Attenuanti Generiche e Precedenti Penali: Quando il Passato Conta Due Volte?
La valutazione dei precedenti penali di un imputato è uno dei momenti più delicati del processo penale. Può un passato criminale essere usato dal giudice sia per negare le attenuanti generiche sia per riconoscere la recidiva? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale, chiarendo la distinzione tra questi due istituti e confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito, purché la sua decisione sia logicamente motivata.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, rigettando le richieste della difesa, in particolare quella relativa alla concessione delle attenuanti generiche. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Secondo la sua tesi, i giudici di merito avrebbero commesso un errore utilizzando la stessa base fattuale, ossia i suoi precedenti penali, per giustificare due decisioni a lui sfavorevoli: il diniego delle attenuanti e il riconoscimento della recidiva.
La Valutazione delle Attenuanti Generiche e della Recidiva
Il cuore del ricorso si concentrava su una presunta violazione dei principi sanciti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite. L’imputato sosteneva, in sostanza, che i suoi precedenti penali non potessero essere “pesati due volte” a suo svantaggio. La difesa riteneva che tale approccio contraddicesse i principi di diritto, creando una motivazione illogica e illegittima.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze generiche e la motivazione della Corte d’Appello del tutto corretta e priva di vizi logici. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per fare chiarezza su un punto cruciale del diritto penale, spiegando perché la valutazione dei precedenti penali ai fini delle attenuanti generiche e quella ai fini della recidiva seguono percorsi logico-giuridici distinti.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha innanzitutto corretto il riferimento giurisprudenziale del ricorrente, richiamando la sentenza corretta delle Sezioni Unite (n. 20808 del 2018). Il principio chiave, ben diverso da quello invocato dalla difesa, è che la valorizzazione dei precedenti penali per negare le attenuanti generiche non implica di per sé il riconoscimento automatico della recidiva ai fini dell’aumento di pena. I due istituti hanno finalità e presupposti diversi.
Le attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) sono uno strumento che permette al giudice di adeguare la pena alla specifica gravità del fatto e alla personalità del colpevole. Nel negarle, il giudice non si è basato solo sui numerosi precedenti (per furto, resistenza a P.U., ricettazione e stupefacenti), ma anche su un altro elemento fondamentale: “l’intrinseca gravità della condotta”, ovvero l’astuzia usata dall’imputato per giustificare la sua evasione dagli arresti domiciliari.
Dall’altro lato, la recidiva è stata correttamente confermata perché i numerosi e specifici precedenti penali dimostravano una chiara “indole dell’imputato proclive al crimine e al disprezzo delle leggi”. Questa valutazione sulla pericolosità sociale e sulla tendenza a delinquere è l’essenza del giudizio sulla recidiva.
In sintesi, la Corte d’Appello ha compiuto due valutazioni separate e logicamente coerenti:
1. Ha negato le attenuanti perché la condotta e il passato dell’imputato non mostravano alcun elemento meritevole di un trattamento sanzionatorio più mite.
2. Ha confermato la recidiva perché la storia criminale dell’imputato rivelava una persistente inclinazione a violare la legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma un importante principio: i precedenti penali di un imputato possono essere legittimamente considerati dal giudice sotto profili diversi senza che ciò costituisca una duplicazione di valutazione. Il diniego delle attenuanti generiche si basa su un giudizio complessivo che include la gravità del reato e la personalità del reo, mentre la recidiva si concentra sulla sua persistente pericolosità sociale. La decisione finale spetta al giudice di merito, il cui verdetto, se supportato da una motivazione logica e non contraddittoria, non è sindacabile in sede di legittimità.
I precedenti penali possono essere usati sia per negare le attenuanti generiche sia per confermare la recidiva?
Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito che si tratta di due giudizi distinti con finalità diverse. La valutazione dei precedenti per negare le attenuanti non implica automaticamente il riconoscimento della recidiva ai fini dell’aumento della pena, poiché i due istituti sono differenti.
Quali altri elementi, oltre ai precedenti, possono giustificare il diniego delle attenuanti generiche?
Il giudice può basare il diniego delle attenuanti generiche anche su altri fattori, come “l’intrinseca gravità della condotta”. Nel caso specifico, è stata considerata l’astuzia utilizzata dall’imputato per giustificare la sua evasione dagli arresti domiciliari.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi erano generici e si limitavano a contestare le conclusioni dei giudici di merito, la cui motivazione è stata invece giudicata logica, coerente e non viziata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8541 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8541 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 03/11/1983
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
Rilevato che i motivi dedotti nel ricorso – relativo alla conferma in appello della condanna per il delitto di cui all’art. 385 cod. pen. – risultano inammissibili, atteso che la sentenza impugnata ha, con motivazione non illogica, rigettato le doglianze formulate nell’atto di appello e che nel ricorso ci si limita a contestare, in termini generici, le conclusioni dei Giudici di merito in considerazione dell’utilizzo della medesima base fattuale per negare le attenuanti generiche e per riconoscere la recidiva contestata (e ciò “in violazione dei principi sanciti dalla sentenza delle Sez. U n. 20803 del 15 maggio 2019”);
Rilevato in via preliminare che la sentenza indicata nel ricorso non ha affermato il principio ivi riportato, ma quello, ben diverso, secondo cui in tema di recidiva la valorizzazione da parte del giudice dei precedenti penali dell’imputato ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche non implica ex se il riconoscimento della recidiva contestata in assenza di aumento della pena a tale titolo o di confluenza della stessa nel giudizio di comparazione tra le circostanze concorrenti eterogenee, attesa la diversità dei giudizi riguardanti i due istituti (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018 dep. 15/05/2019, COGNOME, Rv. 275319 – 01), di tal che ben il diniego delle attenuanti generiche può fondarsi sui precedenti penali dell’imputato (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269 – 01); in ogni caso, la Corte di appello (pag. 2) ha confermato la statuizione del Tribunale in ordine al rigetto delle attenuanti ex art. 62 bis cod. pen. non solo in ragione dei precedenti penali a carico del COGNOME ma anche per “la intrinseca gravità della condotta – tenuto conto dell’artificio posto in essere al fine di giustificare l’evasione dagli arresti domiciliari” e ha confermato la ritenuta recidiva in quanto dai plurimi precedenti a carico “è emerso che COGNOME ha riportato nel corso degli anni numerose condanne per furto, resistenza a P.U., ricettazione e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, che certamente manifestano
un’indole dell’imputato proclive al crimine e al disprezzo delle leggi”; motivazione, sotto entrambi i profili, certamente non illogica e quindi insindacabile in sede di legittimità;
Ritenuto che il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025