Diniego delle attenuanti generiche: la motivazione può essere sintetica
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei momenti più delicati del giudizio penale, in cui la discrezionalità del giudice gioca un ruolo cruciale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato, ma di fondamentale importanza pratica: il giudice che nega la concessione di tali attenuanti non è obbligato a fornire una motivazione analitica su ogni singolo elemento a favore dell’imputato. È sufficiente, infatti, che si concentri sugli aspetti ritenuti decisivi.
I fatti e i motivi del ricorso
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in appello per un reato contro la fede pubblica. L’imputato si era rivolto alla Corte di Cassazione lamentando, essenzialmente, due vizi della sentenza impugnata:
1. La mancata concessione delle attenuanti generiche, a suo dire ingiustificata.
2. Un’errata determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo.
Il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente considerato gli elementi positivi che avrebbero dovuto condurre a una riduzione della pena.
L’inammissibilità del ricorso sulle attenuanti generiche
La Corte di Cassazione ha dichiarato il primo motivo di ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno definito il motivo come ‘reiterativo e aspecifico’, sottolineando che non si confrontava in modo adeguato con le ragioni esposte dalla Corte territoriale.
Il punto centrale della decisione si fonda su un orientamento giurisprudenziale consolidato: per motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice di merito non deve prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli che emergono dagli atti. Può, invece, limitarsi a fare riferimento a quelli che ritiene decisivi o comunque più rilevanti. Una volta effettuata questa valutazione, tutti gli altri elementi, anche se non menzionati, si considerano implicitamente superati e disattesi. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta logica e sufficiente.
La valutazione sulla determinazione della pena
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge nella determinazione della pena, è stato giudicato manifestamente infondato. La Cassazione ha ricordato che la graduazione della pena, inclusa la fissazione della pena base e la gestione degli aumenti e delle diminuzioni per le circostanze, rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole. Secondo la Corte, il giudice d’appello aveva assolto a tale onere motivazionale in modo congruo, facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema si basano sulla distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria. In questo caso, la Corte ha stabilito che la motivazione fornita dalla Corte d’Appello, sebbene sintetica sul punto delle attenuanti, era esente da vizi logici e quindi incensurabile in sede di legittimità. Ribadire la necessità di una motivazione analitica su ogni singolo punto favorevole all’imputato snaturerebbe il ruolo della Cassazione, trasformandola in un terzo grado di merito.
Le conclusioni
La decisione in commento conferma la solidità di un principio fondamentale nel diritto processuale penale: l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle circostanze e nella commisurazione della pena. Per gli avvocati, ciò significa che i ricorsi in Cassazione basati sul diniego delle attenuanti generiche o sulla quantificazione della pena hanno scarse possibilità di successo se si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza individuare un vizio logico o una chiara violazione di legge nella motivazione della sentenza impugnata. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, a ulteriore monito contro i ricorsi pretestuosi.
Quando un giudice nega le attenuanti generiche, deve motivare su ogni singolo elemento a favore dell’imputato?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che è sufficiente che il giudice faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi, senza dover prendere in considerazione tutti gli aspetti favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice di merito?
Sì, ma con limiti significativi. Il ricorso è stato ritenuto infondato perché la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Tale decisione è difficilmente censurabile in Cassazione, a condizione che sia motivata in aderenza ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale, come avvenuto in questo caso.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva del provvedimento impugnato e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28954 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28954 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 10/03/1961
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
‘3
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia, con cui è stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 49 e 479, cod. pen., e condannato alla pena ritenuta di giustizia;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche – è inammissibile, in quanto reiterativo e aspecifico, difettando di un adeguato confronto con le ragioni offerte dalla Corte territoriale (v. Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 – 01) circa il diniego delle invocate circostanze. La motivazione è esente da illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli att ma è sufficiente che faccia riferimento – come avvenuto nel caso di specie – a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane e altri, Rv. 248244);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso – che denunzia la violazione di legge in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio – è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; nel caso in scrutinio, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti;
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 25/06/2025.