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Attenuanti generiche: il diniego basato su un solo elemento

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro il diniego delle attenuanti generiche. La Corte ribadisce il principio secondo cui il giudice può legittimamente basare la sua decisione su un unico elemento ritenuto prevalente, come la gravità del reato o la personalità del colpevole, senza dover esaminare tutti i criteri dell’art. 133 c.p. A seguito dell’inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Un Solo Elemento Basta per il Diniego

Nel complesso panorama del diritto penale, la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rappresenta un momento cruciale nella determinazione della pena. Queste circostanze, a differenza di quelle comuni, non sono tipizzate dal legislatore ma lasciate alla discrezionalità del giudice, che le valuta secondo i parametri dell’art. 133 del codice penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna su questo tema, chiarendo i limiti del sindacato di legittimità e ribadendo un principio consolidato: per negarle, può bastare anche un solo elemento considerato prevalente.

I Fatti del Caso: Un Ricorso per Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato il diniego delle attenuanti generiche. Il ricorrente lamentava una motivazione inadeguata, sostenendo che la sua personalità e altri fattori non fossero stati correttamente valutati ai fini di una riduzione di pena. La questione è quindi giunta al vaglio della Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della decisione dei giudici di merito.

La Valutazione delle attenuanti generiche in Giudizio

Il cuore della questione risiede nel potere discrezionale del giudice nel concedere le attenuanti generiche. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato fornendo una motivazione adeguata che dia conto delle ragioni della decisione. Il riferimento normativo è l’art. 133 c.p., che elenca una serie di ‘indici’ relativi alla gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo) e alla capacità a delinquere del colpevole (motivi, carattere, precedenti, condotta).

L’interrogativo che spesso si pone è se il giudice sia tenuto ad analizzare e dare conto di tutti questi elementi o se possa concentrarsi solo su alcuni di essi. È proprio su questo punto che l’ordinanza in esame fornisce un chiarimento decisivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, allineandosi a un orientamento giurisprudenziale consolidato. I giudici supremi hanno affermato che la motivazione della Corte d’Appello era adeguata e sufficiente, in quanto illustrava chiaramente l’assenza di ragioni per la concessione del beneficio.

Il principio cardine richiamato è che, ai fini della concessione o del diniego delle attenuanti generiche, così come per il bilanciamento tra circostanze diverse, il giudice può limitarsi a considerare anche un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 c.p., se lo ritiene prevalente e decisivo. Che si tratti della particolare gravità del reato, delle modalità di esecuzione o di aspetti legati alla personalità dell’imputato, un singolo fattore può essere sufficiente a sorreggere la decisione, senza che sia necessario un esame analitico di tutti gli altri criteri.

Dato che il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, la Corte ha applicato l’art. 616 del codice di procedura penale. Questa norma prevede che, in caso di inammissibilità, il ricorrente venga condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende. Tale sanzione pecuniaria, fissata nel caso di specie in 3.000 euro, viene irrogata poiché non sono emersi elementi per ritenere che l’impugnazione sia stata proposta ‘senza colpa’.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza conferma un punto fermo nella pratica giudiziaria: il giudizio sulla concessione delle attenuanti generiche è ampiamente discrezionale e la motivazione del giudice di merito è difficilmente censurabile in sede di legittimità, a patto che sia logica e non contraddittoria. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente lamentare la mancata considerazione di alcuni elementi favorevoli, ma è necessario dimostrare la manifesta illogicità del ragionamento del giudice che ha valorizzato elementi di segno contrario. La decisione sottolinea, inoltre, le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile, un deterrente contro impugnazioni meramente dilatorie o prive di un solido fondamento giuridico.

Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 c.p.?
No, secondo la Corte il giudice può limitarsi a prendere in esame anche un solo elemento che ritiene prevalente, come la personalità del colpevole o l’entità del reato, per giustificare il diniego della concessione del beneficio.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorrente è stato condannato a pagare una somma alla Cassa delle ammende?
Poiché il suo ricorso è stato ritenuto inammissibile per manifesta infondatezza e non sono emersi elementi per ritenere che l’abbia proposto ‘senza versare in colpa’, la legge prevede questa sanzione pecuniaria come conseguenza diretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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