Attenuante Evasione: Perché Tornare a Casa Non È Sufficiente?
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di evasione dagli arresti domiciliari, chiarendo in modo definitivo i limiti e le condizioni per l’applicazione di alcune tutele legali, come la non punibilità per tenuità del fatto e la specifica attenuante evasione prevista per chi si pente. La decisione sottolinea come la gravità del fatto e le modalità del rientro siano elementi cruciali per la valutazione del giudice, offrendo spunti fondamentali sulla corretta interpretazione della legge.
I Fatti del Caso e i Motivi del Ricorso
Un individuo, sottoposto alla misura della custodia cautelare presso la propria abitazione, veniva condannato per il reato di evasione. Contro la sentenza della Corte d’Appello, proponeva ricorso in Cassazione basato su tre distinti motivi:
1. Mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): La difesa sosteneva che l’allontanamento, essendo stato di breve durata, dovesse essere considerato di minima offensività.
2. Mancato riconoscimento dell’attenuante speciale (art. 385, quarto comma, c.p.): Si contestava il diniego dell’attenuante prevista per chi rientra spontaneamente, nonostante il ricorrente fosse tornato da solo presso l’abitazione.
3. Mancato riconoscimento della continuazione: La difesa chiedeva che il reato di evasione fosse considerato in continuazione con quello per cui era stata originariamente disposta la misura cautelare, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole.
L’Analisi della Corte: I Limiti dell’Attenuante Evasione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive con motivazioni precise e radicate nella giurisprudenza consolidata. Vediamo nel dettaglio perché ogni motivo è stato rigettato.
La Gravità del Fatto e l’Esclusione della Tenuità
Il primo motivo è stato considerato una semplice riproposizione di una questione già correttamente decisa dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno confermato che la valutazione sulla gravità del fatto non può basarsi solo sulla durata dell’allontanamento. L’evasione dagli arresti domiciliari costituisce una violazione di un provvedimento giudiziario, e la sua gravità intrinseca è stata ritenuta sufficiente per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Requisiti Rigorosi per l’Attenuante del Rientro Spontaneo
Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo, manifestamente infondato. La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale pacifico: per beneficiare dell’attenuante evasione prevista dall’art. 385 c.p., non è sufficiente che l’evaso rientri spontaneamente presso l’abitazione in cui era detenuto. La norma richiede un comportamento attivo che dimostri una reale volontà di sottomettersi nuovamente alla giustizia. È indispensabile, infatti, che il soggetto si presenti presso un istituto carcerario o si consegni a un’autorità (come Polizia o Carabinieri) che abbia l’obbligo di tradurlo in carcere. Il semplice ritorno a casa è considerato inidoneo a integrare la circostanza attenuante.
L’Autonoma Deliberazione dell’Evasione
Anche il terzo motivo, relativo alla continuazione, è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la decisione di evadere fosse il frutto di una deliberazione autonoma e successiva rispetto al reato per cui era stata applicata la misura cautelare. Non è stato ravvisato quel ‘medesimo disegno criminoso’ che costituisce il presupposto indispensabile per l’applicazione dell’istituto della continuazione. La valutazione, essendo di fatto, non era sindacabile in sede di legittimità.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la declaratoria di inammissibilità evidenziando come i motivi del ricorso fossero riproduttivi di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte territoriale. In particolare, per quanto riguarda la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte d’Appello aveva già fornito una risposta adeguata, basata sulla determinante gravità del fatto. Sul punto cruciale dell’attenuante di cui all’art. 385 c.p., la Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata (citando la sentenza n. 4957/2015), che interpreta in modo rigoroso la norma, escludendo che il semplice rientro nell’abitazione dei domiciliari possa integrare la condotta richiesta. Infine, la decisione sulla continuazione è stata qualificata come una valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità, poiché basata sulla constatazione di un’autonoma deliberazione criminosa. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende è stata la logica conseguenza dell’inammissibilità del ricorso.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma la linea rigorosa della giurisprudenza in materia di evasione. Le conclusioni pratiche sono chiare: la non punibilità per tenuità del fatto è difficilmente applicabile a un reato che offende l’autorità di una decisione giudiziaria. Soprattutto, viene ribadito che l’attenuante evasione per rientro spontaneo è subordinata a condizioni precise: non basta pentirsi e tornare sui propri passi, ma è necessario un atto formale di consegna all’autorità. Questa interpretazione mira a scoraggiare comportamenti elusivi e a garantire il pieno rispetto delle misure restrittive della libertà personale.
È sufficiente allontanarsi per poco tempo da casa per escludere il reato di evasione per particolare tenuità del fatto?
No. Secondo la Corte, la gravità del fatto, che consiste nella violazione di un provvedimento giudiziario, può essere considerata determinante e sufficiente per escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità, a prescindere dalla breve durata dell’allontanamento.
Per ottenere l’attenuante del rientro spontaneo, basta tornare all’abitazione dove si è ai domiciliari?
No. La giurisprudenza costante, confermata in questa ordinanza, stabilisce che per beneficiare dell’attenuante non è sufficiente il mero rientro spontaneo presso l’abitazione. È invece indispensabile presentarsi presso un istituto carcerario o consegnarsi a un’autorità che abbia l’obbligo di tradurre il soggetto in carcere.
Quando può essere riconosciuta la “continuazione” tra il reato di evasione e quello per cui si era ai domiciliari?
La continuazione può essere riconosciuta solo se si dimostra che entrambi i reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In questo caso, la Corte ha escluso tale possibilità, ritenendo che il delitto di evasione fosse stato commesso con un’autonoma deliberazione, distinta da quella del reato precedente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44601 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44601 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILAZZO il 13/12/1977
avverso la sentenza del 26/05/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui si censura la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. è riproduttivo di identica questione formulata i di gravame a cui la Corte territoriale ha fornito corretta risposta facendo leva s determinante gravità del fatto e confutando la circostanza che il ricorrente si fosse allontan per un breve lasso di tempo dall’abitazione ove era in stato di custodia cautelare;
rilevato che manifestamente infondato risulta il secondo motivo con cui si censura il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al quarto comma dell’art. 385 cod. pen. che per giurisprudenza pacifica non ricorre allorché l’evaso rientri spontaneamente presso l’abitazion ove era custodito, essendo invece indispensabile che si presenti presso un istituto carcerario si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere (Sez. 6, n. 4957 21/10/2014, dep. 2015, Comandatore, Rv. 262154);
rilevato che analogo limite incontra il terzo motivo, avendo la Corte di appello forni giuridicamente corretta risposta allorché ha ritenuto che la continuazione non potesse essere riconosciuta avendo rilevato che il delitto contestato fosse stato commesso con autonoma deliberazione risetto a quello in ordine al quale si invocata la applicazione del citato ist valutazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/10/2024.