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Attenuante collaborazione: quando non basta collaborare?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reati di droga, a cui era stata negata l’attenuante della collaborazione. L’imputato aveva fornito informazioni su fornitori e acquirenti, ma queste sono state giudicate troppo generiche e non idonee a produrre risultati investigativi concreti. La Corte ha ribadito che per ottenere il beneficio, non basta offrire informazioni, ma queste devono essere concretamente utili e proficue per le indagini.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Collaborazione: Quando le Informazioni non Bastano

L’attenuante collaborazione, prevista dall’articolo 73, comma 7, del Testo Unico sugli Stupefacenti, rappresenta un’importante opportunità per chi, coinvolto in reati di droga, decide di aiutare la giustizia. Tuttavia, non è sufficiente una semplice dichiarazione di intenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 8621 del 2024, chiarisce i confini applicativi di questo beneficio, sottolineando che le informazioni fornite devono essere concretamente utili e non meramente generiche. Analizziamo insieme il caso.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dall’arresto di un soggetto, avvenuto in seguito a un servizio di osservazione della polizia. Gli agenti avevano notato l’uomo mentre riceveva da un’altra persona una busta contenente tre involucri di marijuana. Successivamente, l’imputato veniva trovato in possesso di oltre un chilogrammo della stessa sostanza, suddivisa in due confezioni.

Condannato in primo grado con rito abbreviato, la sua pena veniva confermata anche dalla Corte di Appello. Il fulcro del suo ricorso in Cassazione verteva sul mancato riconoscimento dell’attenuante collaborazione. La difesa sosteneva che l’imputato avesse fornito agli inquirenti informazioni dettagliate: sull’identità del coimputato, su un fornitore svizzero (con descrizione fisica, modello di auto e numero di telefono), e su due acquirenti abituali, fornendo anche dettagli personali e riconoscimenti fotografici.

L’Applicazione dell’Attenuante Collaborazione secondo i Giudici

Nonostante le informazioni fornite, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano negato l’attenuante. Il motivo? Le indicazioni, sebbene apparentemente specifiche, si erano rivelate infruttuose. Non avevano portato a risultati investigativi concreti, né all’individuazione certa degli altri soggetti coinvolti. I giudici di merito hanno ritenuto che il mancato raggiungimento di un risultato dipendesse dall’inidoneità e dalla genericità delle informazioni stesse, e non da un’eventuale inerzia investigativa delle forze dell’ordine.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno ribadito un principio fondamentale: per il riconoscimento dell’attenuante collaborazione, non è sufficiente la mera offerta di informazioni. È necessario che queste siano oggettivamente idonee, in astratto, a impedire che l’attività delittuosa prosegua. Devono essere in grado di consentire l’individuazione e la neutralizzazione degli altri responsabili.

Il giudice ha il compito di valutare la portata, la concreta utilità e la proficuità delle dichiarazioni ai fini delle indagini. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che le indicazioni fornite dall’imputato fossero, appunto, troppo generiche. La difesa stessa, nell’atto di appello, aveva ammesso l’improduttività del contributo offerto. Di conseguenza, il diniego dell’attenuante è stato considerato logico e corretto, poiché le informazioni non possedevano la specificità necessaria per avviare approfondimenti investigativi proficui.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un concetto chiave: la collaborazione, per avere valore legale e tradursi in uno sconto di pena, deve essere efficace. L’imputato deve offrire un patrimonio di conoscenze che sia realmente utile a smantellare la rete criminale. Dichiarazioni vaghe, imprecise o che non portano a nessun risultato concreto non sono sufficienti a integrare i requisiti dell’attenuante speciale. La decisione sottolinea la discrezionalità del giudice nel valutare la qualità del contributo collaborativo, una valutazione che, se logicamente motivata, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

Per ottenere l’attenuante della collaborazione in reati di droga è sufficiente fornire informazioni alla polizia?
No, non è sufficiente la mera offerta di informazioni. La Corte di Cassazione ha chiarito che le informazioni devono essere oggettivamente idonee e concretamente utili a consentire il perseguimento di un risultato investigativo, come l’individuazione di altri responsabili o l’interruzione dell’attività criminale.

Perché nel caso esaminato l’attenuante non è stata concessa?
L’attenuante è stata negata perché le informazioni fornite dall’imputato sul fornitore e sugli acquirenti sono state ritenute troppo generiche e non dotate della specificità necessaria per condurre ad approfondimenti investigativi proficui. Non hanno infatti portato ad alcun risultato utile per le indagini.

Il mancato raggiungimento di risultati investigativi è sempre colpa dell’imputato che collabora?
Non necessariamente, ma la sentenza chiarisce che il giudice deve valutare se il fallimento delle indagini dipenda dall’insufficienza o falsità delle indicazioni fornite o da altri fattori, come l’inerzia investigativa. In questo caso, la Corte ha concluso che il mancato risultato era diretta conseguenza della genericità delle informazioni offerte dall’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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