Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31463 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31463 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale monocratico di Palermo di condanna per il reato di furto pluriaggravato;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia illogicità contraddittorietà della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di furto pluriaggravato – il secondo motivo del ricorso – con cui il ricorrent denunzia erronea applicazione della legge penale, nonché mancanza di motivazione, quanto alla contestazione e al riconoscimento della recidiva- e il terzo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale ed illogicità della motivazione in merito alla mancata concessione della circostanza attenuante ex art. 62 n. 4 cod. pen. – sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito (rispettivamente a alle pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata), dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Considerato, in particolare, che il ricorso reitera la doglianza circa la riferibil soggettiva del fatto all’imputato, benché la sentenza impugnata abbia valorizzato sia la sua presenza sul posto al momento del controllo, sia la circostanza che l’imputato aveva dichiarato proprio in quel domicilio il luogo dove avrebbero trovato esecuzione gli arresti donniciliari per altro;
Considerato, quanto alla recidiva, che il suo riconoscimento, a dispetto di quanto asserisce il ricorrente, è correttamente passato attraverso una valutazione sia dei precedenti che del rapporto dei medesimi con il reato sub iudice;
Rilevato, in ordine all’attenuante di cui all’art. 62, n. 4) cod. pen., che la Corte appello ha chiarito che il calcolo dei consumi aveva individuato un danno per la persona offesa di oltre 545 euro e che la circostanza agitata nel ricorso, quanto alla capacità economica dell’RAGIONE_SOCIALE, non è un’argomentazione conferente, tenuto conto della condivisibile giurisprudenza di legittimità in materia (Sez. 5, n. 34310 del 19/01/2015, Di Munno, Rv. 265669), secondo cui «Ai fini della concessione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen. può rilevare anche il criterio sussidiario del riferimento al condizioni economiche del soggetto passivo, ma solo quando il danno, pur essendo di speciale tenuità oggettiva, possa rappresentare un pregiudizio per la persona offesa, in ragione delle sue disagiate condizioni economiche»; in motivazione il criterio è meglio esplicitato: «Va anche rilevato che la speciale tenuità deve essere valutata oggettivamente, in relazione al valore della cosa, rapportato al livello economico medio
della comunità, mentre il riferimento alle condizioni economiche del soggetto passivo costituisce criterio puramente sussidiario, che può esercitare influenza negativa, nel senso che, pur essendo il danno di speciale tenuità, può aver provocato un danno notevole alla vittima, in condizioni economiche particolarmente disagiate (sez. 4 n. 6057 cit.). Questo specifico orientamento sull’oggettività della valutazione del danno è stato ribadito da questa corte, nel senso che il criterio sussidiario del riferimento alle condizion economiche del soggetto passivo può rilevare solo in pregiudizio all’imputato, quando il danno, pur essendo di speciale tenuità oggettiva, possa costituire un danno per la vittima, attese le sue disagiate condizioni economiche (Sez. 5, n. 20729 de/ 24.3.2010, rv 247475)». Ne consegue che le condizioni economiche della persona offesa non rappresentano un criterio concorrente da valutare, ma vanno prese in considerazione solo quando, assodata l’esiguità oggettiva del danno, quest’ultima va, tuttavia, ulteriormente scrutinata riguardando le eventuali situazioni soggettive di impossidenza della persona offesa, che possono indurre a ridimensionare il giudizio di esiguità già svolto; questa interpretazione trova ulteriore conferma in Sez. 2, n. 2993 del 01/10/2015, dep. 2016, Sciuto, Rv. 265820, laddove, in motivazione, si legge che la condizione economica della persona offesa costituisce un «valore sussidiario e viene in considerazione soltanto quando il primo, da solo, non appare decisivo o quando la perdita del bene, nonostante il modesto valore dello stesso, può rappresentare, in relazione alle condizioni particolarmente disagiate della persona offesa, un pregiudizio non trascurabile e quindi tale da escludere l’applicabilità dell’attenuante (v. Cass. sez.2 21/01/1992 n. 2001 P.M., in Ced Cass. Rv 189163)»,
Rilevato che il quarto motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione di legge e mancanza della motivazione in riferimento all’erroneo giudizio di equivalenza tra circostanza eterogenee – è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di un motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta (pag. 3 sentenza impugnata), non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato; d’altra parte, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tr opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi finanche quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245930; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende; Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.