Attenuanti Generiche: La Discrezionalità del Giudice di Merito
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più significativi a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, quando è legittimo negarle? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini della discrezionalità del giudice di merito, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto che lamentava proprio il mancato riconoscimento di tali circostanze.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per tentato furto emessa da un Tribunale locale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis del codice penale.
Secondo la difesa, i giudici dei gradi precedenti non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni per cui non sono state concesse le attenuanti, violando così un obbligo di motivazione.
La Decisione della Corte sulle Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento: la valutazione sul trattamento sanzionatorio, e quindi anche sulla concessione delle attenuanti generiche, rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito.
Questo potere discrezionale non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o supportata da una motivazione manifestamente illogica. In questo caso, la Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse operato correttamente, senza cadere in vizi di questo tipo.
Le Motivazioni: la Discrezionalità nel Negare le Attenuanti Generiche
Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nella riaffermazione di un importante principio di diritto. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice semplicemente con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo che possano giustificare una riduzione della pena.
In altre parole, non è necessario che il giudice elenchi ragioni negative o ostative; è sufficiente che constati la mancanza di elementi favorevoli all’imputato. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva, secondo la Cassazione, applicato correttamente questo principio, rendendo la sua decisione incensurabile. La scelta di non concedere le attenuanti non era né arbitraria né illogica, ma una legittima espressione del potere valutativo del giudice.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia conferma che le speranze di ottenere una riforma della sentenza in Cassazione, basandosi esclusivamente sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sono estremamente ridotte. Affinché un ricorso su questo punto possa avere successo, è necessario dimostrare un vizio grave nella motivazione del giudice di merito, come una palese contraddizione o un’argomentazione del tutto irragionevole. La semplice assenza di elementi positivi a favore dell’imputato è considerata una giustificazione sufficiente e legittima per negare il beneficio, rendendo la decisione di fatto insindacabile in sede di legittimità.
In quali casi il giudice può negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti generiche in modo legittimo quando non rileva la presenza di elementi o circostanze positive a favore dell’imputato. La decisione è basata sulla sua discrezionalità.
È possibile fare ricorso in Cassazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche?
Sì, è possibile, ma il ricorso è consentito solo se la decisione del giudice di merito è frutto di arbitrio o è basata su una motivazione manifestamente illogica. La Cassazione non può riesaminare la scelta discrezionale del giudice.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11104 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11104 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 04/06/1985
avverso la sentenza del 04/03/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che ha confermato la pronuncia di condanna resa il 20/09/2021 dal locale Tribunale per il reato di tentato furto.
Con l’unico motivo sollevato, deduce mancanza di motivazione in ordine al disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod pen.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perch afferisce al trattamento punitivo. Giova, invero, ricordare che, essendo il trat mento sanzionatorio naturalmente rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, la relativa determinazione è incensurabile, qualora, come nel caso di speci (p. 2 sent. app.), non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione man stamente illogica. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta appl zione del consolidato principio di diritto per il quale il mancato riconosciment delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, GLYPH COGNOME NOME, GLYPH Rv. GLYPH 283489; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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