Attenuante Collaborazione: la Cassazione Chiarisce i Requisiti
L’attenuante collaborazione, prevista dalla legge sugli stupefacenti, è un beneficio concesso a chi aiuta concretamente le forze dell’ordine. Ma cosa significa ‘aiutare concretamente’? Con l’ordinanza n. 43032/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che non bastano semplici dichiarazioni generiche, ma è necessario un contributo fattivo e dimostrabile. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato in Corte d’Appello per detenzione di cocaina, in violazione dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. 309/1990. L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento dell’attenuante collaborazione prevista dal comma 7 dello stesso articolo. A suo dire, i giudici di merito avevano negato il beneficio basandosi unicamente sulle valutazioni di un operatore di polizia sentito come testimone, senza considerare adeguatamente il suo contributo.
L’Attenuante Collaborazione e i Requisiti di Legge
L’articolo 73, comma 7, del Testo Unico sugli Stupefacenti, prevede una diminuzione della pena per l’imputato che si adoperi per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o che aiuti concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.
Questo significa che la legge non premia una generica volontà di cooperare, ma richiede azioni specifiche e misurabili, come:
* Impedire la vendita di una partita di droga.
* Fornire informazioni decisive per arrestare altri complici.
* Aiutare a sequestrare denaro o beni provenienti dal traffico illecito.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Genericità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per la sua manifesta genericità. I giudici hanno sottolineato che l’operatore di polizia, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non aveva espresso valutazioni personali, ma aveva semplicemente riferito dei fatti.
Un punto cruciale, completamente omesso nel ricorso, era il comportamento processuale dell’imputato: dopo aver reso delle dichiarazioni generiche alla polizia giudiziaria, era rimasto in completo silenzio durante l’udienza di convalida dell’arresto. Questo silenzio è stato interpretato come un elemento contrario alla volontà di collaborare efficacemente. La Corte ha quindi respinto la richiesta di riconoscimento dell’attenuante della collaborazione.
Le Motivazioni della Corte
La motivazione centrale della decisione risiede nella totale assenza, nel ricorso, di elementi concreti che potessero dimostrare un reale contributo collaborativo. Il ricorrente non ha dedotto alcuna circostanza specifica da cui si potesse desumere che il suo operato avesse evitato ulteriori conseguenze del reato o avesse aiutato gli investigatori a sequestrare risorse economiche illecite. La Corte ha ribadito che, per ottenere l’attenuante collaborazione, l’imputato ha l’onere di provare il suo contributo effettivo, che deve andare oltre mere e vaghe dichiarazioni iniziali. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, non ravvisando la Corte alcuna assenza di colpa nella proposizione di un’impugnazione così palesemente infondata.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante insegnamento pratico: per sperare nel riconoscimento dell’attenuante collaborazione, non è sufficiente ‘parlare’, ma è indispensabile ‘fare’. La collaborazione deve essere tangibile, verificabile e produttiva di risultati utili per le indagini. Presentare un ricorso generico, che non articola in modo specifico e documentato il contributo fornito, non solo non porta al risultato sperato, ma espone anche a ulteriori conseguenze economiche negative.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità?
Un ricorso è dichiarato inammissibile per genericità quando i motivi di impugnazione sono formulati in modo vago e non specificano chiaramente le censure legali o fattuali mosse contro la sentenza impugnata, impedendo alla Corte di esaminare il merito della questione.
Cosa è necessario dimostrare per ottenere l’attenuante della collaborazione prevista per i reati di droga?
Per ottenere l’attenuante, l’imputato deve dimostrare di aver concretamente aiutato le autorità a evitare che il reato avesse ulteriori conseguenze oppure a sottrarre risorse economiche illecite. Non sono sufficienti generiche dichiarazioni, ma è richiesto un contributo fattivo e rilevante.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
Chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile viene condannato per legge al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, a meno che non dimostri di non avere colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43032 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43032 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ANZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione di cocaina.
Egli lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al diniego dell’attenuante della “collaborazione”, di cui al comma 7 del predetto art. 73, che la sentenza avrebbe escluso sulla base di mere valutazioni di un operatore di polizia escusso come testimone, in violazione anche della disciplina di rito.
Il ricorso è inammissibile, per la genericità del motivo.
Secondo quanto si legge in sentenza, il teste ha riferito dati di fatto, non valutazioni. L’imputato, dopo generiche dichiarazioni alla p.g., è rimasto in silenzio all’udienza di convalida del suo arresto: circostanza sulla quale il ricorso sorvola del tutto. Ma soprattutto, neppure in quest’ultimo vengono dedotte circostanze tali da poter dedurre che quegli abbia evitato che l’attività delittuosa fosse portata a conseguenze ulteriori od abbia aiutato gli investigatori a sottrarre risorse economiche illecite, che è quanto richiede il suddetto comma 7.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 25 ottobre 2024.