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Attenuanti generiche: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro la decisione della Corte d’Appello sul bilanciamento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che la graduazione della pena e la valutazione delle circostanze rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, se la motivazione è logica e non arbitraria, come nel caso di specie.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Quando il Giudice di Merito è Sovrano

L’applicazione e il bilanciamento delle attenuanti generiche rappresentano uno dei punti più delicati nel processo di determinazione della pena. Un’ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 6391/2025, chiarisce i confini entro cui il giudice di merito può esercitare la propria discrezionalità e quali sono i limiti di un ricorso basato su questo aspetto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame: un Ricorso contro la Valutazione della Pena

La vicenda nasce dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente lamentava una motivazione carente riguardo al diniego della massima estensione delle attenuanti generiche e della loro prevalenza sulle circostanze aggravanti. Secondo la difesa, la Corte territoriale si era limitata a richiamare la decisione del giudice di primo grado, senza un’autonoma e adeguata valutazione.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

La Discrezionalità del Giudice e le Attenuanti Generiche

Il cuore della decisione della Suprema Corte risiede nel principio consolidato della discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione ha evidenziato come i giudici d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, avessero effettivamente riformato il giudizio sulla pena.

Nello specifico, la Corte d’Appello aveva riconosciuto le attenuanti generiche (ex art. 62-bis c.p.), ma aveva poi deciso per un giudizio di equivalenza con le aggravanti contestate, fornendo una motivazione logica e congrua per tale scelta. Questa operazione, nota come “giudizio di bilanciamento”, è un potere esclusivo del giudice che valuta i fatti.

I Limiti del Controllo di Legittimità

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale: la graduazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze e il loro bilanciamento, non è sindacabile in sede di legittimità se non in casi eccezionali. Il controllo della Cassazione è limitato a verificare che la decisione del giudice di merito:

1. Non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
2. Sia sorretta da una motivazione sufficiente e coerente.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e rispettosa dei principi sanciti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che guidano il giudice nell’esercizio del suo potere discrezionale.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni alla base della dichiarazione di inammissibilità sono chiare e lineari. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico e infondato, poiché contestava una presunta motivazione per relationem che, nei fatti, non sussisteva. La Corte d’Appello aveva compiuto una nuova e autonoma valutazione, concedendo le attenuanti e spiegando perché dovessero essere considerate equivalenti alle aggravanti.

In secondo luogo, la Suprema Corte ha riaffermato che la scelta sulla quantificazione della pena e sul bilanciamento tra attenuanti e aggravanti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere è insindacabile in Cassazione se esercitato logicamente e con motivazione adeguata, come avvenuto nel caso di specie. Pertanto, non ravvisando vizi di legittimità, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale stabile: il merito della valutazione sulle attenuanti generiche e sul loro impatto sulla pena finale è una prerogativa del giudice che ha analizzato le prove e i fatti (primo grado e appello). Il ricorso in Cassazione può avere successo solo se si dimostra un vizio logico manifesto o una violazione di legge nella motivazione, non se ci si limita a contestare l’opportunità della decisione. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a conferma della totale infondatezza del suo ricorso.

È possibile ricorrere in Cassazione per contestare la mancata concessione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione?
No, non è possibile se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica e non arbitraria. La valutazione sulla graduazione della pena e sul bilanciamento delle circostanze rientra nella sua discrezionalità.

Cosa significa che la Corte d’Appello ha operato un giudizio di equivalenza?
Significa che la Corte ha riconosciuto l’esistenza sia di circostanze attenuanti che aggravanti e ha ritenuto che avessero lo stesso peso, decidendo quindi che le une annullassero gli effetti delle altre ai fini del calcolo della pena finale.

Qual è stato l’esito finale del ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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