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Attenuanti generiche: il diniego basato su assenza

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato lieve in materia di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la valutazione del trattamento sanzionatorio e la concessione delle attenuanti generiche rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito. Il diniego delle attenuanti è legittimo se motivato dalla sola assenza di elementi positivi e favorevoli, senza che sia necessario individuare elementi negativi. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e a una sanzione.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Quando l’Assenza di Elementi Positivi Giustifica il Diniego

L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui la discrezionalità del giudice assume un ruolo centrale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: per negare tali circostanze, non è necessario che sussistano elementi negativi a carico dell’imputato, essendo sufficiente la mera assenza di elementi di segno positivo. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere i limiti del sindacato di legittimità sul trattamento sanzionatorio.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello per un reato in materia di stupefacenti, qualificato come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. L’imputato, tramite il suo difensore, si rivolgeva alla Suprema Corte lamentando due specifici vizi della sentenza di secondo grado.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente articolava la sua difesa su due punti principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio: Si contestava la decisione del giudice di merito di fissare una pena base leggermente superiore al minimo edittale, pur in presenza di un’unica condotta di detenzione e avendo escluso l’ipotesi della continuazione del reato.
2. Vizio di motivazione sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava il diniego delle circostanze previste dall’art. 62 bis del codice penale, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello insufficiente.

La Decisione della Corte: Focus sulle Attenuanti Generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti importanti sui poteri del giudice di merito e sui limiti del giudizio di legittimità. In primo luogo, la Corte ha sottolineato come le censure relative alla quantificazione della pena non rientrino nel numerus clausus dei motivi deducibili in Cassazione, a meno che la motivazione del giudice non sia palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva adeguatamente giustificato la pena (superiore di soli sei mesi al minimo) facendo riferimento ai numerosi precedenti penali dell’imputato, un parametro previsto dall’art. 133 c.p. per valutare la capacità a delinquere.

Il punto centrale della pronuncia riguarda però le attenuanti generiche. La Suprema Corte ha confermato un orientamento consolidato: il diniego delle attenuanti può essere legittimamente motivato con la sola assenza di elementi o circostanze di segno positivo. Il giudice non è tenuto a cercare e indicare elementi negativi; è sufficiente che constati la mancanza di fattori meritevoli di una valutazione favorevole. Nel caso in esame, il ricorrente si era limitato a richiamare genericamente il proprio comportamento processuale e la scelta di riti alternativi, elementi ritenuti non sufficienti a integrare quelle circostanze positive che giustificherebbero una riduzione di pena.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sul principio della insindacabilità delle valutazioni di merito, se adeguatamente argomentate. I giudici di legittimità ribadiscono che la determinazione della pena e la concessione delle attenuanti sono espressione del potere discrezionale del giudice di primo e secondo grado. Tale potere è vincolato all’obbligo di motivazione, ma una volta che questa è fornita in modo congruo, logico ed esauriente, non può essere messa in discussione in sede di Cassazione. La Corte territoriale, nel richiamare i precedenti penali per giustificare una pena leggermente superiore al minimo e nel constatare l’assenza di elementi positivi per negare le attenuanti, ha offerto una motivazione che la Cassazione ha ritenuto inattaccabile. La decisione si allinea perfettamente con la giurisprudenza precedente (Cass. n. 32872/2022), che aveva già stabilito come la mancanza di elementi positivi sia una ragione sufficiente per il diniego delle attenuanti.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Per la difesa, essa sottolinea la necessità di non limitarsi a richieste generiche, ma di allegare e provare specifici elementi positivi (come un comportamento post-delictum meritevole, un’effettiva resipiscenza, un percorso di risocializzazione) che possano concretamente giustificare la concessione delle attenuanti generiche. Per l’imputato, la declaratoria di inammissibilità comporta, oltre alla condanna al pagamento delle spese processuali, anche il versamento di una somma alla Cassa delle ammende, fissata in questo caso in tremila euro, a causa della colpa nel proporre un ricorso privo dei presupposti di legge.

Un giudice può aumentare la pena rispetto al minimo anche per un reato lieve?
Sì, il giudice può discostarsi dal minimo edittale se fornisce una motivazione adeguata, basandosi sui parametri dell’art. 133 del codice penale, come ad esempio la capacità a delinquere del reo desunta dai suoi precedenti penali.

Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve trovare elementi negativi a carico dell’imputato?
No, la Corte di Cassazione ha confermato che il diniego delle attenuanti generiche è legittimo anche solo in base all’assenza di elementi positivi e favorevoli. Non è necessario che il giudice individui e specifichi circostanze negative.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza validi motivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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