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Attenuante evasione: quando rientrare non basta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 19262/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per evasione. La Corte ha confermato che il semplice rientro nel luogo degli arresti domiciliari non è sufficiente per ottenere la concessione della speciale attenuante evasione prevista dall’art. 385, comma 4, c.p., poiché tale condotta non è equiparabile alla costituzione in carcere. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Evasione: Rientrare a Casa Non Basta per lo Sconto di Pena

Il reato di evasione, disciplinato dall’articolo 385 del Codice Penale, punisce chi, legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade. La legge prevede, tuttavia, una specifica circostanza attenuante per chi si costituisce volontariamente. Ma cosa succede se, invece di costituirsi in carcere, la persona fa semplicemente rientro al proprio domicilio dove era sottoposta agli arresti? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 19262 del 2024, offre un chiarimento decisivo sulla questione della cosiddetta attenuante evasione, stabilendo che non ogni forma di cessazione della condotta illecita merita uno sconto di pena.

I Fatti del Caso Giudiziario

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per il reato di evasione. La sua difesa contestava la decisione della Corte d’Appello di non concedere la circostanza attenuante prevista dal quarto comma dell’art. 385 c.p. La linea difensiva si basava sul fatto che l’imputato, dopo essersi allontanato, aveva fatto spontaneamente ritorno presso il luogo degli arresti domiciliari. Secondo il ricorrente, tale comportamento avrebbe dovuto essere valutato positivamente e ricondotto nell’alveo della norma premiale.

La Decisione della Corte di Cassazione sull’Attenuante Evasione

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse una mera riproposizione di una doglianza già esaminata e correttamente disattesa dalla Corte d’Appello. La decisione conferma, quindi, la linea interpretativa rigorosa sulla concessione dell’attenuante evasione. Per la Cassazione, non vi sono dubbi: il comportamento del ricorrente non era sufficiente a integrare i presupposti della norma.

Le Motivazioni della Sentenza

Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione della condotta richiesta per l’applicazione dell’attenuante. La Corte d’Appello, con una motivazione definita “corretta e congrua” dalla Cassazione, aveva già stabilito che la condotta del ricorrente – limitatasi a rientrare presso il luogo degli arresti domiciliari – non fosse idonea a integrare l’attenuante.
Il punto cruciale è che la norma premia un comportamento assimilabile alla “costituzione in carcere”. Questo implica un atto attivo di sottomissione all’autorità giudiziaria, una chiara manifestazione di volontà di ripristinare la legalità violata. Il semplice rientro a casa, al contrario, viene visto come un comportamento passivo, non equiparabile a un atto di consegna spontanea alle forze dell’ordine o presso un istituto penitenziario. La condotta dell’imputato, pertanto, non dimostrava quel ravvedimento attivo che il legislatore ha inteso premiare con una riduzione di pena.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per beneficiare dello sconto di pena previsto per il reato di evasione, non è sufficiente interrompere la condotta illecita. È necessario un “quid pluris”, un comportamento proattivo che dimostri la volontà del soggetto di mettersi a disposizione della giustizia. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che l’interpretazione della norma sull’attenuante evasione è restrittiva e non ammette estensioni a comportamenti ambigui o non pienamente collaborativi. La decisione comporta, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a riprova della manifesta infondatezza del ricorso.

Per ottenere l’attenuante per il reato di evasione, è sufficiente rientrare nel luogo degli arresti domiciliari?
No, secondo l’ordinanza, il semplice rientro nel luogo degli arresti domiciliari non è una condotta idonea a integrare la circostanza attenuante speciale, in quanto non è assimilabile alla costituzione in carcere.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché riproponeva una censura già correttamente esaminata e respinta dal giudice di merito, con motivazioni ritenute dalla Cassazione corrette e congrue.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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