Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35910 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35910 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA
e NOME, nato in Albania il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze del 30/01/2025; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; udite le conclusioni del Procuratore generale che si è opposto alla richiesta di rinvio dell’udienza formulata dall’AVV_NOTAIO; e che, nel merito, riportandosi alla
memoria rassegnata ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020, ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; dato atto del pervenimento, alle ore 9,20 del 23 maggio 2025, di istanza di rinvio dell’udienza odierna, a firma dell’AVV_NOTAIO, per impedimento a comparire dovuto allo sciopero nazionale dei trasporti indetto per la durata di ventiquattro ore dalle 21,00 del 22 alle 21,00 del 23 maggio 2025;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 gennaio 2025 la Corte di appello di Firenze, decidendo in sede di giudizio di rinvio disposto da questa Corte di Cassazione con sentenza emessa il 4 novembre 2020 -di annullamento della sentenza della Corte di appello di Firenze del 25 gennaio 2016, limitatamente al trattamento sanzionatorio nei confronti di entrambi gli imputati- in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lucca, Sez. distaccata di Viareggio del 18 marzo 2010, appellata nell’interesse di NOME e NOME NOME, ha rideterminato la pena loro inflitta in anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa.
Ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME e di NOME, affidato ad un unico motivo.
2.1. Denuncia il difensore, ex art. 606, comma 1, lett. c), e) e b), in relazione agli artt. 125, comma 3, cod.proc.pen. e 62-bis cod.pen., ai sensi dell’art. 628, comma 2, cod.proc.pen., per inosservanza della disposizione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. .
La Corte di appello di Firenze, in sede di giudizio rescissorio, pur avendo correttamente sintetizzato la statuizione della Corte di Cassazione che, nell’annullare la precedente sentenza di appello per difetto di motivazione relativamente al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, aveva stigmatizzato il silenzio sulle condizioni di applicabilità delle attenuanti generiche a favore dei prevenuti, circostanze che erano state sollecitate in ragione della incensuratezza e del comportamento processuale serbato da questi ultimi, ha affermato l’assenza di elementi di segno positivo al di là della formale incensuratezza, ha valorizzato l’estrema gravità della condotta tenuta, connotata da un ragguardevole disvalore sociale in ragione della modalità organizzata della condotta di cessione, della vasta platea di giovani assuntori, della quantità, qualità e pericolosità della sostanza stupefacente ceduta (cocaina), ma ha del tutto pretermesso di valutare il comportamento processuale degli imputati improntato alla collaborazione , esattamente come aveva fatto il primo giudice di appello con motivazione censurata nel giudizio di legittimità.
Ha proposto tempestivo ricorso per Cassazione l’AVV_NOTAIO, nell’interesse del solo NOME, affidato a tre motivi.
3.1. Col primo motivo la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett.c) cod.proc.pen., inosservanza della legge processuale, per omessa notifica del verbale di citazione in giudizio.
Ricostruisce preliminarmente, la difesa, gli accadimenti procedimentali come di seguito:
-alla prima udienza, il 26 novembre 2024, la Corte di appello ha verificato la mancata notifica del decreto di citazione a giudizio di NOME, e, in via preliminare, ne ha disposto la rinnovazione, rinviando all’udienza del 16 dicembre 2024;
-all’udienza del 16 dicembre 2024, su nuova eccezione della difesa per violazione del termine dilatorio di 20 giorni tra la notificazione del decreto di citazione e l nuova udienza, veniva disposto un nuovo rinvio, al 30 gennaio 2025 (questa volta rispettando il termine prescritto) del che veniva dato avviso orale al difensore in udienza, senza disporre, tuttavia, la notificazione del decreto di citazione e del verbale contenente l’ordinanza di rinvio a NOME COGNOME, rimasto assente alla successiva udienza, quella in cui è stata pronunciata sentenza.
Tale risultando la successione delle cadenze procedimentali, lamenta la difesa -col ricorso a questa Corte di legittimità- l’assenza di valida notificazione all’imputato del decreto di citazione a giudizio, potendosi configurare la rappresentanza dell’imputato da parte del difensore solo in caso di previa declaratoria di assenza, e comportando, per converso, la nullità della citazione per mancato rispetto del termine a comparire l’impossibilità di ritenere effettuato il necessario controllo sulla regolare costituzione delle parti prodromico alla possibilità di procedere in assenza.
3.2. Col secondo motivo la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett c) cod.proc.pen., l’improcedibilità del reato per superamento dei termini massimi di durata del periodo di impugnazione, ex art. 344-bis cod.proc.pen..
3.3. Col terzo motivo la difesa lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. c), cod.proc.pen. , la medesima violazione stigmatizzata nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO.
Con istanza datata 22 maggio 2025, ma pervenuta solo nella mattina della presente udienza, l’AVV_NOTAIO ha invocato il rinvio della discussione orale ad altra udienza -autorizzata su sua richiesta con provvedimento presidenziale del 9 aprile 2025- deducendo “di essere impossibilitato a partecipare all’udienza di domani, 23.5.2025, a causa dello sciopero nazionale indetto nell’intero settore dei
trasporti pubblici, nazionali e locali, dalle ore 21 del 22.5.2025 alle 21 del 23.5.2025; che tale evento, per la sua imprevedibilità e per i rilevanti ostacoli negli spostamenti che sta comportando e di cui stanno dando notizia in tempo reale i mezzi di informazione, pare costituire un oggettivo impedimento alla partecipazione dello scrivente alla indicata udienza o, quantomeno, pare idoneo a giustificarne l’assenza, della quale lo scrivente, comunque, si scusa con l’Ecc.ma Corte”, e chiedendo, in alternativa al differimento della discussione, di valutare quale replica alla requisitoria del Procuratore generale, la memoria, a sua firma, in ordine alla questione di merito proposta col ricorso ai cui motivi si riportava chiedendone l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Rileva il Collegio in via preliminare Ittesan come l’impedimento allegato dall’AVV_NOTAIO non possa intendersi assoluto, ragione da cui discende il rigetto dell’istanza di rinvio.
1.1. Si rappresenta, intanto, come, pur pervenuta nella prima mattinata del 23 maggio 2025, appena prima dell’orario di inizio dell’udienza, l’istanza di rinvio risulta redatta nella giornata precedente, ossia il 22 maggio 2025, data in cui, alle ore 21,00, era previsto l’inizio dello sciopero nazionale dei mezzi pubblici, evenienza, dunque, nota alla difesa sin dal giorno precedente l’udienza.
Sciopero che, proprio per tale sua operatività sull’intero territorio nazionale, e per la sua ampiezza, riguardando l’intero settore dei servizi pubblici, presuppone per legge un congruo preavviso, e, secondo l’id quod plerumque accidit, comporta adeguata pubblicizzazione da parte dei mass media.
Esclusa, pertanto, l’imprevedibilità dell’evenienza di che trattasi, si rammenta che già questa Corte (Sez. 5, n. 43178 del 04/10/2012 Ud. (dep. 08/11/2012 ) Rv. 253788 – 01), in analoga situazione, con condivisibile decisione, ha ritenuto che «la scelta del difensore e dell’imputato di utilizzare per raggiungere il luogo di celebrazione del processo l’ultimo treno utile non era per nulla imposta dalle circostanze, cosicchè l’annullamento di quest’ultimo è eventualità cui i suddetti si sono consapevolmente ed imprudentemente esposti senza nemmeno osservare la comune diligenza nell’accertarsi in anticipo – proprio perché si trattava dell’ultimo treno utile – del suo regolare funzionamento». Tanto nel solco di principio già affermato da Sez. 6, n. 22 del 26/11/2003 Cc. (dep. 07/01/2004) Rv. 228373 01, secondo cui «no sciopero a carattere nazionale dei mezzi pubblici, protratto per una durata temporale ampia ed ininterrotta, può rappresentare, se non preannunciato tempestivamente, ragionevole causa di impedimento a raggiungere, in mancanza di soluzioni alternative, talune località geografiche
(come nel caso delle isole), così da rappresentare causa di forza maggiore. Diversamente, tale situazione non costituisce legittimo impedimento a comparire in giudizio, laddove sia possibile fronteggiarla, con opportuna e fattiva opera di prudenziale anticipazione di ricorso a tali mezzi di trasporto, nel tempo in cui lo sciopero non è operativo»
Si tratta di valutazione vieppiù valida nel caso che ne occupa, posto che l’istanza di rinvio, con la quale il difensore ha dimostrato la perfetta conoscenza della proclamazione dello sciopero, risale al 22 maggio, giornata precedente rispetto a quella dell’udienza, quando egli ben avrebbe potuto diligentemente e prudentemente programmare altra alternativa modalità di spostamento, con mezzi di trasporto diversi da quelli pubblici, eventualmente anche privati, dei quali in istanza non viene dimostrata l’impraticabilità.
L’istanza di rinvio, peraltro, alternativamente invocava l’evenienza dello sciopero “quantomeno” a giustificazione della propria assenza in udienza. E, nel merito, assicurava il compiuto svolgimento del munus difensivo con la rinnovata prospettazione delle proprie argomentazioni mercè il deposito della memoria allegata in atti, di cui questa Corte ha avuto piena contezza.
1.2. L’istanza di rinvio dunque, non allegando alcun legittimo impedimento, va rigettata.
La natura delle questioni proposte consiglia di partire dalla disamina del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, che pone, coi primi due motivi, questioni processuali, in quanto tali logicamente preliminari rispetto al merito della decisione impugnata.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
3.1. Lamenta la difesa, come sopra dedotto, l’assenza di valida notifica all’imputato NOME COGNOME del decreto di citazione a giudizio, in quanto, fallita l prima notifica al difensore ex art. 161, comma 4, cod.proc.pen., il rinvio dell’udienza alla data del 30 gennaio 2025, disposto in seconda istanza, pur rispettoso del termine dilatorio di 20 giorni, sarebbe stato effettuato senza la rinnovata notifica -ex art. 161, comma 4, cod.proc.pen.- all’imputato.
3.2. La Corte di appello ha rigettato l’eccezione in tal senso propostale «rilevando come non fossero stati violati i diritti di difesa dell’imputato, essendo già effettuata la notifica al difensore ai sensi dell’art. 161, IV comma, c.p.p., il 27 novembre 2024, e all’udienza del 16 dicembre 2024 fosse stato disposto il rinvio al 30 gennaio 2025 per garantire tali diritti, risultando peraltro che NOME fosse a conoscenza del processo, avendo eletto nuovo domicilio il 2 dicembre 2024, indicando in tale elezione -depositata il 4 dicembre 2024- proprio l’udienza del 16 dicembre 2024».
3.3. Ritiene questa Corte l’assenza della dedotta inosservanza di norme processuali di cui alla lett c) dell’art. 606, comma 1, cod.proc.pen..
3.4. Non è revocabile in dubbio il fallimento della notifica del decreto di citazione in giudizio in appello per la prima udienza fissata per il 27 novembre 2024.
Sulla base di un accertamento di tal fatta la Corte di appello fiorentina, all’udienza del 26 novembre, alla presenza del solo difensore di fiducia di entrambi gli imputati, ‘scarcerati assenti’, AVV_NOTAIO (cfr. verbale di causa), ha dichiarato, a mente degli artt. 420, comma 2, 420-bis e segg. cod.proc.pen., l’ ‘assenza’ del solo COGNOME NOME, ed ha disposto, ex art. 161, comma 4, cod.proc.pen., la rinnovazione della notifica all’imputato COGNOME, rinviando il procedimento all’udienza del 16 dicembre 2024.
Alla predetta udienza il difensore ha eccepito il mancato rispetto del termine, dilatorio, di venti giorni, previsto dall’art. 601, comma 3, cod.proc.pen. -nella formulazione all’epoca vigente- tra la notifica dell’avviso di fissazione e l’udienza. La Corte territoriale, all’udienza così individuata, ha concesso nuovo termine e rinviato, con avviso orale al difensore, all’udienza del 30 gennaio 2025, data della assunta decisione.
3.5. Rammenta il Collegio che secondo l’orientamento nettamente maggioritario di questa Corte, nell’ipotesi in cui all’imputato sia stata regolarmente notificato il decreto di citazione per il giudizio di appello senza l’osservanza del termine dilatorio per comparire, di cui all’art. 601 cod.proc.pen. -ipotesi nella specie ricorrente anche secondo prospettazione difensiva che mai ha eccepito, per l’udienza del 16 dicembre 2024, la mancata notifica del decreto di citazione in giudizio alla difesa tecnica e/o all’imputato-, nessuna nullità si verifica ove i giudice rinvii, preliminarmente, il processo ad altra udienza, concedendo per intero un nuovo termine nel rispetto di quanto previsto dalla norma, senza disporre la notificazione dell’ordinanza di rinvio all’imputato non presente, in quanto l’avviso orale al difensore vale anche come comunicazione all’interessato, spettando al primo la rappresentanza del proprio assistito (Sez. 2, n. 11986 del 05702/2020, Rv. 278832-01; Sez. 2 n. 193 del 21/11/2019, dep. 2020, Rv. 277816-01; Sez. 5, n. 11217 del 10/01/2019, Sejdic, non massimata).
3.5. Si è trattato, peraltro, nella specie, di notifica del rinvio, mercè avviso orale a difensore di fiducia, cui la notifica è stata effettuata ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen., modalità di notificazione individuata dal codice di rito per il caso di inefficacia dell notificazione, tali da attivare la procedura per la notificazione ‘impossibile’, e già disposta con tale modalità per l’udienza inizialmente individuata.
Si rileva, ancora, che la nomina fiduciaria implica il dovere per il difensore di informare tempestivamente l’imputato sugli atti processuali che lo riguardano, dovere che preesiste alla verifica della regolare costituzione delle parti, tanto che il difensore è legittimato ad eccepire, in nome e per conto dell’assistito, le violazioni dei diritti del predetto in forza della nomina difensiva: sicché deve ritenersi tenuto a comunicare all’assistito il differimento accordato per la rinnovazione dell’atto nullo (così ancora Sez. 4, n. 6155 del 25/01/2023, Rv. 284100-01 e Sez. F, n. 36060 del 20/08/2024, non massimata).
AVV_NOTAIO, già difensore di fiducia, ha ricevuto la notifica -di decreto d citazione a giudizio e di avviso di fissazione dell’udienza- in tale qualità per l’udienza del 27 novembre 2024; ne ha eccepito il difetto, per quella data, non per sé, ma per il solo imputato.
Tra l’altro, tenuto agli obblighi di informativa secondo quanto sopra dedotto, il difensore, di fiducia, a tale onere ha adempiuto già a seguito dell’udienza del 26 novembre 2024, se vero che è divenuto, medio -tempore, anche domiciliatario dell’imputato -in forza della già indicata nuova elezione di domicilio presso di lui il 2 dicembre 2024, con atto depositato il 4 dicembre 2024, per l’udienza del 16 dicembre 2024-.
Sicché l’imputato/odierno ricorrente NOME doveva intendersi, intanto, a conoscenza della pendenza del processo almeno dal 2 dicembre 2024, come testimoniato dalla elezione di domicilio presso il difensore di fiducia in pari data, con atto depositato il 4 dicembre 2024, per l’udienza del 16 dicembre 2024.
In ogni caso, e con specifico riguardo al tema della notifica -rilevato che gli adempimenti tutti postumi rispetto al 26 novembre sono stati volti a sanare il difetto di notifica nei confronti del solo COGNOME– deve ritenersi che l’imputato/odierno ricorrente ha, nonostante quanto dedotto dalla difesa, correttamente ricevuto, pel tramite del difensore domiciliatario, valida notifica del decreto di citazione in giudizio per l’udienza del 16 dicembre, con atto ‘solo’ in violazione del precetto che impone il termine dilatorio di venti giorni, violazione sanata col rinvio successivo al gennaio 2025.
3.6. Si tratta di ricostruzione degli accadimenti procedimentali corrispondente a quanto dedotto in ricorso, legittimata dalla lettura della sentenza impugnata ove, a pagina 6, secondo alinea dello spaccato motivazionale relativo allo svolgimento del processo, si legge: « tale data (16.12.2024) il difensore dell’imputato eccepiva il mancato rispetto dei termini della notifica disposta ai sensi dell’art. 161, IV comma, c.p.p., », non anche -dunque- la mancata notifica del decreto di citazione.
Deve, allora, ritenersi che la notifica, già ritualmente compiuta, sin dall’udienza del 26 novembre 2024 nei confronti del difensore di fiducia dell’imputato, tale
risulti, anche per l’imputato, quanto alla citazione in giudizio, per l’udienza del 16 dicembre 2024 (e, poi, sempre per quest’ultimo, quanto al rispetto del termine dilatorio, per l’udienza del 30 gennaio 2025).
3.7. Quand’anche, tuttavia, volesse ritenersi sussistente la denegata inosservanza di legge -quale causa di nullità relativa all’intervento dell’imputato- rammenta il Collegio che, come ritenuto da Sez. 1, n. 1209 del 22/09/2023, dep. 2024, Rv. 285835-01) e di recente ribadito da Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024 Ud. (dep. 15/11/2024 ) Rv. 287095 – 01 «il mancato rispetto del termine a comparire previsto dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. per il giudizio di appello integra una nullità di ordine generale c. d. “a regime intermedio”, relativa all’intervento dell’imputato, che deve essere rilevata od eccepita entro i termini previsti dall’art. 180 cod. proc. pen., ovvero prima della deliberazione della sentenza di secondo grado (Sez. 4, n. 48056 del 16/11/2023, COGNOME, Rv. 285796 – 01; Sez. 2, n. 49644 del 02/11/2023, COGNOME, Rv. 285674 – 02; Sez. 1, n. 6613 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283988 – 01; Sez. 6, n. 28408 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283349 – 01).
Deve, infatti, ritenersi ormai superato il contrario orientamento a parere del quale la predetta nullità aveva natura meramente relativa, non rilevabile di ufficio e sanata se non eccepita nei termini di cui all’art. 181, comma 3, cod. proc. pen., ovvero subito dopo l’accertamento della costituzione delle parti (così, da ultimo, Sez. 2, n. 55171 del 25/09/2018, Marra, Rv. 275113 01)»rrrtentarrum,
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3.8. Nessuna eccezione è stata al proposito svolta nel termine prescritto.
Il motivo risulta, dunque, oltre che manifestamente infondato, in questa sede inammissibile.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La difesa invoca l’applicazione dell’art. 344-bis cod.proc.pen. e, dunque, l’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione.
Si tratta di disposizione introdotta dall’art. 2, comma 2, lettera a), della L. 27 settembre 2021, n. 134, che ha disposto (con l’art. 2, comma 3) che il presente articolo si applica ai soli procedimenti di impugnazione che hanno a oggetto reati commessi a far data dal 10 gennaio 2020; (con l’art. 2, comma 4) che “Per i procedimenti di cui al comma 3 nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, siano già pervenuti al giudice dell’appello o alla Corte di cassazione gli atti trasmessi ai sensi dell’articolo 590 del codice di procedura penale, i termini di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 344 bis del codice di procedura penale decorrono dalla data di entrata in vigore della presente legge”; (con l’art. 2, comma 5) che
“Nei procedimenti di cui al comma 3 nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024, i termini previsti dai commi 1 e 2 dell’articolo344 bis del codice di procedura penale sono, rispettivamente, di tre anni per il giudizio di appello e di un anno e sei mesi per il giudizio di cassazione. Gli stessi termini si applicano nei giudizi conseguenti ad annullamento con rinvio pronunciato prima del 31 dicembre 2024. In caso di pluralità di impugnazioni, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo”.
Si tratta di norma “processuale” a tutti gli effetti, con la conseguenza che, in forza dell’art. 11 preleggi, secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire; essa non ha effetto retroattivo. Dall’esegesi di tale ultima disposizione normativa si ricava il noto canone tempus regit actum, alla cui stregua gli atti processuali trovano la loro fonte di disciplina nella norma processuale vigente nel momento in cui l’atto deve essere adottato, a nulla rilevando l’ipotesi che, nel momento in cui è stato commesso il fatto criminoso, vigesse una norma processuale più favorevole al reo. In tale evenienza, proprio perché si è al cospetto di una norma processuale (e non sostanziale) non troverà applicazione il principio di retroattività della norma più favorevole al reo quale sarebbe la disciplina in tema di improcedibilità.
Il terzo motivo di ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, sovrapponibile all’unico proposto con il ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, è, ancora una volta, inammissibile perché reiterativo di quello di appello, ed estrinsecamente generico, non confrontandosi con la motivazione dalla Corte territoriale offerta.
E’, comunque, manifestamente infondato.
5.1. Assume la difesa la violazione dell’art. 627 cod.proc.pen., in relazione alla demandata valutazione delle condizioni per ritenere le attenuanti generiche.
Il giudizio rescindente si era concluso con l’affermazione del difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, con specifico riferimento all’omessa valorizzazione del comportamento processuale degli imputati, improntato alla collaborazione, circostanza la cui valorizzazione era stata sollecitata dalla difesa, insieme con lo stato di incensuratezza.
5.2. La Corte di appello con la sentenza impugnata ha rilevato, al di là della formale incensuratezza all’epoca dei fatti, l’assenza di elementi di segno positivo in favore dei prevenuti, a fronte della estrema gravità della condotta dei prevenuti, connotata da ragguardevole disvalore sociale in ragione della modalità organizzata della condotta, della vasta platea di giovani assuntori, della qualità, quantità e pericolosità della sostanza stupefacente ceduta.
5.3. Si osserva, preliminarmente, che in linea di principio il giudice del rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice della sentenza cassata, essendo tenuto ad uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione in riferimento alle decisioni di
diritto della medesima, per tali dovendosi intendere i principi interpretativi di diritto sostanziale o processuale cristallizzato dalla Corte di Cassazione.
In caso di annullamento per vizio di motivazione, è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da un eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio, in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 38139 del 13/09/2024 Ud. (dep. 17/10/2024 ) Rv. 288174 – 03) .
L’annullamento con rinvio per vizio di motivazione determina cioè una piena riespansione dei poteri accertativi del giudice del rinvio, sicché questi non è obbligato ad esaminare solo i punti specificati nella sentenza rescindente isolandoli dal residuo materiale probatorio, ma mantiene nell’ambito del capo colpito dall’annullamento -nella specie valutazione di applicabilità della circostanze attenuanti generiche- piena autonomia di giudizio nella ricostruzione del fatto e nella valutazione dei dati, nonché potere di desumere anche sulla base di elementi prima trascurati, il proprio libero convincimento colmando in tal modo i vuoti motivazionali e le incongruenze rilevate, con l’unico limite di non ripetere i vizi già censurati in sede di giudizio rescindente e di conformarsi all’interpretazione data alle questioni di diritto (ex multis Sez. 6, n. 42028 del 04/11/2010, Regine, Rv 248738; Sez. 5, n. 42814 del 19/06/2014, COGNOME, RV261760; Sez. 3. N. 34794 del 19/05/2017, F, Rv 271345).
In altre parole il giudice di rinvio in caso di annullamento per vizio di motivazione è investito di pieni poteri di cognizione e salvi i limiti derivanti da un’eventuale giudicato interno può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati la sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep 2024, Lombardi, Rv 285801).
Pur vero che la Corte di Cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere di motivazione, il giudice del rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante un’autonoma valutazione nei risultanze probatorie relative al punto annullato e con gli stessi poteri del giudice del provvedimento annullato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato ad una determinata valutazione delle risultanze processuali ovvero al compimento di una determinata indagine, in
precedenza omessa, di fondamentale rilevanza ai fini della decisione, o ancora all’esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo, per non ripetere i vizi della motivazione rilevati nella sentenza annullata.
Il che costituisce monito per non ripetere i vizi della motivazione già causa di annullamento, reiterando schemi valutativi delle risultanze processuali o omissioni processuali già stigmatizzati dalla decisione di annullamento, ma non costituisce certo una griglia che perimetra il potere cognitivo del giudice del rinvio.
5.4. Questa Corte ritiene, poi, che le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale «concessione» del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); il loro riconoscimento non costituisce, pertanto, un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (v. ex multis sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, n.m.); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non è neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma è sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1, n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv 242419). Rileva altresì la Corte che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non é più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato
(Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
5.5. Nella specie la sentenza impugnata, come già sopra rappresentato (cfr. § 5.2.), ha ritenuto l’assenza di elementi di segno positivo in favore dei prevenuti, a fronte della estrema gravità della loro condotta, sì come sinteticamente delineata. Esercitando i medesimi poteri del giudice del procedimento annullato, che nulla aveva argomentato al proposito della possibilità di riconoscere le attenuanti generiche dalla difesa invocate, autonomamente apprezzando l’intero compendio probatorio disponibile e nel solco del mandato di approfondimento del punto come da sentenza rescindente di questa Corte, ha verificato, in fatto, l’assenza di elementi positivi a tal fine valorizzabili atti a superare la riaffermata gravità dell condotta concretamente e colpevolmente attribuita al ricorrente.
Ciò con motivazione -sì sintetica, ma rispondente al dettato normativo e alla sua interpretazione costante da parte di questa Corte di legittimità- con cui, implicitamente, atteso il previo richiamo alla motivazione della sentenza rescindente di questa Corte, ha dato atto del proprio convincimento circa l’irrilevanza del comportamento processuale collaborativo degli imputati, peraltro non indicato dalla difesa nella sua ontologica consistenza e nella concreta imputazione all’odierno ricorrente, neppure con il ricorso qui in trattazione.
Si rammenta, infatti, che nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (sez. 4, n. 1149 del 13/01/2006).
5.6. Anche gli ultimi discussi motivi sono perciò manifestamente infondati.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 maggio 2025
igliera est.
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Il Presidente