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Attenuanti generiche: il risarcimento non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso, confermando il diniego delle circostanze attenuanti generiche. La sentenza chiarisce che il risarcimento del danno, se ha già portato alla remissione di querela, non può essere nuovamente valutato per ridurre la pena, specialmente se emergono elementi negativi sulla personalità dell’imputato, come l’inclinazione a delinquere.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Perché il Risarcimento del Danno Non È Sempre Sufficiente

Il risarcimento del danno alla vittima di un reato è un passo fondamentale, spesso visto come un segno di ravvedimento. Tuttavia, è sufficiente a garantire una riduzione di pena tramite il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 24567/2025) offre una risposta chiara e articolata, sottolineando come la valutazione del giudice vada ben oltre il semplice gesto riparatorio, concentrandosi sulla personalità complessiva dell’imputato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza di primo grado del Tribunale di Mantova, parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Brescia. In appello, due dei reati contestati all’imputato venivano dichiarati estinti: uno per remissione di querela (a seguito di un accordo risarcitorio) e un altro per prescrizione. Per il reato residuo, la pena veniva ridotta.

Nonostante la parziale riforma, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando un unico punto: il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Secondo la difesa, la Corte di Appello non aveva adeguatamente considerato l’avvenuto risarcimento del danno e il comportamento processuale dell’imputato, elementi che a suo dire avrebbero dovuto condurre a un’ulteriore diminuzione della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. La decisione conferma in toto la valutazione della Corte di Appello, respingendo l’idea che il risarcimento del danno possa avere una valenza “doppia” nel processo penale e ribadendo l’ampia discrezionalità del giudice nella valutazione della personalità dell’imputato.

Le Motivazioni: Il Ruolo del Risarcimento e delle Circostanze Attenuanti Generiche

Il cuore della sentenza risiede nella spiegazione del perché il risarcimento non ha portato al beneficio richiesto. La Cassazione chiarisce due principi fondamentali.

In primo luogo, il risarcimento del danno aveva già prodotto il suo principale effetto processuale. Era stato l’elemento centrale di un accordo extra-processuale che aveva convinto la persona offesa a rimettere la querela. Tale remissione ha causato l’estinzione del reato di furto aggravato. Secondo la Corte, una volta che il risarcimento ha “consumato” la sua rilevanza processuale in questo modo, non può essere nuovamente utilizzato come elemento per ottenere le circostanze attenuanti generiche. Si tratta di un’unica azione con un unico, seppur fondamentale, effetto giuridico.

In secondo luogo, la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto automatico che scatta in assenza di elementi negativi. Al contrario, richiede la presenza di elementi di segno positivo. La Corte di Appello, nella sua valutazione, non solo non ha trovato elementi positivi meritevoli di considerazione, ma ha anzi evidenziato un fattore ostativo decisivo: l'”inclinazione a delinquere” dimostrata dall’imputato. Questo aspetto della sua personalità è stato ritenuto prevalente e decisivo, sufficiente di per sé a giustificare il diniego del beneficio.

La Corte ha richiamato la sua giurisprudenza consolidata, secondo cui, ai fini della concessione o del diniego delle attenuanti, il giudice può basare la sua decisione anche su un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 del codice penale, se ritenuto prevalente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: nel processo penale, la valutazione del giudice è complessa e multifattoriale. Il risarcimento del danno è un comportamento positivo e incoraggiato, ma il suo peso viene attentamente calibrato nel contesto generale. Non può essere invocato a più riprese per ottenere benefici diversi. Soprattutto, non può neutralizzare una valutazione negativa sulla personalità complessiva dell’imputato. Per chi affronta un processo penale, ciò significa che la strategia difensiva deve puntare a dimostrare un reale e complessivo cambiamento, non potendo fare affidamento unicamente su singoli gesti riparatori, per quanto importanti essi siano.

Il risarcimento del danno alla persona offesa garantisce l’ottenimento delle circostanze attenuanti generiche?
No. La sentenza chiarisce che il risarcimento non garantisce automaticamente la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice deve valutare tutti gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., inclusa la personalità del colpevole, e può negare il beneficio se ritiene prevalenti elementi negativi.

Perché il risarcimento del danno non è stato considerato per le attenuanti in questo caso specifico?
Perché il risarcimento aveva già esaurito la sua rilevanza processuale portando alla remissione della querela da parte della persona offesa e, di conseguenza, all’estinzione di uno dei reati. Secondo la Corte, non poteva essere attribuita a tale gesto una rilevanza ulteriore rispetto a quella già prodotta.

Può un solo elemento negativo giustificare il diniego delle circostanze attenuanti generiche?
Sì. La Corte di Cassazione ribadisce che il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente. Anche un solo elemento negativo, come l’inclinazione a delinquere, se ritenuto decisivo, è sufficiente a motivare il diniego del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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