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Attenuante risarcimento danno: quando è valida l’offerta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per furto aggravato, chiarendo i requisiti per l’applicazione dell’attenuante risarcimento danno. La Corte ha stabilito che, in caso di rifiuto da parte della vittima, una mera offerta informale non è sufficiente. È necessario che l’imputato proceda con una ‘offerta reale’ secondo le forme del codice civile, depositando la somma e mettendola a disposizione della persona offesa, per dimostrare una concreta volontà riparatoria.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Risarcimento Danno: L’Offerta Reale è Indispensabile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione pratica su una delle circostanze più invocate nei processi penali: l’attenuante risarcimento danno. Questo provvedimento chiarisce, con cristallina precisione, che non basta una semplice offerta di denaro per ottenere lo sconto di pena, soprattutto quando la persona offesa la rifiuta. La Corte ribadisce la necessità di un comportamento attivo e formalmente corretto da parte dell’imputato.

Il Caso: Furto Aggravato e Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato in abitazione, confermata dalla Corte d’Appello. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza di secondo grado. Tra i motivi di doglianza, spiccava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante comune di cui all’art. 62, n. 6 del codice penale, ovvero l’aver, prima del giudizio, riparato interamente il danno.

I Motivi del Ricorso: Tra Risarcimento e Recidiva

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro punti principali:

1. Mancata concessione dell’attenuante del risarcimento: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare la riduzione di pena, nonostante un’offerta di risarcimento fosse stata fatta.
2. Errata qualificazione del reato: Si sosteneva che il furto dovesse essere riqualificato come ‘tentato’ e non ‘consumato’, poiché l’intervento della persona offesa avrebbe interrotto l’azione criminale.
3. Mancata esclusione della recidiva: Si chiedeva di non applicare l’aggravante della recidiva contestata.
4. Bilanciamento delle circostanze: Si lamentava la mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato in toto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici supremi, i motivi presentati non erano altro che una pedissequa reiterazione di quanto già dedotto e correttamente respinto in appello, senza introdurre una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

Le Motivazioni: Perché l’Attenuante Risarcimento Danno è Stata Negata

Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte ha affrontato il primo motivo di ricorso, fornendo un principio di diritto fondamentale.

Perché l’attenuante risarcimento danno sia riconosciuta, non è sufficiente un’offerta qualsiasi. La giurisprudenza è consolidata nel richiedere che, qualora la persona offesa non accetti la somma offerta, l’imputato debba procedere con le forme della cosiddetta ‘offerta reale’, disciplinata dagli articoli 1209 e seguenti del codice civile. Questo significa che l’imputato deve depositare la somma e lasciarla formalmente a disposizione della vittima. Tale procedura consente a quest’ultima di valutare con calma l’adeguatezza del risarcimento e, al contempo, permette al giudice di verificare la congruità della somma e l’effettiva ‘resipiscenza’ (ravvedimento) del reo.

Nel caso di specie, l’offerta di un assegno circolare, poi rifiutato, non è stata ritenuta sufficiente perché la somma non era stata depositata e messa a disposizione della vittima.

Anche gli altri motivi sono stati respinti con argomentazioni precise:
Sul furto consumato: La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, secondo cui l’impossessamento del bene si era già verificato al momento dell’intervento della vittima, rendendo il reato consumato e non solo tentato.
Sulla recidiva: La motivazione della Corte d’Appello, seppur sintetica, è stata giudicata idonea a dimostrare l’impossibilità di escludere l’aggravante.
Sul bilanciamento delle circostanze: È stato richiamato il divieto di legge (art. 69, comma 4, c.p.) che impedisce alle attenuanti generiche di prevalere su determinate forme di recidiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza è un monito per la difesa: la volontà di risarcire il danno deve essere dimostrata con atti concreti e legalmente validi. Per beneficiare dell’attenuante, non basta un gesto informale, ma è richiesta una condotta che provi in modo inequivocabile il pentimento e la volontà di riparare le conseguenze del reato. L’istituto dell’offerta reale, mutuato dal diritto civile, diventa così uno strumento imprescindibile per l’imputato che voglia seriamente percorrere la strada della riparazione e ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

Per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno, è sufficiente offrire una somma di denaro alla vittima?
No, non è sufficiente. Se la vittima rifiuta l’offerta, l’imputato deve procedere con le forme dell’offerta reale previste dal codice civile (artt. 1209 e ss.), depositando la somma e lasciandola a completa disposizione della persona offesa per dimostrare un’effettiva volontà riparatoria.

Quando si considera consumato un furto in abitazione se interviene la persona offesa?
Secondo la Corte, il furto si considera consumato nel momento in cui l’autore del reato si è impossessato del bene, completando così l’azione delittuosa. Nel caso analizzato, la Corte ha stabilito che l’impossessamento si era già verificato prima dell’intervento della persona offesa.

Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se si limita a ripetere gli stessi argomenti dell’appello?
Sì. La Corte ha ribadito che un ricorso è inammissibile se si risolve in una ‘pedissequa reiterazione’ dei motivi già presentati e respinti in appello, senza svolgere una critica argomentata e specifica contro la sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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