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Attenuante della provocazione e rissa: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21130/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per tentato omicidio. L’imputato sosteneva di aver agito in preda a uno ‘stato d’ira’ dopo aver ricevuto un pugno, ma la Corte ha negato l’attenuante della provocazione. La decisione si fonda sul principio che, in un contesto di aggressioni reciproche e contrasti pregressi, non è possibile isolare un singolo fatto ingiusto come causa scatenante, escludendo così l’applicazione della suddetta attenuante.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante della Provocazione: Non si Applica in Caso di Rissa

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 21130 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i limiti di applicabilità dell’attenuante della provocazione. La pronuncia chiarisce che, in un contesto di reciproche aggressioni, questa circostanza non può essere riconosciuta, poiché viene a mancare il nesso causale tra un singolo ‘fatto ingiusto’ e la reazione violenta. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni dei giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria trae origine da una violenta lite avvenuta in ore notturne all’interno di un appartamento condiviso da alcuni richiedenti asilo. Durante l’alterco, uno dei due contendenti colpiva l’altro con un pugno al volto, causandogli la frattura del setto nasale. Quest’ultimo, a sua volta, reagiva colpendo l’aggressore alla zona toracica con un coltello, in un’azione qualificata dai giudici come tentato omicidio.

Sia in primo grado che in appello, l’imputato veniva condannato a quattro anni di reclusione. I giudici di merito, pur riconoscendo le circostanze attenuanti generiche, negavano fermamente la concessione dell’attenuante della provocazione, richiesta dalla difesa sulla base del pugno ricevuto.

L’Attenuante della Provocazione nel Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: l’errata applicazione della legge penale in merito al diniego dell’attenuante della provocazione. Secondo il ricorrente, il forte pugno ricevuto avrebbe determinato un mutamento dello scenario, da verbale a fisico, scatenando uno ‘stato d’ira’ che avrebbe giustificato la reazione, pur sproporzionata. La difesa sosteneva che la reazione fosse stata immediata e direttamente conseguente all’ingiusta aggressione subita.

Inoltre, il ricorso lamentava una pena sproporzionata rispetto al contesto complessivo in cui il fatto era maturato, un contesto di evidente tensione e scontro fisico reciproco.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando la linea dei giudici di merito. Il ragionamento della Corte si fonda su un principio di diritto consolidato: l’attenuante della provocazione non è configurabile quando vi è una situazione di reciproche aggressioni e ripicche.

I giudici hanno spiegato che per applicare l’attenuante è necessario che lo ‘stato d’ira’ sia la conseguenza diretta e immediata di un fatto ingiusto altrui specifico e identificabile. Nel caso di specie, invece, la situazione era quella di una contesa caratterizzata da offese e violenze reciproche. In un simile contesto, diventa impossibile attribuire a una delle parti il ruolo di ‘provocatore’ e all’altra quello di ‘provocato’, poiché entrambi i soggetti contribuiscono attivamente alla dinamica conflittuale. Il pugno, sebbene un atto di violenza, non è stato visto come un evento isolato, ma come un episodio all’interno di una più ampia e reciproca ostilità.

La Corte ha ribadito che, nonostante i due contendenti fossero stati inizialmente divisi, l’imputato aveva ripreso le ostilità colpendo violentemente con un’arma. Questo comportamento interrompe il nesso di immediatezza richiesto per la provocazione e dimostra una volontà autonoma di proseguire lo scontro. Per quanto riguarda la pena, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello congrua, sottolineando che le attenuanti generiche avevano già tenuto conto delle condizioni personali dell’imputato, mentre la pena base era stata correttamente commisurata alla gravità oggettiva del fatto (un tentato omicidio).

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un importante principio giuridico: la provocazione non può essere invocata come ‘scudo’ in contesti di risse o liti caratterizzate da violenza reciproca. L’ordinamento giuridico richiede, per la concessione dello sconto di pena, una chiara distinzione tra l’azione ingiusta di una parte e la reazione immediata e passionale dell’altra. Quando questa distinzione si offusca in una spirale di violenza condivisa, l’attenuante della provocazione non trova spazio di applicazione. La decisione serve da monito: partecipare a uno scontro fisico espone al rischio di essere considerati pienamente responsabili delle proprie azioni, senza poter beneficiare di circostanze che ne attenuino la gravità.

In un litigio con aggressioni da entrambe le parti, si può invocare l’attenuante della provocazione?
No, secondo la sentenza, quando esiste una situazione di aggressioni reciproche e contrasti pregressi, non è configurabile l’attenuante della provocazione. Questo perché non è possibile attribuire a una sola delle parti uno specifico fatto ingiusto come causa immediata della reazione dell’altra.

Cosa si intende per ‘aggressioni reciproche’ in questo contesto?
Per ‘aggressioni reciproche’ si intende una contesa caratterizzata da offese e violenze provenienti da entrambe le parti, in cui entrambi i contendenti contribuiscono attivamente alla dinamica dello scontro. In tale scenario, non c’è una netta distinzione tra chi provoca e chi reagisce.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte ha stabilito che i motivi del ricorso miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e che l’applicazione dei principi di diritto da parte dei giudici di merito era stata corretta e coerente con la giurisprudenza consolidata in materia di provocazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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