Attenuanti Generiche: i Limiti della Discrezionalità del Giudice
L’applicazione delle attenuanti generiche è uno degli aspetti più delicati nel processo di determinazione della pena. Queste circostanze, non tipizzate dal legislatore, consentono al giudice di adeguare la sanzione alla specificità del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i principi che governano la discrezionalità del giudice in questa materia, chiarendo quando e come un ricorso su questo punto possa essere considerato infondato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente lamentava un trattamento sanzionatorio a suo dire eccessivo, in particolare criticando la mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione possibile. Secondo la difesa, il giudice di secondo grado non avrebbe adeguatamente valorizzato gli elementi a favore dell’imputato, limitando ingiustificatamente il beneficio della riduzione di pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione congrua e logicamente coerente riguardo alla quantificazione della pena. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: la Discrezionalità del Giudice sulle Attenuanti Generiche
Il cuore della decisione risiede nel principio della discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello ha correttamente esercitato il proprio potere discrezionale, fondando la propria decisione sugli elementi previsti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Questi articoli forniscono al giudice i criteri guida per la commisurazione della pena, quali la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e la capacità a delinquere del colpevole.
La Corte ha chiarito che il riconoscimento delle attenuanti generiche non comporta automaticamente il diritto alla massima riduzione della pena. Il giudice, infatti, è tenuto a esplicitare le ragioni della sua scelta, ma non è obbligato a concedere il beneficio nella sua misura più ampia. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta sufficiente a giustificare la quantificazione della pena operata, senza che emergessero profili di illogicità o violazione di legge. Pertanto, il ricorso, volto a ottenere una nuova valutazione del merito, non poteva trovare accoglimento in sede di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico: la valutazione sull’entità della riduzione di pena per le attenuanti generiche è un’attività riservata al giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice dei gradi inferiori, a meno che la motivazione di quest’ultimo non sia palesemente illogica, contraddittoria o basata su una errata applicazione della legge. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un ricorso per cassazione incentrato su questo aspetto ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un vizio manifesto nella motivazione della sentenza impugnata. La semplice richiesta di una pena più mite, senza l’individuazione di un errore giuridico, si traduce in una censura inammissibile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva motivato in modo adeguato e logico la quantificazione della pena, esercitando correttamente la propria discrezionalità secondo i criteri di legge.
Il riconoscimento delle attenuanti generiche obbliga il giudice a ridurre la pena al massimo?
No. Secondo la Corte, il giudice ha il potere discrezionale di quantificare la riduzione di pena derivante dalle attenuanti generiche e non è tenuto a concedere il beneficio nella sua massima estensione, purché fornisca una motivazione adeguata per la sua decisione.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare la somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33076 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33076 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 21/11/1989
avverso la sentenza del 07/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; visto il ricorso di NOME
OSSERVA
Ritenuto che il ricorso, con cui si censura il trattamento sanzionatorio anche con riferimento all’applicazione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione, è manifestamente infondato, avendo la Corte di appello dato conto della quantificazione della pena sulla base degli elementi di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., esplicitando le ragioni per cui ha ridotto la pena nella massima estensione per le riconosciute circostanze attenuanti generiche, pervenendo, all’esito di ciò, alla determinazione di una pena ritenuta correttamente quantificat sulla base delle citate norme che fissano i criteri che il giudice deve seguire nell’utilizzo discrezionalità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 15/09/2025.