Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31712 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31712 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Cosenza; NOME nato il DATA_NASCITA a Cosenza, COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Cosenza; nel procedimento a carico dei medesimi; avverso la sentenza del 11/05/2023 della corte di appello di Catanzaro; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso nei confronti di COGNOME NOME e l’annullamento con rinvio limitatamente all’attenuante di cui all’art. 73 comma 7 del DPR 309/90 nei confronti di COGNOME NOME con rigetto nel resto; udite le conclusioni dei difensori RAGIONE_SOCIALE parti civili, AVV_NOTAIO NOME quale sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO.to COGNOME NOME, e COGNOME NOME quale sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO i quali si sono riportati alle conclusioni depositate; udite le conclusioni dei difensori degli imputati COGNOME e COGNOME, AVV_NOTAIO
NOME e COGNOME NOME che hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro riformava parzialmente la sentenza del tribunale di Catanzaro del 17 febbraio 2020 con cui NOME, NOME e NOME erano stati condannati in relazione a distinti reati, assolvendo NOME e NOME dal delitto di cui al capo 1, dichiarando non doversi procedere nei confronti di NOME per altri fatti pure allo stesso contestati rideterminando la pena applicata ai due predetti imputati, e quanto ad COGNOME NOME, escludendo l’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen. per i delitti di cui ai capi 54, 55 e 56, con riconoscimento RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, escludendo altresì l’aggravante di cui all’art. 629 comma 2 cod. pen. limitatamente al capo 56, così rideterminando la pena finale. Confermava nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la predetta sentenza NOME, NOME e NOME NOME, tramite il difensore di fiducia, hanno proposto ricorso per cassazione, sollevando rispettivi motivi di impugnazione.
Si premette che all’udienza del 27 marzo 2024, celebratasi dinnanzi a questo collegio, come disposto con ordinanza riportata nel relativo verbale si è proceduto allo stralcio della posizione di NOME in ragione del ritenuto sopravvenuto legittimo impedimento del rispettivo difensore. Il processo è quindi proseguito solo nei confronti dei due restanti imputati, di cui si riportano di seguito i rispettivi motivi di ricorso.
COGNOME NOME, con riferimento al ritenuto tentativo di estorsione di cui al capo 56, osserva che si contesta una condotta coagulata intorno al presupposto della sussistenza del gruppo e/o del metodo mafioso che, essendo stato escluso, incide negativamente in ordine alla configurabilità della ritenuta fattispecie tentata. L’assenza del predetto presupposto priverebbe di rilevanza l’abbandono di una bottiglia contenente liquido infiammabile con accesso dell’COGNOME al cantiere, assieme al dato di una erronea percezione della specifica minaccia, a tenore della quale in assenza di collaborazione l’impresa avrebbe trovato altre bottiglie nel cantiere. In tal modo mancherebbe ogni reale intimidazione stante l’assenza di frasi o comportamenti a ciò idonei.
Analoghe considerazioni dovrebbero formularsi riguardo ai capi 54 e 55. Per il primo capo, la ricostruzione dei fatti operata dalla persone offesa sarebbe al limite del credibile quanto alla possibilità di una richiesta estorsiva pari al 20% del valore dell’appalto, e l’unico comportamento in grado di integrare il fatto
estorsivo, quale la presenza dell’agente per il ritiro RAGIONE_SOCIALE somme estorte, non sarebbe mai avvenuto. Né la conversazione intercettata con l’COGNOME avrebbe alcun rilievo intimidatorio ove si prescinda dal gruppo mafioso escluso. Si rimarrebbe nell’ambito dei meri atti preparatori.
Eguali considerazioni si formulano in ordine al capo 55. Rispetto al quale si valorizza un passaggio di una comunicazione di notizia di reato, in cui la persona destinataria dell’estorsione avrebbe comunicato la assoluta esclusione della disponibilità ad effettuare pagamenti. E a tale momento si fermerebbe la fase preparatoria, con assenza di ogni ulteriore condotta coattiva. E si potrebbe piuttosto individuare anche una condotta di desistenza attiva, con l’COGNOME che decide solo di intraprendere, a quel punto, un mero mercanteggiamento di favori.
5. NOME COGNOME deduce vizi di violazione di legge e di motivazione, con riguardo all’art. 416 1 bis comma 3 cod. pen. e 73 comma 7 del DPR 309/90. Si contesta il diniego della attenuante di cui al 416 1 bis comma 3 cod. pen. operato con motivazione apparente e illogica, osservandosi che tale attenuante ben poteva applicarsi pur in assenza della aggravante di cui all’art. 416 1 bis cod. pen o dell’art. 416 bis cod. pen e ciò sul rilievo per cui sarebbe emerso un contesto di criminalità organizzata. Quanto al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 73 comma 7 del DPR 309/90, si valorizza il riconoscimento in primo grado dell’attenuante di cui all’art. 74 comma 7 del DPR 309/90 – art. 74 poi escluso quanto alla fattispecie associativa – e la intervenuta valorizzazione dell’apporto assicurato dal ricorrente, per evidenziare, al riguardo, una motivazione contraddittoria e non in linea con le risultanze istruttorie.
Si contesta poi il mancato riconoscimento della continuazione rispetto a fatti di cui ad altra sentenza irrevocabile.
Si contesta, in proposito, il giudizio di eterogeneità tra le violazioni prese i considerazione sul punto, laddove la stessa sentenza impugnata ha posto in continuazione un’altra condotta identica a quelle escluse per eterogeneità e compendiata nel capo 25. E si contesta l’assenza di contiguità temporale laddove il reato più grave di cui al capo , relativo a fatti del giugno – luglio 2017, e stato già stato posto in continuazione con condotte di cui al capo 25 inerenti fatti ex art. 75 del Dlgs. 159/2011 occorsi tra il 21 e 27 marzo 2018. E la sentenza irrevocabile invocata per la continuazione riportava una condotta ex art. 75 citato per la data del 21 marzo 2018. Si aggiunge che emergerebbero periodi sovrapponibili tra i vari reati e vi sarebbe un unico disegno criminoso diversamente da quanto ritenuto in sentenza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente si dispone procedersi allo stralcio per il ricorrente NOME con formazione di autonomo fascicolo e rinvia a nuovo ruolo per impedimento del difensore.
Il ricorso proposto da COGNOME è manifestamente infondato, avendo la corte ampiamente e articolatamente ribadito la avvenuta consumazione di condotte minatorie idonee ad integrare la ritenuta fattispecie del tentativo di estorsione, anche avendo cura di evidenziare, da una parte, la irrilevanza – per escludere tale configurazione – dell’opposizione della vittima e dall’altra, la correlata sussistenza della perdita di ogni dominio della vicenda da parte dell’imputato, con inconfigurabilità di qualsiasi spazio per una eventuale ipotesi di desistenza volontaria. Si tratta di osservazioni corredate da congrui richiami alla giurisprudenza di legittimità che non possono che condividersi. Rispetto a tale completa motivazione le censure proposte si traducono in una unilaterale quanto inammissibile, in questa sede, elaborazione del merito degli episodi e della loro qualifica giuridica.
Quanto al ricorso di NOME COGNOME, infondata è la censura circa l’intervenuto diniego della attenuante di cui al 416 1 bis comma 3 cod. pen. atteso che correttamente la Corte ha sostenuto, anche con congrui richiami di legittimità che qui si condividono, che tale attenuante non può applicarsi una volta che risulti insussistente l’aggravante di cui all’art. 416 1 bis cod. pen o l fattispecie di cui all’art. 416 bis cod. pen., laddove proprio tale esclusione ha dato conto della inesistenza di un metodo o di un gruppo riconducibile alla criminalità organizzata.
Quanto al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 73 comma 7 del DPR 309/90, il motivo appare fondato. Va premesso che l’attenuante di cui al comma 7 della disposizione richiamata presuppone l’offerta da parte del dichiarante di tutti gli elementi disponibili alla sua cognizione, grazie alla qual sia possibile verificarne l’utilità nel conseguimento di un risultato al fine d bloccare lo svolgimento dell’illecito commercio oggetto dell’accertamento o ancora in corso attraverso i medesimi strumenti. Consegue che il giudice di merito, nello svolgimento della sua analisi in proposito, debba individuare gli specifici elementi di fatto posti a base della sua valutazione, anche evidenziando quali circostanze, o quali specifiche carenze, consentano o precludano l’applicazione dell’attenuante.
Si tratta di una analisi che non appare essere stata effettuata nella sentenza in esame, essendosi solo rappresentata la avvenuta formulazione di dichiarazioni
utili, rese dall’imputato e riguardanti vicende criminali concludendo per l’irrilevanza ai fini in esame del dato offerto, senza alcuna altra specificazione e analisi né approfondimenti ipoteticamente realizzabili a seguito RAGIONE_SOCIALE indicazioni offerte, così emergendo un quadro incerto e in parte contraddittorio. Da qui la necessità di un’analisi specifica del contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal ricorrente, e della loro astratta idoneità al raggiungimento dei risultati richies dall’art. 73 comma 7 d.P.R. cit. al fine dell’applicazione della diminuente. Ed è opportuno ricordare che come già sottolineato da questa Suprema corte lo sviluppo interpretativo giurisprudenziale sul tema ha gradualmente posto l’accento sulla verifica dell’effettività e pienezza della collaborazione offerta come sintomo effettivo di resipiscenza, al punto da ridurre sempre più l’importanza di una oggettiva rilevanza del risultato, ritenendosi sufficiente la dimostrazione che il dichiarante abbia offerto tutto il suo patrimonio di conoscenze (in tal senso Sez. 6, n. 15977 del 24/03/2016 Rv. 266998 – 01; Sez. 4, n. 18644 del 04/02/2004, Rv. 228351), ancorché questo non comporti lo smantellamento di traffici di notevole rilevanza (Sez. 6, n. 19082 del 16/03/2010, COGNOME, Rv. 247082), non potendosi, per il principio costituzionale di uguaglianza, circoscrivere l’accesso a tale legislazione premiale esclusivamente a coloro i quali si collochino ai livelli più elevati del commercio illecito.
Si impone quindi sul punto l’annullamento della pronuncia impugnata.
Con riferimento, inoltre, alla contestazione relativa al mancato riconoscimento della continuazione rispetto a fatti di cui ad altra sentenza irrevocabile, si osserva che appare non inappuntabile e anzi contraddittoria la motivazione, la quale evidenzia l’eterogeneità tra fattispecie ex art. 75 del Dlgs. 159/2011 di cui all’intervenuto giudicato esterno e il reato in tema di stupefacenti di cui al presente processo così come la diversa cronologia temporale. Ma invero, appare fondata la tesi oppositrice per cui la stessa sentenza impugnata ha posto in continuazione, con gli altri reati ivi decisi, una condotta – del 25 e 28 marzo 2018 – identica a quelle escluse per eterogeneità, e compendiata nel capo 25, ed inoltre il reato più grave di cui al capo 52 relativo a fatti inerenti stupefacenti del giugno – luglio 2017 era stato già stato posto in continuazione con condotte di cui al citato capo 25 inerenti appunto anche a fatti ex art. 75 del Digs. 159/2011 del marzo 2018. Laddove la sentenza irrevocabile invocata per la continuazione riportava una condotta ex art. 75 citato per la data del 21 marzo 2018. Consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio nei confronti di COGNOME NOME anche limitatamente alla valutazione della invocata continuazione esterna.
GLYPH Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che la sentenza impugnata debba essere annullata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle statuizioni in ordine all’art. 73 comma 7 DPR 309/90 ed alla continuazione esterna con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Con rigetto nel resto del ricorso. Deve altresì essere dichiarato inammissibile il ricorso di COGNOME NOME, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE. Nessuna condanna deve essere disposta in favore RAGIONE_SOCIALE parti civili costituite, come invece richiesto dalle stesse in ordine alla rifusion RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio, atteso che esse si sono costituite (e sono state ammesse) in relazione a reati diversi da quelli ex art. 629 c.p. per i quali soltanto l’COGNOME ha proposto ricorso in questa sede.
P.Q.M.
dispone procedersi allo stralcio per il ricorrente NOME con formazione di autonomo fascicolo e rinvia a nuovo ruolo per impedimento del difensore. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alle statuizioni in ordine all’art. 73 comma 7 DPR 309/90 ed alla continuazione esterna con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro. Rigetta il ricorso di COGNOME nel resto. Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso, il 27/03/2024.