L’Attenuante del Danno Lieve: Non Basta un Valore Basso per Ottenerla
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigidi confini per l’applicazione dell’attenuante danno lieve, specialmente nel contesto dei reati contro il patrimonio come il furto. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere come i giudici valutano l’entità del danno e quale peso abbiano i precedenti penali dell’imputato. La decisione chiarisce che un valore di 200 euro, sebbene non elevato, non è automaticamente considerato ‘irrisorio’ ai fini della concessione di uno sconto di pena.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di una persona condannata in primo e secondo grado per il reato di tentato furto. La ricorrente contestava la decisione della Corte d’Appello su due punti principali: la mancata concessione dell’attenuante per il danno patrimoniale di speciale tenuità, previsto dall’articolo 62, n. 4, del codice penale, e il riconoscimento della recidiva.
La difesa sosteneva che il valore della merce oggetto del tentato furto fosse sufficientemente basso da giustificare una pena più mite. Inoltre, contestava la valutazione dei giudici riguardo alla sua pericolosità sociale, che aveva portato a confermare l’aggravante della recidiva.
La Valutazione della Cassazione sull’Attenuante Danno Lieve
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondate le censure sollevate. Per quanto riguarda l’attenuante danno lieve, i giudici supremi hanno sottolineato che la motivazione della Corte d’Appello era completa e giuridicamente corretta. I giudici di merito avevano evidenziato che l’oggetto del tentato furto era merce per un valore di circa 200 euro.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, per applicare questa attenuante non è sufficiente un danno modesto, ma è necessario che sia ‘irrisorio’ o ‘lievissimo’. Un valore di 200 euro, secondo la Corte, non rientra in questa categoria. Le argomentazioni della ricorrente sono state quindi liquidate come ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero tentativi di rimettere in discussione l’accertamento dei fatti, attività preclusa nel giudizio di Cassazione, che si limita a un controllo sulla corretta applicazione della legge.
La Pericolosità Sociale e i Precedenti Penali
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al riconoscimento della recidiva, è stato respinto. La Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente desunto l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputata dai suoi numerosi e specifici precedenti penali. La condotta criminosa, dunque, non era un episodio isolato, ma si inseriva in un contesto che rivelava una spiccata tendenza a delinquere, giustificando un trattamento sanzionatorio più severo.
Le Motivazioni
La decisione della Corte di Cassazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, la valutazione del giudice di merito sull’entità del danno è insindacabile in sede di legittimità se, come in questo caso, è supportata da una motivazione logica e coerente con i principi giuridici. La Corte ha ribadito che il concetto di ‘danno di speciale tenuità’ ha una portata molto ristretta e non può essere esteso a qualsiasi danno di valore contenuto. In secondo luogo, la valutazione della pericolosità sociale, basata su elementi oggettivi come i precedenti penali, è un fattore determinante per il trattamento sanzionatorio, inclusa la conferma della recidiva.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’accesso ai benefici di legge, come l’attenuante per danno lieve, non è automatico ma soggetto a una rigorosa valutazione da parte del giudice. Il valore economico del bene sottratto è solo uno degli elementi, e importi come 200 euro possono essere ritenuti sufficienti a escludere l’attenuante. Questa decisione serve da monito, evidenziando come il percorso criminale di un individuo, attestato dai precedenti, abbia un peso decisivo nel determinare la severità della risposta sanzionatoria dello Stato.
Un furto di merce del valore di 200 euro può beneficiare dell’attenuante del danno di lieve entità?
No, secondo la Corte di Cassazione, un valore di circa 200 euro non può essere considerato di entità irrisoria, requisito richiesto dalla giurisprudenza per l’applicazione di tale attenuante.
Perché il ricorso dell’imputata è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate, in particolare quelle sulla mancata concessione dell’attenuante, sono state ritenute ‘mere doglianze in punto di fatto’ e ripropositive di questioni già correttamente decise dalla Corte d’Appello con motivazioni adeguate.
Come hanno influito i precedenti penali dell’imputata sulla decisione?
I molteplici precedenti penali specifici dell’imputata sono stati considerati dalla Corte di merito come prova di un’accresciuta pericolosità sociale, giustificando così la valutazione sulla recidiva e la decisione di non applicare un trattamento sanzionatorio più mite.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23805 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23805 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME, ritenuta responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di tentato furto.
Rilevato che la ricorrente lamenta vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. ed al riconoscimento della contestata recidiva.
Vista la memoria difensiva.
Considerato che la sentenza impugnata è assistita da conferente motivazione sotto ogni profilo dedotto dal ricorrente.
Ritenuto che i rilievi riguardanti la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, riproduttive di profili d censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrette argomentazioni giuridiche (si veda, in particolare, quanto argomentato dalla Corte territoriale nel motivare il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4, c.p., laddove evidenzi come il tentativo abbia avuto ad oggetto merce del valore di circa 200 euro, valore che non può essere considerato di entità irrisoria come richiesto dalla costante giurisprudenza di legittimità ai fini dell’applicazione della invocata attenuante).
Considerato che la sentenza impugnata è immune dalle censure sollevate nel secondo motivo di ricorso, avendo la Corte di merito evidenziato l’idoneità della condotta criminosa per cui si procede a rivelare l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputata in ragione dei molteplici precedenti penali specifici annoverati.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Presidente