Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14018 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a Messina
avverso la sentenza del 21/02/2023 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la sentenza del Tribunale Palmi, che condannava COGNOME NOME, per il reato di coltivazione e detenzione a fini di spaccio di una piantagione di marijuana, alla pena di anni due e mesi dieci di reclusione, con applicazione delle pene accessorie del divieto di espatrio e del ritiro della patente di guida per anni uno.
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2.Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge per il diniego della circostanza attenuante di cui all’art.73, comma 7, d.P.R. 309/90.
Il ricorrente ha reso la massima collaborazione che poteva da lui pretendersi, essendo, con le sue dichiarazioni, stati accertati fatti diversi da quelli per i quali procedeva all’epoca in altro procedimento e che avevano consentito l’apertura del presente fascicolo. La Corte d’appello non tiene conto del fatto che, pur considerato il controllo che la polizia giudiziaria avrebbe operato in data antecedente, è solo grazie alle dichiarazioni rese dall’imputato che risultava possibile collegare la coltivazione di marijuana, oggetto del presente procedimento, all’essiccatoio artigianale oggetto del procedimento nel quale COGNOME, all’epoca dei fatti, rendeva dichiarazioni.
2,2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’applicazione delle sanzioni accessorie.
La Corte di appello si è limitata a evidenziare che la vastità della coltivazione in contestazione, oltre che i precedenti specifici dell’imputato, inducevano a ritenere che la stessa non avesse un carattere occasionale e fosse caratterizzata da una elevata organizzazione, indicativa della pronta immissione dello stupefacente in un mercato ben collaudato. Si tratta di una motivazione non attinente, poiché l’oggetto del giudizio doveva consistere nel verificare se, e in che termini, avuto riguardo alla specifica posizione di COGNOME, la sanzione del ritiro della patente e del divieto di espatrio potessero essere giustificate in relazione a puntuali note di pericolosità emerso nella sua condotta, tali da imporre l’applicazione delle sanzioni ulteriori a tutela, per l’appunto, delle esigenze dettate da precise circostanze.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.11 primo motivo propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità.
La Corte territoriale ha fatto buon governo del principio, affermato anche dalle Sezioni Unite, secondo il quale, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, non costituiscono presupposto idoneo per il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione prevista dal comma 7 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ammissioni o comportamenti non conducenti all’interruzione del circuito di distribuzione degli stupefacenti, ma limitati al rafforzamento del
quadro probatorio o al raggiungimento anticipato di positivi risultati di attività d indagine già in corso in quella direzione (Sez. U, n. 4 del 28/10/1998, dep. 1999, Barbagallo, Rv.212759).
Ciò posto, premesso che, per l’applicazione dell’attenuante del ravvedimento operoso di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. cit., il giudice è tenuto ad accertare l’utilità e la proficuità delle dichiarazioni collaborative rese dall’imputato, con un valutazione che non è suscettibile di censura in sede di legittimità, ove supportata da motivazione logica ed esaustiva (Sez. 4, n. 3946 del 19/0112021, Hamri, Rv. 280385), la sentenza impugnata ha escluso il riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 7, pur riducendo la pena, evidenziando che l’imputato aveva ammesso le proprie responsabilità in relazione ad elementi di fatto già accertati, allorquando anche la piantagione era stata già individuata.
3.11 secondo motivo è manifestamente infondato.
Occorre premettere che, in tema di reati concernenti le sostanze stupefacenti, la misura del ritiro della patente di guida, previsto dall’art. 35 d.P.R. cit., n presuppone necessariamente che l’autore di uno o più dei delitti di cui agli artt. 73, 74, 79 e 82 del d.P.R. cit. si sia servito di un’auto o di un motoveicolo per porre in essere l’attività criminosa, essendo unicamente volta a disincentivare lo stesso dalla reiterazione del reato (Sez. 3, n. 31917 del 17/05/2022, Busacca, Rv. 283444 – 01).
Deve, inoltre, osservarsi che, poiché le pene accessorie del ritiro della patente di guida e del divieto di espatrio, previste dall’art. 85 del d.P.R. cit., hanno natura facoltativa e non obbligatoria – per cui la loro irrogazione, in quanto discrezionale, richiede una specifica motivazione da parte del giudice (Sez. 3, n. 10081 del 21/11/2019, dep. 2020, Radoman, Rv. 278537 – 03) – nel caso in esame, la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato, confermando le pene accessorie con una motivazione che ha valorizzato la gravità del fatto e la pericolosità del soggetto, attestata dai precedenti specifici.
4.Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 gennaio 2024
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