Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle?
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più delicati del processo penale, poiché affida al giudice un ampio potere discrezionale nella determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6714/2024) ha ribadito i principi che guidano questa valutazione, chiarendo i limiti entro cui la decisione del giudice di merito è insindacabile. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere come elementi quali la condotta dell’imputato e i suoi precedenti penali possano giustificare il diniego di questo beneficio.
I fatti del caso
Il ricorrente si era rivolto alla Corte di Cassazione per contestare la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva confermato la sua condanna e, in particolare, aveva negato la concessione delle attenuanti generiche. L’appello si concentrava su una presunta ingiustizia nel trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente considerato elementi che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
La valutazione del diniego delle attenuanti generiche in Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. Gli Ermellini hanno sottolineato che le doglianze presentate non erano altro che una sterile ripetizione di censure già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello con una motivazione congrua ed esaustiva. Il ricorso, di fatto, si traduceva in una critica all’esercizio del potere discrezionale del giudice, un’area in cui la Corte di Cassazione può intervenire solo in casi di palese illogicità o arbitrarietà, circostanze non riscontrate nel caso di specie.
Le motivazioni
La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati. Il diniego delle attenuanti generiche era stato ampiamente giustificato dalla Corte di merito sulla base di una serie di elementi negativi:
1. Modalità del fatto e gravità del pericolo: Il giudice aveva dato peso alla pericolosità della condotta di guida tenuta dall’imputato durante una fuga, che aveva creato un rischio concreto per la sicurezza pubblica.
2. Intensità del dolo: La valutazione ha tenuto conto del grado di intenzionalità e consapevolezza con cui il reato era stato commesso.
3. Precedenti penali: Un fattore decisivo è stato il curriculum criminale dell’imputato, caratterizzato da numerosi precedenti, anche specifici per il tipo di reato contestato. Questi elementi sono stati considerati ostativi al riconoscimento di un trattamento sanzionatorio più mite.
La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità del ragionamento seguito dal giudice di merito. Poiché la decisione di negare le attenuanti non era frutto di mero arbitrio, ma di una ponderata analisi degli indici previsti dalla legge, il ricorso non poteva che essere respinto.
Le conclusioni
Questa ordinanza conferma che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice. Tale valutazione, per essere legittima, deve basarsi su una motivazione solida, che tenga conto di tutti gli aspetti della vicenda e della personalità del reo. La presenza di precedenti penali e la particolare gravità della condotta sono elementi che, se ben motivati, possono legittimamente portare a escludere qualsiasi sconto di pena, senza che tale decisione possa essere rimessa in discussione in sede di legittimità.
Perché la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso sulle attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché le motivazioni erano generiche e ripetitive di argomenti già respinti dalla Corte d’Appello. Inoltre, la decisione del giudice di merito di negare le attenuanti era basata su una motivazione logica e congrua, non sindacabile in sede di legittimità.
Quali fattori ha considerato il giudice per negare le attenuanti generiche?
Il giudice ha basato la sua decisione su diversi elementi negativi: le modalità del fatto, la gravità del pericolo creato dalla condotta (in particolare durante una fuga), l’intensità del dolo e, soprattutto, i numerosi precedenti penali, anche specifici, dell’imputato.
La Corte di Cassazione può ricalcolare la pena decisa da un altro tribunale?
No, la Corte di Cassazione non può effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il suo compito è verificare che la decisione del giudice di merito non sia il risultato di un ragionamento palesemente illogico o di un’applicazione arbitraria della legge. Se la motivazione è adeguata, la determinazione della pena è insindacabile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6714 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6714 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LECCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
ritenuto che il motivo di ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibi per genericità e manifesta infondatezza, risultando il motivo relativo al trattame sanzionatorio meramente reiterativo di censure disattese con congrua e esaustiva motivazione;
rilevato, infatti, che il motivo relativo alla determinazione della pena e al diniego attenuanti generiche si risolve in una critica all’esercizio del potere discrezionale del gi nella specie ampiamente giustificato dal rilievo attribuito alle modalità del fatto, alla grav pericolo creato dalla condotta di guida durante la fuga, all’intensità del dolo e ai nume precedenti anche specifici dell’imputato, ritenuti ostativi al riconoscimento delle atten generiche;
ritenuta inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto -come nel caso specie- di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME Rv. 276288; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 gennaio 2024 Il consiglierc i estensore
Il Presidente