Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 36593 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 36593 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CASALE MONFERRATO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 09/04/2025 del TRIBUNALE di Vercelli udita la relazione del AVV_NOTAIO;
lette le conclusioni del P.G., NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 9 aprile 2025 il Tribunale di Vercelli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza del condannato NOME COGNOME di rideterminazione in executivis della pena inflitta con la sentenza emessa dal Tribunale di Vercelli il 25 novembre 2021, irrevocabile il 2 luglio 2024, con cui l’imputato era stato condannato per il delitto di cui all’art. 628, comma 1, cod pen.
In particolare, il condannato aveva chiesto l’applicazione della attenuante speciale del fatto di lieve entità introdotta con sentenza della Corte costituzionale 16 aprile 2024 n. 86, ed il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza rilevando che nel giudizio di cognizione il condannato aveva beneficiato delle attenuanti generiche nonchØ dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., e che non emergevano ulteriori profili di meritevolezza per riconoscere anche l’attenuante di matrice costituzionale, in quanto la natura del reato e le circostanze dell’azione non potevano ritenersi lievi, attesa l’aggressione avvenuta in orario serale, in piø persone riunite, all’interno dell’abitazione privata della vittima, nonchØ il danno fisico e morale patito dalla vittima che ha riportato lesioni consistenti, guaribili in 7 giorni.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo, in cui deduce violazione di legge in quanto il giudice dell’esecuzione avrebbe giudicato non lieve il danno fisico e morale patito dalla vittima ponendosi in contrasto con la decisione di cognizione che ha riconosciuto l’attenuante dell’art. 62., n 4, cod. pen. che può essere riconosciuto solo in presenza della valutazione complessiva anche del pregiudizio fisico arrecato alla vittima; inoltre, l’ordinanza Ł illegittima anche perchØ la giurisprudenza di legittimità ammette la cumulabilità della valutazione effettuata ai fini dell’art. 62, n. 4, cod. pen. con quella da effettuare ai fini della attenuante di matrice costituzionale; in terzo luogo, il giudice dell’esecuzione ha effettuato valutazioni contrastanti con la motivazione della sentenza di appello che ha ritenuto modesta la somma pretesa e maldestre le modalità complessive dell’azione.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso Ł infondato.
A prescindere, infatti, dalla questione di diritto intertemporale che avrebbe dovuto condurre il giudice dell’esecuzione a rilevare a monte la inammissibilità dell’istanza – in quanto la sentenza della Corte Cost. n. 86 del 2024 Ł stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 15 maggio 2024, e quindi ex art. 136, comma 1, della Costituzione, era già in vigore prima che la sentenza di condanna divenisse irrevocabile, onerando l’imputato, con il rapporto processuale ancora pendente, a far valere l’argomento con motivi aggiunti nel giudizio di cassazione, che sarebbero stati ritenuti ammissibili (v., sul punto, Sez. 2, n. 47610 del 22/10/2024, L., Rv. 287350 – 02) – l’unico motivo di ricorso Ł comunque infondato.
Il giudice dell’esecuzione ha, infatti, deciso nel merito l’istanza ritenendo che nel caso in esame non sussistessero i presupposti per il riconoscimento della attenuante speciale introdotta nel sistema dal giudice costituzionale.
Il ricorso attacca la decisione deducendo che la consistenza delle lesioni riportate dalla vittima della rapina non avrebbero dovuto entrare nella decisione, perchØ esse erano state già valutate dal giudice della cognizione nel momento in cui ha riconosciuto l’esistenza dell’attenuante dell’art. 62, n. 4, cod. pen., perchØ l’attenuante comune può essere concessa solo quando il danno complessivo, in esso ricompreso quello alla persona, sia tenue.
L’argomento Ł infondato. L’ordinanza impugnata non fa leva soltanto sulle lesioni riportate dalla vittima, ma effettuata una valutazione complessiva – che passa senz’altro anche dal riferimento alle lesioni che sono state conseguenza della rapina – ma considera pure le modalità dell’azione (commessa da piø persone), il luogo (in casa della vittima) ed il tempo della stessa (orario notturno), nonchØ l’utilità ed il valore affettivo delle cose rapinate, in conformità al tipo di giudizio richiesto dalla pronuncia della Corte Costituzionale che ha ritenuto che nella valutazione circa l’esistenza dell’attenuante debba farsi riferimento ‘alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità del danno o del pericolo’ (paragrafo 5.8. della sentenza).
Il ricorso deduce anche che l’ordinanza sarebbe illegittima perchØ la giurisprudenza di legittimità ammette la cumulabilità della valutazione effettuata ai fini dell’art. 62, n. 4, cod. pen. con quella da effettuare ai fini della attenuante di matrice costituzionale, ma l’argomento Ł infondato, perchØ la cumulabilità delle due valutazioni non esclude la possibile diversità degli esiti delle stesse, dovuta alla non completa sovrapponibilità tra i parametri di valutazione della esistenza dell’attenuante comune e dell’attenuante di matrice costituzionale, non completa sovrapponibilità che Ł essenziale per garantire razionalità al sistema penale ed evitare che al riconoscimento dell’attenuante comune dell’art. 62, n. 4, cod. consegua necessariamente anche quello della attenuante speciale della ‘lieve entità’.
Il ricorso deduce ancora che il giudice dell’esecuzione avrebbe effettuato valutazioni contrastanti con quelle del giudice della cognizione che ha ritenuto modesti i beni rapinati e maldestre le modalità complessive dell’azione, ma l’argomento Ł infondato, perchØ cita la motivazione della sentenza di condanna che regge la individuazione della pena base all’interno della forcella edittale (lo si comprende leggendo pagina 14 della sentenza di appello), motivazione che quindi non può essere riproposta tal quale in un giudizio circa la concessione di una attenuante.
Pur se ai fini della concessione di una attenuante possono essere valorizzate anche circostanze già tenute in considerazione nel momento in cui Ł stata individuata la pena base, il riconoscimento di una attenuante, infatti, proprio perchØ comporta la inflizione di una pena
inferiore ai limiti edittali, deve essere retto da una motivazione dal contenuto piø significativo rispetto a quello necessario per far attestare la pena nella parte bassa della forcella edittale; una stessa circostanza del fatto può essere sufficiente per giustificare la individuazione di una pena base vicina ai limiti edittali, ma può non essere sufficiente per giustificare la riduzione della pena sotto tali limiti.
Ne consegue che sotto questo punto di vista il parametro di comparazione usato dal ricorso per sostenere la difformità della valutazione effettuata dal giudice dell’esecuzione rispetto a quella del giudice della cognizione non Ł conferente, e l’argomento Ł infondato.
In definitiva, deve concludersi nel senso che l’ordinanza del giudice dell’esecuzione ha effettuato quella complessiva valutazione degli ‘indici dell’attenuante di lieve entità del fatto estemporaneità della condotta, scarsità dell’offesa personale alla vittima, esiguità del valore sottratto, assenza di profili organizzativi’ che ‘garantiscono che la riduzione della pena «sia riservata alle ipotesi di lesività davvero minima, per una condotta che pur sempre incide sulla libertà di autodeterminazione della persona», come si legge nella stessa sentenza della Corte Costituzionale che ha introdotto l’attenuante (paragrafo 5.9), e resiste, pertanto, alle censure che le sono state rivolte.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
COGNOME NOME