Attenuanti Generiche: la Cassazione Ribadisce che la Sola Incensuratezza non è Sufficiente
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato due temi cruciali del diritto penale: la concessione delle attenuanti generiche e l’applicazione della recidiva. La decisione chiarisce che una fedina penale pulita, di per sé, non obbliga il giudice a concedere uno sconto di pena, specialmente in assenza di altri elementi positivi di valutazione. Questo principio, consolidato dalla giurisprudenza, assume particolare rilevanza per comprendere come vengono bilanciate le pene nel nostro ordinamento.
I Fatti del Caso
Il caso riguardava tre persone condannate in appello per gravi reati, tra cui detenzione e porto illegale di un’arma da guerra, ricettazione e detenzione di munizioni. La Corte d’Appello aveva confermato le condanne del primo grado, emesse con rito abbreviato.
Contro questa decisione, gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione per motivi diversi:
1. Una delle imputate, incensurata, lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sostenendo che la sua fedina pulita dovesse essere valutata positivamente.
2. Gli altri due coimputati contestavano invece la decisione dei giudici di merito di non escludere la recidiva, nonostante i loro precedenti penali.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, confermando integralmente la sentenza d’appello. I giudici hanno fornito motivazioni distinte e molto chiare per ciascuna delle questioni sollevate, offrendo importanti spunti di riflessione sull’applicazione della legge penale.
Le motivazioni sul Diniego delle Attenuanti Generiche
Per quanto riguarda la posizione dell’imputata incensurata, la Cassazione ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. È stato ribadito un principio fondamentale, rafforzato dalla riforma dell’art. 62-bis del codice penale: lo stato di incensuratezza non è più un elemento sufficiente a giustificare, da solo, la concessione delle attenuanti generiche.
Il giudice, per concedere questo beneficio, deve individuare elementi positivi e concreti che depongano a favore dell’imputato. La semplice assenza di precedenti penali non costituisce, di per sé, un tale elemento. La motivazione del diniego può quindi legittimamente basarsi sulla constatazione che, al di là della fedina pulita, non emergono altre circostanze favorevoli o elementi di segno positivo dalla condotta dell’imputato o dalla sua personalità.
Le motivazioni sull’Applicazione della Recidiva
Anche riguardo alla contestazione sulla recidiva, la Corte ha considerato adeguata e logica la motivazione della sentenza impugnata. I giudici di merito avevano correttamente inquadrato il contesto in cui i nuovi reati erano maturati. In particolare, il recupero e la custodia di un’arma da guerra con matricola abrasa erano finalizzati a vendicare l’omicidio di un parente di uno degli imputati.
Questo movente, unito ai precedenti penali (tra cui una condanna per associazione di tipo mafioso a carico di uno degli imputati), è stato interpretato come un chiaro segnale di una persistente e radicata propensione a delinquere. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che i nuovi reati non fossero episodi isolati, ma l’espressione di una continuità criminale che giustificava pienamente l’applicazione dell’aggravante della recidiva.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche:
1. Non si può dare per scontata la concessione delle attenuanti generiche solo perché si è incensurati. È necessario che dalla condotta processuale e dalla personalità dell’imputato emergano elementi positivi concreti che il giudice possa valorizzare.
2. La valutazione sulla recidiva non è un automatismo, ma un’analisi contestualizzata. Il giudice deve esaminare il legame tra i vecchi e i nuovi reati per comprendere se questi ultimi siano sintomo di una pericolosità sociale ancora attuale, giustificando così un trattamento sanzionatorio più severo.
Avere la fedina penale pulita garantisce automaticamente la concessione delle attenuanti generiche?
No. Secondo la Corte, la sola incensuratezza non è più sufficiente per ottenere le attenuanti generiche, essendo necessaria la presenza di ulteriori elementi positivi che giustifichino una riduzione della pena.
Come può un giudice motivare legittimamente il diniego delle attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche motivando la sua decisione con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, al di là della semplice incensuratezza dell’imputato.
Quando viene applicata la recidiva e non esclusa dal giudice?
La recidiva viene applicata quando i nuovi reati, posti in relazione con precedenti condanne (in questo caso, anche per associazione mafiosa), sono considerati espressione di una persistente e radicata inclinazione a delinquere, piuttosto che un episodio isolato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14616 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14616 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME nato a FOGGIA il 04/03/1991 COGNOME nato a FOGGIA il 05/03/1994 COGNOME NOME nato a FOGGIA il 08/08/1992
avverso la sentenza del 28/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminati i ricorsi proposto dal difensore di COGNOME NOME, COGNOME NOME e ONORATI NOME avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 28.5.2024 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Foggia in data 17.10.2023 che, all’esito di un giudizio abbreviato, aveva condannato la COGNOME alla pena di anni due di reclusione ed euro 4.000 di multa per i reati di detenzione e porto illegale di arma da guerra, ricettazione e detenzione abusiva di munizioni, nonché COGNOME e la COGNOME alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 4.000 di multa per i reati di porto illegale di arma da guerra, ricettazione e detenzione abusiva di munizioni;
Evidenziato che il ricorso della COGNOME deduce il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nonostante l’incensuratezza dell’imputata, mentre il ricorso presentato nell’interesse congiunto di COGNOME e della COGNOME lamenta il vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione della recidiva;
Ritenuto, quanto alla doglianza prospettata dalla COGNOME, che la Corte d’Appello, ribadendo la congruità su questo specifico punto della decisione di primo grado nella parte in cui aveva motivato il diniego delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen. con il richiamo alla condotta dell’imputata e comunque all’assenza di altri elementi positivi, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis cod. pen., per effetto della quale non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 dell’8/6/2022, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/2/2017, Rv. 270986 01);
Ritenuto, quanto alle doglianze prospettate nell’interesse di COGNOME e della sua compagna NOME, che la motivazione della sentenza impugnata in ordine all’applicazione della recidiva sia del tutto adeguata, avendo i giudici di secondo grado inquadrato il contesto entro cui sono maturati i fatti e il movente che li ha originati (recupero e custodia di un’arma da guerra con matricola abrasa, da utilizzare per vendicare l’omicidio di uno zio di COGNOME) per inferirne che i nuovi reati, posti in relazione con i precedenti degli imputati e, in particolare, con la condanna di COGNOME per il reato di associazione mafiosa, fossero espressione di
una accentuata pericolosità sociale in quanto sintomo di contiguità con ambienti della criminalità organizzata;
Considerato, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili per manifesta infondatezza, in quanto si limitano a riproporre pedissequamente
questioni già disattese senza prospettare elementi nuovi che possano indurre a modificare la precedente decisione;
Aggiunto che alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16.1.2025