Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23788 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Torre dei Greco (NA) il 12/05/1979
avverso la sentenza del 14/01/2025 della Corte di appello di Napoli;
visti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni dei difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che ha insistito per raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la condanna di NOME COGNOME per evasione, negandole il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen., nonostante ella, dopo essersi allontanata dal luogo di detenzione domiciliare, si fosse spontaneamente presentata presso la stazione dei Carabinieri competente per i controlli, chiedendo di mutare il luogo di detenzione.
Con il suo ricorso, per lei proposto dal suo difensore, l’imputata censura tale punto della decisione, per violazione di legge ed illogicità della motivazione.
Secondo la Corte d’appello, il primo giudice avrebbe tenuto in considerazione tale comportamento nel riconoscerle le circostanze attenuanti generiche, altrimenti immotivate, sicché esso non potrebbe essere valorizzato in funzione di ulteriore attenuazione della pena.
Obietta la difesa ricorrente, per un verso, che, in realtà, la sentenza di primo grado non ha tenuto conto di tale aspetto, giustificando il riconoscimento delle attenuanti generiche piuttosto con il buon comportamento processuale dell’imputata e per le motivazioni della sua condotta, determinata dall’intollerabilità della convivenza con i suoi familiari.
In secondo luogo, rileva che è indimostrato, e comunque irrilevante, il fatto che ella si sia presentata ai carabinieri con il proposito di ottenere soltanto il mutamento del luogo di detenzione domiciliare e non di farsi tradurre in carcere: il riconoscimento dell’invocata attenuante speciale, infatti, trova la sua ragione giustificatrice nell’esonero delle forze di polizia dall’attività di ricerca dell’evaso costituendo determinazione rimessa esclusivamente a tale autorità quella della conseguente traduzione in carcere e rimanendo, perciò, ininfluente l’eventuale diversa intenzione del reo.
La Procura generale ha depositato la propria requisitoria scritta, chiedendo di rigettare il ricorso.
La difesa ricorrente ha trasmesso le proprie conclusioni scritte, insistendo per l’accoglimento del ricorso e ribadendone le argomentazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
L’attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen., prevista per l’evaso che si costituisca in carcere prima della condanna, è applicabile anche nell’ipotesi di evasione dagli arresti domiciliari, ai sensi del combinato disposto dell’art. 47-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, a condizione che, però, la costituzione in carcere prima della condanna, o la consegna ad un’autorità che abbia l’obbligo di provvedere alla traduzione in carcere, costituiscano espressione di ammissione dell’infrazione da parte dell’evaso e della sua volontà di elidere le conseguenze del reato (Sez. 6, n. 1777 del 16/10/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223320).
Diversamente da quel che deduce la difesa ricorrente, non è sufficiente che l’evaso “neutralizzi” la violazione commessa, rendendosi nuovamente rintracciabile
e, quindi, esonerando le forze di polizia dall’attività di ricerca. Tanto si evince, del resto, anche dalla costante giurisprudenza di questa Corte che nega l’applicazione
dell’attenuante in questione nel caso in cui la persona evasa dalla restrizione domiciliare rientri spontaneamente nel luogo di esecuzione della misura da cui si
era temporaneamente allontanata (così, tra moltissime altre, Sez. 6, n. 1560 del
27/10/2020, dep. 2021, Monticciolo, Rv. 280479).
Indipendentemente, allora, dal fatto che detta condotta della COGNOME sia stata o meno tenuta in considerazione dal primo giudice per il riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche e prescindendo dalla possibilità o meno di una
“duplicazione” di valutazione a fini di attenuazione di pena, mancano i presupposti per il riconoscimento della fattispecie, dovendo perciò il ricorso essere respinto,
3. Al rigetto dell’impugnazione segue l’obbligo per la proponente di sopportarne le spese (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 maggio 2025.