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Attenuante risarcimento danno: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16522/2025, interviene su un caso di furto in un garage, confermando che tale luogo è da considerarsi pertinenza di privata dimora. La Corte ha però annullato con rinvio la decisione della Corte d’Appello riguardo al diniego dell’attenuante risarcimento danno. Secondo i giudici supremi, la motivazione sul punto era carente, poiché non aveva adeguatamente valutato la spontaneità della restituzione della refurtiva da parte dell’imputato, avvenuta lo stesso giorno del furto. La sentenza ribadisce quindi l’importanza della volontà effettiva e tempestiva dell’imputato nel riparare al danno causato per il riconoscimento di tale circostanza.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Risarcimento Danno: Quando la Restituzione Spontanea Fa la Differenza

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 16522/2025 offre importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione dell’attenuante risarcimento danno, prevista dall’art. 62, n. 6 del codice penale. Il caso, relativo a un furto in un garage, solleva due questioni centrali: la qualificazione del garage come pertinenza di privata dimora e, soprattutto, le condizioni per il riconoscimento della circostanza attenuante legata alla riparazione del danno. La decisione sottolinea come la spontaneità e l’effettività della restituzione della refurtiva siano elementi cruciali che il giudice di merito deve attentamente valutare.

I fatti di causa: il furto nel garage e l’appello

Il procedimento nasce da una condanna per furto in abitazione. L’imputato era stato ritenuto colpevole di aver sottratto dei beni da un garage. In sede di appello, la difesa aveva contestato la qualificazione del reato, sostenendo che un garage non potesse essere considerato ‘privata dimora’ o sua pertinenza ai sensi dell’art. 624-bis c.p. In secondo luogo, l’imputato lamentava il mancato riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, nonostante, a suo dire, avesse spontaneamente restituito la refurtiva lo stesso giorno del fatto, come risulterebbe da un’annotazione di Polizia Giudiziaria e dal verbale di restituzione.

La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la pena, aveva respinto entrambe le doglianze, confermando la qualificazione del garage come pertinenza e negando l’attenuante. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Cassazione e l’analisi dell’attenuante risarcimento danno

La Suprema Corte ha esaminato i due motivi di ricorso in modo distinto, giungendo a conclusioni opposte.

La qualificazione del garage come pertinenza

Sul primo punto, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. I giudici hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui la nozione di ‘pertinenza di luogo destinato a privata dimora’ include ogni bene che arrechi un’utilità funzionale al bene principale (l’abitazione) e che sia destinato in modo durevole al suo servizio. Un garage contiguo all’abitazione, utilizzato per custodire oggetti o per svolgere attività legate alla vita domestica, rientra pienamente in questa definizione. Di conseguenza, il furto commesso al suo interno è correttamente qualificato come furto in abitazione.

La restituzione spontanea e l’applicazione dell’art. 62 n. 6 c.p.

Il secondo motivo di ricorso è stato invece ritenuto fondato. La Cassazione ha censurato la decisione della Corte d’Appello per aver negato l’attenuante risarcimento danno con una ‘motivazione apodittica’, ovvero priva di un’adeguata argomentazione. I giudici di legittimità hanno ricordato che tale attenuante può essere riconosciuta solo quando gli effetti ripristinatori e risarcitori sono entrambi riconducibili alla tempestiva e spontanea volontà dell’imputato. Non è sufficiente che il danno sia stato riparato; è essenziale che ciò avvenga per iniziativa del reo e non perché la refurtiva è stata recuperata dalle forze dell’ordine o dalla persona offesa.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha rilevato che, nel caso di specie, gli atti allegati al ricorso (l’annotazione di PG e il verbale di restituzione) sembravano indicare che l’imputato avesse effettivamente restituito il bene sottratto spontaneamente e nella stessa giornata del furto. Di fronte a tali elementi, il diniego della Corte d’Appello si è rivelato immotivato e superficiale. La Cassazione non ha concesso direttamente l’attenuante, ma ha annullato la sentenza su questo specifico punto, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello. Il nuovo giudice dovrà ‘più attentamente valutare le ragioni del diniego’, esaminando nel dettaglio gli atti per accertare se la restituzione sia stata davvero il frutto di una scelta volontaria e tempestiva dell’imputato.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce due principi fondamentali. Primo, la nozione di privata dimora e delle sue pertinenze è ampia e funzionale a proteggere i luoghi in cui si svolge la vita privata, anche se non strettamente abitativi come un garage. Secondo, e più importante, per ottenere l’attenuante risarcimento danno, non basta il semplice risultato della riparazione, ma è determinante il ‘come’ vi si è giunti. La volontà spontanea dell’imputato di elidere le conseguenze del reato è il presupposto imprescindibile che i giudici devono rigorosamente accertare, motivando in modo esauriente le proprie conclusioni, sia in caso di concessione che di diniego.

Un garage è considerato privata dimora ai fini del reato di furto?
Sì, secondo la Cassazione un garage contiguo all’abitazione è considerato ‘pertinenza di luogo destinato a privata dimora’ se destinato in modo durevole al servizio dell’abitazione principale. Pertanto, un furto commesso al suo interno integra il più grave reato di furto in abitazione (art. 624-bis c.p.).

Per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno è sufficiente restituire i beni rubati?
No, non è sufficiente. La sentenza chiarisce che la restituzione e il risarcimento devono essere ‘effettivi ed integrali’ e, soprattutto, ‘riconducibili alla tempestiva volontà dell’imputato’. Se la refurtiva viene recuperata dalle forze dell’ordine o da terzi, e non per iniziativa spontanea del colpevole, l’attenuante non può essere concessa.

Cosa accade se un giudice nega un’attenuante con una motivazione carente?
Se la motivazione è ‘apodittica’, cioè priva di un’adeguata argomentazione logico-giuridica, la Corte di Cassazione può annullare la sentenza su quel specifico punto. Il caso viene quindi rinviato a un altro giudice di merito per una nuova e più approfondita valutazione basata sugli atti processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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