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Attenuante rapina lieve entità: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore Generale contro la concessione dell’attenuante rapina lieve entità a un imputato. La Corte ha stabilito che la valutazione del giudice di primo grado, che aveva considerato la condotta violenta di ‘estrema modestia’ nonostante il valore dei beni superasse i seicento euro, era correttamente motivata e non sindacabile in sede di legittimità. La decisione riafferma i principi di individualizzazione della pena introdotti dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

L’Attenuante per Rapina di Lieve Entità: la Cassazione Fissa i Paletti

Con la recente sentenza n. 22826/2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla corretta applicazione dell’attenuante rapina lieve entità, un tema di grande attualità dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui poteri di valutazione del giudice di merito e sui limiti del sindacato di legittimità, ribadendo la centralità dei principi di proporzionalità e individualizzazione della pena.

I Fatti del Caso: una Rapina e la Controversa Attenuante

Il caso trae origine da una sentenza del G.u.p. del Tribunale di Firenze, che, a seguito di un rito abbreviato, aveva condannato un uomo per il reato di rapina. Tuttavia, il giudice aveva riconosciuto all’imputato la cosiddetta ‘attenuante costituzionale’ di cui alla sentenza n. 86/2024, ritenendo il fatto di lieve entità. Questa decisione era stata presa nonostante il valore dei beni sottratti superasse i seicento euro.

Il Ricorso del Procuratore Generale

Contro questa decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo l’accusa, il giudice di primo grado avrebbe errato nel concedere l’attenuante per due motivi principali:

1. L’esiguità del valore dei beni: un valore di oltre seicento euro non poteva essere considerato esiguo.
2. La tenuità della condotta: l’azione dell’imputato era stata prolungata e reiterata all’interno dell’esercizio commerciale, con ripetuti spintonamenti. Inoltre, l’imputato era già noto per precedenti furti nello stesso negozio. Questi elementi, secondo il ricorrente, denotavano spregiudicatezza e programmazione, incompatibili con la lieve entità.

La Valutazione della Cassazione sull’Attenuante Rapina Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. La decisione si basa su una netta distinzione tra il giudizio di merito, riservato ai tribunali di primo e secondo grado, e il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione.

Il giudice di primo grado aveva motivato la sua scelta evidenziando come la condotta violenta fosse stata di ‘estrema modestia’ e che non vi era stata una definitiva apprensione dei beni. Questa valutazione, secondo la Suprema Corte, è logica, coerente e non manifestamente illogica, e pertanto non può essere riesaminata in sede di legittimità. Il ricorso del Procuratore, infatti, si risolveva in una richiesta di rilettura dei fatti, preclusa in Cassazione.

I Principi della Corte Costituzionale

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire l’importanza dei principi sanciti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024. Quest’ultima ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 628, comma 2, c.p., nella parte in cui non prevedeva una diminuzione di pena per fatti di rapina di lieve entità. La Consulta ha sottolineato che un trattamento sanzionatorio manifestamente sproporzionato rispetto alla gravità del fatto viola i principi di:

* Individualizzazione della pena: la sanzione deve essere adeguata al concreto disvalore del fatto e alle specifiche esigenze del singolo caso.
* Finalità rieducativa della pena: come previsto dall’art. 27 della Costituzione, la pena deve tendere alla rieducazione del condannato.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità affermando che il G.u.p. ha agito correttamente all’interno delle coordinate ermeneutiche tracciate dalla Corte Costituzionale. Ha compiutamente motivato la concessione dell’attenuante, descrivendo la condotta violenta come estremamente modesta e tenendo conto della mancata apprensione definitiva dei beni. Le argomentazioni del Procuratore ricorrente, al contrario, miravano a una diversa valutazione del merito, proponendo una lettura alternativa dei fatti che non è consentita in sede di legittimità. Il giudice di merito ha correttamente applicato il principio di individualizzazione della pena, modulando la sanzione in base alle specificità del caso concreto, senza incorrere in alcuna violazione di legge.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza l’autonomia del giudice di merito nella valutazione della lieve entità del fatto di rapina. La Cassazione chiarisce che il controllo di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La concessione dell’attenuante rapina lieve entità non dipende unicamente dal valore economico del danno, ma da una valutazione complessiva che include la natura, i mezzi, le modalità dell’azione e la particolare tenuità del pericolo. La decisione del giudice di merito, se adeguatamente motivata e priva di vizi logici, è insindacabile.

Quando si può applicare l’attenuante per rapina di lieve entità?
Si può applicare quando il fatto, valutato nel suo complesso (per natura, specie, mezzi, modalità dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo), risulta di lieve entità. La valutazione include aspetti come il grado di violenza esercitata, che nel caso specifico è stato definito di ‘estrema modestia’.

Il valore economico dei beni sottratti è l’unico criterio per valutare la lieve entità?
No. La sentenza chiarisce che la valutazione è complessiva. Anche a fronte di un valore non irrisorio (nel caso di specie, oltre seicento euro), altri fattori come le modalità della condotta e il livello minimo di violenza possono giustificare la concessione dell’attenuante.

È possibile contestare in Cassazione la concessione di un’attenuante decisa dal giudice di merito?
È possibile solo se si ravvisa una violazione di legge o un vizio della motivazione (ad esempio, se è mancante, contraddittoria o manifestamente illogica). Non è possibile, invece, chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, se quest’ultima è sorretta da una motivazione coerente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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