Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12608 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12608 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/03/2025
1. La Corte di appello di Venezia ha confermato la condanna di NOME COGNOME con la recidiva reiterata, alla pena di un anno e mesi sei di reclusione per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. perché, sottoposto alla detenzione domiciliare con autorizzazione al lavoro, il 12 maggio 2015 evadeva dall’abitazione ove avrebbe dovuto trovarsi, allontanandosene senza autorizzazione.
Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art.173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il ricorrente denuncia:
2.1. cumulativi vizi di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato poiché al momento del controllo l’imputato si trovava in uno dei due spazi condominiali e, precisamente, presso un locale-garage dove aveva attrezzato una piccola palestra. L’accertamento dei Carabinieri era stato negativo poiché la verifica era stata condotta ‘solo’ presso il box auto della madre. La motivazione della Corte, che ha concentrato l’attenzione su un unico locale pertinenziale, è erronea anche nella parte in cui rileva la tardività delle deduzioni difensive sul punto;
2.2. violazione di legge per la mancata applicazione della causa di non punibilità del fatto ai sensi dell’art. 131bis cod. pen. denegata in ragione della durata della condotta sebbene la durata dell’allontanamento fosse stata brevissima e protratta dalle ore 12:30 alle ore 13:45 quando l’imputato veniva trovato presso l’abitazione. Non rileva il controllo delle ore 8:45, presso l’azienda, poiché l’imputato non aveva l’obbligo di lavoro e, quella mattina, difatti, non si era recato sul posto di lavoro. Risulta, poi, che alle ore 14:35 l’imputato aveva avvisato dell’allontanamento (autorizzato per provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita) e alle ore 15:40 era di nuovo a casa, come constatato dagli agenti;
2.3. omessa motivazione sulla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
3.In data 27 gennaio 2025 sono stati depositati motivi aggiunti ad integrazione del secondo motivo di ricorso richiamando il successivo provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza aveva autorizzato l’imputato allo svolgimento di attività lavorativa. Tali motivi reiterano censure per la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche con bilanciamento in termini di equivalenza con la recidiva tenuto conto che le condanne sono relative a fatti risalenti nel tempo e che l’imputato non era mai stato dichiarato recidivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente all’omesso esame del motivo di impugnazione concernente l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
2.ll motivo di ricorso in punto di responsabilità è generico e volto a fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.
Nella motivazione della sentenza impugnata, nella parte in cui i giudici di merito hanno ritenuta accertata la condotta di evasione perché l’imputato, tra le ore 12:30 e le ore 15:40 non era reperibile presso l’abitazione, non è riconoscibile alcun vizio di manifesta illogicità. La Corte territoriale, con argomenti congrui, ha spiegato come l’accertamento condotto dai verbalizzanti, che avevano bussato alla porta dell’appartamento e poi controllato ‘il garage’, con un’operazione protrattasi per circa venti minuti, rilevando l’assenza dell’automobile della madre dell’imputato, fossero congrui rispetto alla verifica della prescrizione imposta al Piatel di non allontanarsi dall’abitazione se non per lo svolgimento di attività lavorativa (ma fin dal mattino si era accertata l’assenza dell’imputato dal posto di lavoro), o sulla base di altre autorizzazioni, di volta in volta rilasciate quale quella di allontanamento quotidiano (per provvedere a indispensabili esigenze di vita), allontanamento che, nel caso, l’imputato aveva comunicato solo alle ore 14:35, quando aveva effettuato una telefonata alla sala operativa della Questura.
La Corte di merito ha, dunque, ritenuto sussistente il reato per protratta durata dell’allontanamento, perlomeno tra le ore 12:30 e le ore 14:35, allontanamento che l’imputato aveva genericamente giustificato sostenendo di essere rimasto nel garage (luogo diverso dal posto auto, che sarebbe stato controllato dai verbalizzanti), dove aveva allestito ‘una palestrina’.
Non sono censurabili le argomentazioni con le quali la Corte di appello ha ritenuto generiche le deduzioni difensive che non erano state documentate con la produzione di planimetrie o altra documentazione idonea.
Le censure formulate a tale riguardo dal ricorrente finiscono per risolversi in censure in fatto, perché tendenti ad ottenere una diversa e alternativa valutazione delle emergenze processuali rispetto a quella privilegiata dalla Corte di merito, cosa che non è consentita nel giudizio di legittimità.
Indeterminato è, infine, il rilievo difensivo circa un’asserita mancanza di motivazione in relazione alle dedotte questioni sull’elemento psicologico del reato, in quanto, a fronte di una questione posta in termini alquanto generici con l’atto di appello – e incentrata sulla permanenza nel garage dell’immobile – la Corte distrettuale ha comunque adeguatamente replicato al motivo dell’impugnazione.
3.Anche il motivo di ricorso sulla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen. è generico e manifestamente infondato. Premesso che la ricostruzione in fatto svolta nella sentenza impugnata ha circoscritto, nei termini innanzi riassunti, la durata dell’allontanamento, le concrete modalità del fatto (in particolare la durata dell’allontanamento), sono stati ritenuti ostativi alla formulazione di un giudizio di particolare tenuità che, del resto, l’imputato prospetta riconducendolo alla propria, ma indimostrata, tesi difensiva
di essere rimasto presso il garage. Con riferimento al reato di evasione questa Corte ha precisato che l’applicazione della causa di non punibilità, prevista dall’art. 131bis cod. pen., è applicabile a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima (Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, COGNOME, Rv. 283731), circostanze che non ricorrono anche tenuto conto del fatto che l’imputato era autorizzato allo svolgimento di attività lavorativa e ad uscite quotidiane, della durata di un’ora, per provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita, e versava, quindi, in condizioni restrittive non particolarmente rigorose, condizioni incidenti sulla colpevolezza e sulla conseguente necessità di rigoroso rispetto della prescrizione della permanenza domiciliare.
4.Non è stato, invece, esaminato il motivo di appello relativo alla mancata applicazione, con equivalenza alla recidiva, delle circostanze attenuanti generiche, motivo che, per errore, la Corte di merito ha ritenuto rinunciato sebbene la rinuncia (come rilevabile dalla lettura del verbale), concerneva la richiesta di applicazione della pena sostitutiva.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata su tale punto con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia per valutare l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche evidenziando che le allegazioni difensive sulla risalenza delle condanne a carico del COGNOME – al di là degli ulteriori motivi incentrati sulla ricostruzione del fatto e privi di fondamento costituiscono, comunque, specifico motivo di censura del diniego di applicazione delle circostanze di cui all’art. 62bis cod. pen., diniego che il Tribunale aveva motivato proprio valorizzando ‘i numerosi’ precedenti a carico dell’imputato, che era già stato dichiarato recidivo proprio con la sentenza del 14 novembre 2008 che era in corso di esecuzione al momento del fatto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Venezia. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 5 marzo 2025