Attenuante Collaborazione: Se le Dichiarazioni Non Sono Utilizzabili, Nessun Sconto di Pena
L’ordinanza in esame affronta un tema cruciale nel diritto penale: i requisiti per l’applicazione dell’attenuante collaborazione. La Corte di Cassazione chiarisce che non basta ‘parlare’ per ottenere uno sconto di pena; il contributo offerto deve essere concreto, significativo e, soprattutto, processualmente utilizzabile. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti di Causa
Il caso origina da una condanna per furto aggravato. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, riducendo la pena ma negando all’imputato l’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista dall’art. 625-bis del codice penale. Questa norma prevede una significativa riduzione di pena per chi collabora efficacemente con la giustizia per individuare i complici o recuperare la refurtiva.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando proprio il mancato riconoscimento di tale beneficio. La difesa sosteneva che l’imputato avesse reso dichiarazioni alla polizia giudiziaria, utili all’identificazione di un presunto complice, e che questo dovesse bastare per integrare l’attenuante.
Il Ricorso e la Tesi Difensiva sull’Attenuante Collaborazione
Il cuore del ricorso si basava su un’interpretazione estensiva del concetto di collaborazione. Secondo la difesa, le dichiarazioni rese alla polizia, anche se poi ritenute processualmente inutilizzabili dal giudice, costituivano comunque un tentativo di collaborazione meritevole di essere premiato con l’attenuante. A sostegno di questa tesi, veniva citato un precedente della Suprema Corte (sentenza n. 46069/2022), secondo cui l’utilità del contributo va valutata a prescindere dall’esito del giudizio a carico dei complici.
In sostanza, la domanda posta alla Corte era: un contributo collaborativo, seppur formalmente viziato e inutilizzabile ai fini della prova, può comunque far scattare la riduzione di pena?
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, fornendo una motivazione chiara e rigorosa. Gli Ermellini hanno ribadito che l’attenuante collaborazione richiede un ‘contributo collaborativo significativo’. Questo significa che l’apporto dell’imputato deve essere concreto e avere una reale utilità per le indagini.
Nel caso di specie, il presunto contributo si era limitato a dichiarazioni riportate in una semplice ‘annotazione di polizia giudiziaria’. Fatto ancora più decisivo, l’imputato non aveva mai confermato tali dichiarazioni durante la successiva verbalizzazione formale, un atto che richiede la sottoscrizione del dichiarante.
Questa circostanza, secondo la Corte, ha reso le dichiarazioni del tutto inutilizzabili sotto il profilo probatorio. Essendo inserite in un atto non sottoscritto e mai confermato, esse erano giuridicamente inesistenti come prova. Di conseguenza, il coimputato indicato in quelle dichiarazioni è stato assolto.
La Corte ha quindi concluso che non si può parlare di contributo collaborativo se l’apporto fornito è privo di qualsiasi valore probatorio. Il principio giurisprudenziale citato dalla difesa, per cui l’esito del processo ai complici è irrilevante, presuppone l’esistenza di un contributo effettivamente utilizzabile, anche se poi non porta a una condanna. Qui, invece, il contributo era inutilizzabile in radice, rendendo impossibile qualsiasi valutazione sulla sua utilità.
Le Conclusioni
La decisione della Cassazione traccia una linea netta: per beneficiare dell’attenuante collaborazione, non è sufficiente un mero ‘pour parler’ con le forze dell’ordine. La collaborazione deve essere fornita attraverso canali processualmente validi, che la rendano utilizzabile nel giudizio. Dichiarazioni informali, non verbalizzate e non sottoscritte, non costituiscono un contributo apprezzabile ai fini della riduzione di pena. Questa pronuncia riafferma l’importanza della formalità e del valore probatorio degli atti nel processo penale, sottolineando che i benefici premiali sono riservati a chi offre un aiuto concreto e giuridicamente spendibile alla giustizia.
Fornire semplici dichiarazioni alla polizia giudiziaria è sufficiente per ottenere l’attenuante della collaborazione?
No. Secondo la Corte, il contributo deve essere significativo, concreto e soprattutto utilizzabile nel processo. Dichiarazioni non formalizzate in un verbale sottoscritto sono state ritenute prive di valore probatorio e quindi insufficienti per giustificare l’attenuante.
Se un complice indicato viene poi assolto, l’attenuante della collaborazione può essere comunque concessa?
La sentenza chiarisce che il principio per cui la concessione dell’attenuante non dipende dall’esito del processo a carico dei complici si applica solo quando il contributo fornito è effettivamente utilizzabile. Se il contributo è inutilizzabile fin dall’inizio, come in questo caso, l’attenuante non può essere concessa.
Cosa ha reso le dichiarazioni ‘inutilizzabili’ in questo caso specifico?
Nel caso esaminato, le dichiarazioni sono state ritenute inutilizzabili perché riportate in una semplice annotazione di polizia giudiziaria e l’imputato non le ha mai confermate in una verbalizzazione formale e sottoscritta. Questa mancanza di formalizzazione le ha private di ogni valore probatorio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33339 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33339 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il 15/06/1978
avverso la sentenza del 24/01/2025 della Corte d’appello di Roma
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 24 gennaio 2025, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Civitavecchia del 20 ottobre 2023, rideterminava la pena n confronti di COGNOME NOME in anni 3 mesi 4 di reclusione ed euro 800 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 624 bis comma 1 e 3 c.p., revocando l’interdizione leg applicando l’interdizione dai pubblici uffici per anni 5.
Avverso tale sentenza ricorre l’imputato, per il tramite del difensore, deducendo vizio motivazione ex art. 606 c.p.p. in relazione al secondo motivo dì appello concernent l’applicazione dell’art. 625 bis c.p. e alla manifesta illogicità della motivazione laddove e in radice l’applicabilità dell’attenuante quando il contributo collaborativo venga dich inutilizzabile dal giudice.
Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, pur dando atto che le dichiarazioni state effettivamente rese alla polizia giudiziaria e mai smentite, le ha ritenute inuti sotto il profilo probatorio, escludendo così l’applicazione dell’attenuante richiesta. In principio di cui alla sentenza n. 46069/2022 della Suprema Corte secondo cui il giudice deve apprezzare l’utilità e la concretezza del contributo collaborativo senza che la concessione de diminuente possa essere condizionata dall’esito del giudizio a carico dei complici.
Il primo ed unico motivo – con cui il ricorrente denunzia la mancata concession dell’attenuante di cui all’art. 625-bis cod. pen. – è manifestamente infondato in qu prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza d legittimità secondo cui ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante ad ef speciale di cui all’art. 625- bis cod. pen., il colpevole deve fornire un contributo colla significativo per l’individuazione dei complici del furto o dei responsabili della ricettazio cosa sottratta, la cui utilità e concretezza è rimessa al discrezionale apprezzamento del giud (Sez. 5, n. 13386 del 17/12/2020, dep.2021, COGNOME, Rv. 280850 – 01).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente rilevato che l’apporto conosci dell’appellante è risultato limitato ad alcune dichiarazioni riportate in un’annotazione di giudiziaria, che tuttavia il ricorrente non confermava al momento della verbalizzazione de operazioni. Tale circostanza determinava l’inutilizzabilità delle dichiarazioni, in quanto i in un atto non sottoscritto dal dichiarante, e la conseguente assoluzione del coimputato.
La Corte ha quindi legittimamente escluso la possibilità di applicare l’invocata attenuan non potendosi ravvisare, da parte dell’odierno ricorrente, alcun significativo apporto al dell’individuazione di altri soggetti coinvolti nell’azione criminosa.
Il principio richiamato dalla difesa non trova applicazione nella fattispecie, gi presuppone l’esistenza di un contributo effettivamente utilizzabile e non meramente enunciato in atti privi di valore probatorio.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2000), versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025