Attenuanti generiche: quando i precedenti penali contano
Il riconoscimento delle attenuanti generiche è un tema centrale nel diritto penale, spesso oggetto di dibattito nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del potere discrezionale del giudice e il peso dei precedenti penali dell’imputato. Vediamo insieme cosa è stato deciso e perché.
I fatti del caso
Un soggetto condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo ha presentato ricorso in Cassazione. Le sue lamentele riguardavano principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivamente severo. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente il suo diniego, limitandosi a un giudizio superficiale.
Il peso dei precedenti penali nelle attenuanti generiche
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella corretta valutazione operata dai giudici di merito. Secondo la Suprema Corte, il diniego delle attenuanti generiche era ampiamente giustificato. I giudici d’appello avevano, infatti, basato la loro scelta su elementi concreti e pertinenti: i precedenti penali a carico dell’imputato e la totale assenza di qualsiasi condotta riparatoria nei confronti della persona offesa. Questi due fattori, considerati insieme, delineano un profilo di personalità non meritevole del beneficio richiesto.
La discrezionalità del giudice nella dosimetria della pena
Anche la seconda doglianza, relativa all’eccessiva severità della pena, è stata rigettata. La Cassazione ha ricordato un principio fondamentale: la determinazione della pena (la cosiddetta “dosimetria”) è un potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, esercitato nel rispetto dei criteri stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o frutto di un ragionamento illogico. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano motivato la loro scelta facendo riferimento alle modalità concrete della condotta e al considerevole valore economico del bene oggetto di ricettazione, rendendo la loro valutazione congrua e non censurabile.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono state chiare e lineari. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate non evidenziavano vizi di legittimità, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte Suprema. I giudici di appello avevano assolto al loro onere motivazionale indicando specificamente (a pagina 3 della sentenza impugnata) gli elementi ostativi alla concessione delle attenuanti: i precedenti penali e l’assenza di resipiscenza attiva. Parimenti, la quantificazione della pena era stata giustificata in base a parametri oggettivi, come la gravità del fatto e il danno economico, escludendo ogni profilo di illogicità o arbitrio.
le conclusioni
In conclusione, l’ordinanza ha confermato che il ricorso è inammissibile e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce che i precedenti penali e la condotta processuale ed extra-processuale dell’imputato sono elementi decisivi nella valutazione per la concessione delle attenuanti generiche. Inoltre, riafferma che la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampia, purché la motivazione sia adeguata, logica e ancorata ai criteri di legge.
 
Possono i precedenti penali impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì, secondo l’ordinanza, i precedenti penali dell’imputato, unitamente all’assenza di condotte riparatorie, costituiscono una valida ragione per negare la concessione delle attenuanti generiche, in quanto elementi che il giudice può valutare discrezionalmente.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Tale valutazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e può essere contestata solo se la decisione è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa non avvenuta nel caso di specie.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33568 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 33568  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, con il quale si contestano l’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche e il severo trattamento sanzionatorio;
considerato, quanto alla censura del vizio di motivazione in ordine all’omessa applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 -bis cod. pen., che essa risulta manifestamente infondata poiché i giudici di appello hanno adeguatamente assolto l’onere argomentativo attraverso un puntuale riferimento (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) alle precedenti condanne dell’imputato e all’assenza di qualsiasi condotta riparatoria portata in favore della persona offesa;
considerato, quanto alla censura sul trattamento sanzionatorio, che la gradazione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod.pen., cosicché non è deducibile dinanzi a questa Corte la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che il giudice di appello ha esaurientemente fatto riferimento a pagina 3 della sentenza, ai fini della dosimetria della pena, alle concrete modalità della condotta e al non trascurabile valore economico del bene oggetto di ricettazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 12 settembre 2025.