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Attenuante speciale tenuità: Cassazione annulla condanna

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato una condanna per spaccio di lieve entità. La decisione è stata motivata dalla mancata valutazione, da parte della Corte d’Appello, di due circostanze attenuanti: la collaborazione dell’imputato e l’attenuante speciale tenuità del lucro. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio su questi specifici punti, sottolineando l’obbligo del giudice di motivare adeguatamente ogni sua decisione.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Speciale Tenuità: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7106/2025) ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: il dovere del giudice di rispondere a ogni singolo motivo di appello. Il caso, relativo a una condanna per spaccio di lieve entità, offre spunti cruciali sull’applicazione dell’attenuante speciale tenuità del lucro e sulla valutazione della collaborazione dell’imputato, anche in presenza di recidiva.

I Fatti del Processo

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per episodi di detenzione di stupefacenti finalizzata allo spaccio. I giudici di merito avevano già riqualificato i fatti come di ‘lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.

La difesa presentava ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Il mancato riconoscimento dell’attenuante della collaborazione (art. 73, comma 7), sostenendo che l’imputato avesse fornito informazioni utili agli inquirenti.
2. Un’errata determinazione della pena, giudicata eccessiva rispetto al minimo edittale previsto per la fattispecie lieve.
3. La totale omissione, da parte della Corte d’Appello, sulla richiesta di applicazione dell’attenuante speciale tenuità del lucro (art. 62, n. 4, c.p.).

La Decisione della Cassazione e l’impatto dell’Attenuante Speciale Tenuità

La Suprema Corte ha accolto il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettando il secondo. La sentenza d’appello è stata quindi annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Torino per un nuovo giudizio limitatamente ai punti accolti.

La Corte ha ritenuto fondato il motivo relativo alla pena base, spiegando che, una volta riclassificato il reato in una fattispecie meno grave, è logico che la stessa condotta possa essere considerata di maggiore gravità all’interno della nuova, e più mite, forbice edittale.

Il cuore della decisione, tuttavia, risiede nell’accoglimento degli altri due motivi, entrambi legati a un vizio di motivazione da parte del giudice d’appello.

Le Motivazioni

La Cassazione ha censurato duramente la sentenza impugnata per non aver fornito alcuna spiegazione in merito al rigetto delle attenuanti richieste. Questo silenzio del giudice costituisce un grave vizio procedurale, poiché lede il diritto di difesa dell’imputato.

L’obbligo di motivare sulla collaborazione

In merito al primo motivo, la Corte ha chiarito che, sebbene spetti al giudice di merito valutare l’utilità concreta delle dichiarazioni dell’imputato, non è ammissibile liquidare la questione senza spiegare perché le informazioni fornite (identificazione di un fornitore, descrizione di un altro, luoghi e modalità dello spaccio) siano state ritenute irrilevanti. La motivazione, in questo caso, era del tutto assente, rendendo impossibile comprendere l’iter logico seguito dal giudice.

La centralità dell’attenuante speciale tenuità anche per i recidivi

Ancora più netto è stato l’intervento sul terzo motivo. La Corte d’Appello aveva completamente ignorato la richiesta di applicazione dell’attenuante speciale tenuità del lucro. La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire due principi consolidati:
1. Applicabilità allo spaccio: Citando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 24990/2020), ha confermato che questa attenuante è compatibile con i reati in materia di stupefacenti, inclusi quelli di lieve entità.
2. Prevalenza sulla recidiva: Richiamando una fondamentale pronuncia della Corte Costituzionale (n. 141/2023), ha ricordato che è stato dichiarato illegittimo il divieto di prevalenza dell’attenuante del lucro di speciale tenuità sulla recidiva reiterata. Il giudice, quindi, ha sempre il dovere di effettuare un bilanciamento tra le circostanze, senza alcun automatismo.

L’omessa risposta della Corte d’Appello su questo punto è stata giudicata un errore insanabile, che ha imposto l’annullamento della sentenza.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione è un importante monito per i giudici di merito: ogni motivo di appello merita una risposta argomentata. Ignorare una specifica doglianza difensiva equivale a un diniego di giustizia. Inoltre, la sentenza consolida l’importanza dell’attenuante speciale tenuità nel sistema sanzionatorio, confermando la sua piena operatività anche nel contesto dei reati di droga e la sua potenziale prevalenza sulla recidiva, in linea con i principi di proporzionalità e individualizzazione della pena sanciti dalla Costituzione.

Un giudice può ignorare un motivo di appello specifico sollevato dalla difesa?
No. La Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha ribadito che l’omessa pronuncia su uno specifico motivo di appello costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento della sentenza, in quanto lede il diritto di difesa.

L’attenuante del lucro di speciale tenuità si applica anche ai reati di spaccio di lieve entità?
Sì. La sentenza conferma l’orientamento delle Sezioni Unite secondo cui la circostanza attenuante del lucro e dell’evento di speciale tenuità, prevista dall’art. 62, n. 4, c.p., è applicabile a ogni tipo di delitto commesso per un motivo di lucro, inclusa la fattispecie di lieve entità in materia di stupefacenti.

Una persona dichiarata recidiva può comunque ottenere il riconoscimento dell’attenuante del lucro di speciale tenuità?
Sì. La Corte ha richiamato una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto di prevalenza di questa attenuante sulla recidiva reiterata. Di conseguenza, il giudice ha l’obbligo di procedere al giudizio di bilanciamento tra le circostanze, senza poter escludere a priori la prevalenza dell’attenuante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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