, Rv. 264378;
Sez. 2, n. 933 dell’11/10/2013 dep. 2014, Rv. 258011; Sez. 4, n. 35930 del
27/6/2002, Rv. 222351).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08/04/2025