Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 17179 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 17179 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Pescara il 02/05/1990;
avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila del 21/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria rassegnata, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., dal Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunciata il giorno 18 gennaio 2024 (all’esito del rito abbreviato) il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pescara dichiarava NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 76, comma 3, d.lgs. 159/2011 (commesso in Montesilvano il 4 febbraio 2023) e lo condannava alla pena di mesi uno e giorni dieci di arresto.
1.1. In particolare, l’imputazione era relativa al fatto che il predetto aveva contravvenuto al divieto impostogli con foglio di via obbligatorio, emesso dal Questore di Pescara in data 25 settembre 2022 e notificato il 3 ottobre 2022, di fare ritorno nel comune di Montesilvano per la durata di anni tre.
1.2. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di L’ Aquila, investita del gravame proposto dall’imputato, ha confermato la decisione di primo grado escludendo, tra l’altro, la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche invocate dalla difesa.
Avverso la sopra indicata sentenza NOME COGNOME per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen insistendo per il suo annullamento.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche disposta, a suo dire, in violazione di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 183/2011, non essendo stata valutata la sua condotta successiva al reato.
Il procedimento si è svolto in modalità cartolare per la mancata presentazione, nei termini di legge, di richiesta di trattazione in presenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Come noto ai sensi dell’art. 133, connma secondo, nn. 1) e 3), cod. pen., il giudice, in relazione alla concessione o al diniego delle circostanze attenuanti generiche come – in caso affermativo – alla misura della riduzione di pena, deve tenere conto anche della condotta serbata dall’imputato successivamente alla commissione del reato e nel corso del processo, in quanto rivelatrice della sua personalità e, quindi, della sua capacità a delinquere (Sez. 3, n. 27964 del 19/03/2019, Rv. 276354 – 01). Inoltre, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269); deve poi ricordarsi che al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269).
2.1. Ciò posto, la sentenza impugnata non appare censurabile sul punto considerato che la Corte territoriale – senza incorrere in evidenti vizi logici – ha ritenuto che l’invocata mitigazione del trattamento sanzionatorio, mediante il riconoscimento delle attenuanti innominate, non era possibile in considerazione dell’assenza di elementi positivamente valutabili a tal fine considerando insufficiente la sola circostanza che l’imputato – successivamente al reato avesse intrapreso una attività lavorativa, dato che tale elemento di per sé non dimostra un definitivo cambio di vita.
2.2. Ne consegue che il ricorrente, pur lamentando il vizio di motivazione, sollecita una non consentita lettura alternativa degli elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dalla Corte di appello per negare le attenuanti ex art. 62-bis cod. pen.
3. Il ricorso deve essere, pertanto, respinto con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2025.