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Attenuanti generiche: come decide il giudice penale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9544/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro il diniego delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito che il giudice di merito può negare tale beneficio basando la sua decisione anche su un solo elemento negativo ritenuto prevalente, come i precedenti penali o l’intensità del dolo, senza dover analizzare tutti i criteri dell’art. 133 c.p. La valutazione sulla congruità della pena è insindacabile in sede di legittimità se non palesemente illogica.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Discrezionalità del Giudice e i Limiti del Ricorso

L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita un’ampia discrezionalità per adeguare la pena alla specifica situazione. Con l’ordinanza n. 9544 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri che guidano questa valutazione, chiarendo come anche un solo elemento negativo possa essere sufficiente a negare il beneficio.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. La difesa lamentava, tra i vari motivi, la mancata concessione delle attenuanti generiche e un trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo. La questione centrale sottoposta alla Corte di Cassazione era se la motivazione del giudice di merito, che aveva negato il beneficio basandosi su specifici elementi negativi, fosse adeguata e legittima.

La Valutazione delle Attenuanti Generiche secondo la Difesa

La difesa sosteneva che il giudice d’appello avesse fornito una motivazione carente nel negare le attenuanti generiche. Secondo il ricorrente, la decisione non avrebbe tenuto in debita considerazione tutti gli elementi potenzialmente favorevoli, concentrandosi unicamente su aspetti negativi come i precedenti penali e l’intensità del dolo. Si contestava, in sostanza, una valutazione parziale che non avrebbe rispettato i parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, norma che elenca i criteri per la commisurazione della pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la sentenza impugnata sorretta da un apparato argomentativo logico e coerente. I giudici hanno sottolineato un principio consolidato in giurisprudenza: ai fini della concessione o del diniego delle attenuanti generiche, il giudice di merito non è obbligato a prendere in esame tutti gli elementi elencati nell’art. 133 c.p. È sufficiente che egli individui e valorizzi anche un solo elemento, ritenuto prevalente rispetto agli altri, per giustificare la propria decisione. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato la “negativa personalità dell’imputato”, desunta dai suoi precedenti penali, e la “particolare intensità del dolo”, considerandoli fattori decisivi e sufficienti per escludere il beneficio.

La Cassazione ha inoltre ribadito un altro punto fondamentale: la valutazione sulla congruità della pena è un giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità. In altre parole, la Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice dei gradi precedenti, a meno che la determinazione della pena non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Poiché nel caso in esame la motivazione era presente e non manifestamente irragionevole, la censura è stata giudicata inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento conferma la vasta discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle attenuanti generiche. La decisione ribadisce che il diniego del beneficio può essere legittimamente fondato anche su un unico elemento negativo, purché ritenuto di tale rilievo da assorbire ogni altra considerazione potenzialmente favorevole all’imputato. Questa pronuncia consolida l’orientamento secondo cui il giudizio di Cassazione non è la sede per una nuova valutazione dei fatti, ma solo per un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi dell’art. 133 del codice penale?
No, secondo la Corte di Cassazione, non è necessario. Il giudice può limitarsi a considerare anche un solo elemento che ritiene prevalente, come la personalità negativa dell’imputato o l’entità del reato, per motivare adeguatamente il diniego del beneficio.

Quali elementi possono giustificare da soli il diniego delle attenuanti generiche?
La Corte ha confermato che elementi come i precedenti penali dell’imputato e la particolare intensità del dolo (cioè dell’intenzione criminale) sono sufficienti a costituire una idonea motivazione per la mancata concessione delle attenuanti generiche.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice di merito?
No, la valutazione sulla congruità della pena è di norma inammissibile nel giudizio di cassazione. Tale censura è possibile solo se la decisione del giudice di merito è il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, circostanza non riscontrata nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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