Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22826 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22826 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI FIRENZE nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 20/11/1987
avverso la sentenza del 30/01/2025 del GIP presso il TRIBUNALE di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Il G.u.p. presso il Tribunale di Firenze, con sentenza del 30/01/2025, ad esito di rito abbreviato, ha dichiarato NOME responsabile del reato di rapina allo stesso ascritto, riconoscendo allo stesso la attenuante c.d. costituzionale di cui alla sentenza n. 86 del 2024 della Corte cost., riconoscendo la continuazione con la sentenza del G.u.p. di Firenze del 02/05/2024, irrevocabile il 17/09/2024.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Avvocato generale presso la Corte di appello di Firenze con un unico motivo di ricorso con il quale ha rilevato la violazione di legge e il vizio della motivazione in ogni sua forma (mancante, manifestamente illogica e contradditoria) quanto alla intervenuta concessione della attenuante di cui all’art. 628, comma secondo, cod. pen. ad esito della sentenza della Corte Cost. n. 86 del 2024; il ricorrente ha contestato la applicazione di tale circostanza sia quanto alla ritenuta esiguità del valore dei beni sottratti, che quanto alla tenuità particolare della condotta. In tal senso, si è osservato con il valore del bene fosse di oltre seicento euro e il giudice aveva violato il criterio della prognosi postuma ex ante sul punto, occorrendo verificare il valore della cosa se la condotta fosse stata portata a termine. Infine, quanto alle modalità della condotta / è stata contestata la sua estemporaneità, in presenza di una azione prolungata e reiterata all’interno dell’esercizio commerciale per appropriarsi di un consistente numero di beni, poi conclusasi con ripetuti spintonamenti sintomo di spregiudicatezza, organizzazione e programmazione. Il ricorrente era tra l’altro soggetto noto per precedenti condotte di furto, poste in essere nello stesso esercizio commerciale. Non ricorrevano dunque i presupposti per giungere alla applicazione della attenuante di cui alla Corte cost. n. 86 del 2024.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo non consentito, oltre che manifestamente infondato.
2. Come correttamente evidenziato dal Procuratore generale con la sua requisitoria iil RAGIONE_SOCIALE. presso il Tribunale d Firenze ha motivato sul tema della concessione della c.d. attenuante costituzionale ai sensi della sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, con argomentazioni prive di aporie che non si prestano a censure in questa sede, mentre le argomentazioni del ricorrente si risolvono nella proposta di una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME Rv. 277758-01) in assenza di effettivo confronto con la logica motivazione, che ha richiamato dati inequivoci quanto alla sussistenza della attenuante predetta (con descrizione della condotta violenta in termini di estrema modestia, in mancanza di definitiva apprensione dei beni). Il giudice ha dunque correttamente applicato, nell’ambito delle coordinate enucleate dalla Corte costituzionale, l’attenuante in questione. In tal senso si deve ricordare che la Corte costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità». Nel corpo della motivazione è stato affermato che «l’esigenza dell’attenuante in questione – in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, numero 3), cod. pen. – trova fondamento costituzionale anche nei principi di individualizzazione della pena e di finalità rieducativa della stessa» dato che «un trattamento manifestamente sproporzionato rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto, e comunque incapace di adeguarsi al suo concreto disvalore, pregiudica il principio di individualizzazione della pena (sentenza n. 244 del 2022); «”l’individualizzazione” della pena, in modo da tenere conto dell’effettiva entità e delle specifiche esigenze dei singoli casi, si pone come naturale attuazione e sviluppo di principi costituzionali» così da rendere «quanto più possibile “personale” la responsabilità penale, nella prospettiva segnata dall’art. 27, primo comma» (sentenza n. 7 del 2022)». I giudici della Consulta hanno anche affermato che «il principio della finalità rieducativa della pena è ormai da tempo diventato patrimonio della cultura giuridica
europea, particolarmente per il suo collegamento con il “principio di proporzione” fra qualità e quantità della sanzione, da una parte, ed
offesa, dall’altra (tra molte, sentenze n. 179 del 2017 e n. 313 del
1990)». E che, pertanto, «in presenza di una fattispecie astratta connotata, come detto, da intrinseca variabilità atteso il carattere
multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «cosa sottratta», «possesso», «impunità», e tuttavia assoggettata a un
minimo edittale di rilevante entità, il fatto che non sia prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità
in relazione alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del
pericolo, determina la violazione, ad un tempo, del primo e del terzo comma dell’art. 27 Cost.» (Corte cost. n. 86 del 2024, g 8.3.). Si tratta
di un intervento funzionale a consentire la migliore individualizzazione del trattamento sanzionatorio per le condotte di rapina, tenuto conto
che per le azioni “minime”, la forbice edittale prevista dal legislatore è
stata ritenuta sproporzionata ed irragionevole; dunque, contraria alle indicazioni contenute nell’art. 27 della Costituzione(in tal senso Sez. 2, n. 46006 del 03/12/2024, COGNOME, Rv. 287318-01). Nel caso concreto il giudice ha compiutamente motivato, modulando la pena in modo individualizzato proprio secondo le coordinate ermeneutiche appena richiamate, sicché si deve escludere anche la violazione di legge evocata.
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 16/05/2025.