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Attenuante danno lieve: No se la droga è tanta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. L’imputato chiedeva l’applicazione dell’attenuante del danno lieve. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, negando l’attenuante data l’ingente quantità di stupefacente (260 dosi), ritenuta incompatibile con un danno di speciale tenuità.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Danno Lieve e Spaccio: Quando la Quantità Conta

L’applicazione dell’attenuante danno lieve, prevista dall’articolo 62, n. 4 del codice penale, rappresenta un punto cruciale in molti processi per reati contro il patrimonio e, per estensione, in alcuni casi di spaccio di sostanze stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 36691 del 2024, torna a fare chiarezza sui limiti di applicabilità di tale circostanza, sottolineando come la quantità dello stupefacente sia un fattore determinante. Il caso in esame offre uno spunto di riflessione fondamentale su come i giudici di merito debbano valutare la ‘speciale tenuità’ del danno.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di spaccio di lieve entità, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. L’imputato, oltre ad aver ceduto una dose di hashish, era stato trovato in possesso di un quantitativo della medesima sostanza dal quale si sarebbero potute ricavare ben 260 dosi medie giornaliere. La difesa aveva richiesto, sia in appello che in Cassazione, il riconoscimento dell’attenuante comune del danno di particolare tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), sostenendo che la condotta non avesse generato un danno patrimoniale o un pericolo significativo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che le argomentazioni della difesa non costituissero una violazione di legge, ma si traducessero in ‘mere doglianze in punto di fatto’. In altre parole, il ricorrente chiedeva alla Cassazione di effettuare una nuova valutazione dei fatti, un’operazione che esula dalle competenze del giudice di legittimità. La Corte ha quindi confermato la validità della motivazione della Corte d’Appello, che aveva negato l’attenuante.

Le Motivazioni: la valutazione dell’attenuante danno lieve

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte di Cassazione convalida il ragionamento del giudice di merito. La Corte territoriale aveva correttamente escluso l’attenuante danno lieve basandosi su un elemento oggettivo e inequivocabile: l’ingente quantitativo di sostanza stupefacente. Secondo i giudici, la possibilità di ricavare 260 dosi medie giornaliere è un dato che, logicamente, porta a due conclusioni:

1. Il lucro perseguito: Un tale quantitativo non è compatibile con un’attività occasionale o di modesto rilievo, ma indica un chiaro fine di lucro di una certa consistenza.
2. Il pericolo insito nella condotta: La potenziale diffusione di un numero così elevato di dosi sul mercato rappresenta un pericolo sociale che non può essere considerato di ‘speciale tenuità’.

La Cassazione, quindi, ribadisce un principio consolidato: la valutazione per la concessione dell’attenuante in questione non può prescindere da un’analisi complessiva della condotta e delle sue conseguenze. Il numero di dosi ricavabili diventa un indice fondamentale per misurare sia il profitto illecito che la pericolosità dell’azione, rendendo di fatto impossibile applicare l’attenuante in presenza di quantitativi significativi.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: nel contesto dei reati di droga, la quantità della sostanza sequestrata è un fattore quasi dirimente per escludere l’attenuante del danno di speciale tenuità. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente appellarsi a principi generali, ma è necessario dimostrare, con elementi concreti, che sia il danno patrimoniale (il lucro) sia il pericolo per la collettività siano effettivamente minimi. Questa pronuncia serve da monito, ricordando che il giudizio di legittimità non può essere utilizzato per rimettere in discussione l’apprezzamento dei fatti operato dai giudici di merito, se la loro motivazione è logica, coerente e giuridicamente corretta.

È possibile ottenere l’attenuante del danno lieve se si viene trovati in possesso di una grande quantità di droga?
No, secondo questa ordinanza, il possesso di un quantitativo di sostanza stupefacente da cui è possibile ricavare un numero elevato di dosi (in questo caso 260) è incompatibile con la concessione dell’attenuante del danno lieve, in quanto indica un lucro e un pericolo non di speciale tenuità.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto che le critiche del ricorrente non riguardassero una violazione di legge, ma fossero delle ‘mere doglianze in punto di fatto’, cioè un tentativo di far riesaminare alla Corte i fatti del processo, cosa che non è permessa in sede di legittimità.

Quale elemento ha considerato decisivo il giudice per negare l’attenuante?
L’elemento decisivo è stato il quantitativo della sostanza stupefacente. La Corte ha evidenziato che la possibilità di ricavare 260 dosi medie giornaliere dimostra un livello di profitto e pericolosità della condotta che non può essere considerato ‘di speciale tenuità’, giustificando così il diniego dell’attenuante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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