Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2060 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2060 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
IL IL sul ricorso proposto da NOME nato il DATA_NASCITA in Nigeria CUI NUMERO_DOCUMENTO; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 30/06/2022 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30 giugno 2022, la Corte di appello di Firenze riformando parzialmente la sentenza del 17 giugno 2021 del tribunale di Prato, applicava in favore di NOME le circostanze attenuanti generiche, rideterminando la pena finale, relativa al reato ex art. 73 del DPR 309/90, in anni tre di reclusione ed euro 12.000 di multa.
Avverso la predetta sentenza NOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un solo motivo di impugnazione.
3. Deduce il vizio di motivazione, e il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 73 comma 7 del DPR 309/90. Si rappresenta come pacificamente acquisita la circostanza per cui il ricorrente, attraverso le sue dichiarazion avrebbe consentito l’identificazione del coimputato NOME COGNOME. E si contesta la scelta del primo giudice di non concedere la circostanza di cui all’art. 73 comma 7 citato sul presupposto, ritenuto erroneo, per cui le dichiarazioni del ricorrente non avrebbero consentito di attribuire ad NOME la responsabilità per i fatti di cui al capo 1, stante la non credibilità delle relative affermazioni siccome volt ad attribuire la esclusiva paternità dell’azione e della sostanza stupefacente rinvenuta al solo NOME. Si aggiunge che a seguito di atto di appello sul punto, la corte di appello avrebbe poi erroneamente ritenuto che il numero di cellulare attribuito dal ricorrente a NOME e riferito agli operanti non avrebbe consentito alcuno sviluppo investigativo, in quanto, ancorchè quell’utenza non sia risultata più in uso da parte del NOME dal momento dell’arresto dell’attuale imputato, risulterebbe comunque che l’estrapolazione dei tabulati telefonici avrebbe consentito di individuare gli acquirenti, i quali poi condussero alla identificazione del NOME. Con affermazione della sua penale responsabilità in ordine al capo 3). Tanto alla luce della informativa finale della Squadra mobile.
Sarebbe altresì contraddittoria la motivazione, laddove si sostiene dapprima che il ricorrente avrebbe solo fornito un nominativo impreciso, e successivamente si ricorda che fu fornito anche un numero di cellulare
In tale quadro, sarebbe illogico escludere la sussistenza della invocata attenuante solo perché NOME non è stato ritenuto responsabile del reato di cui al capo 1.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato. Dalla lettura della informativa finale di Polizia citat ricorso, del giugno 2020, e ancor più della sentenza di condanna di primo grado, emerge che a seguito del suo arresto in flagranza del 18 febbraio 2020, il ricorrente riferì il nominativo (seppure non in maniera del tutto precisa) di colui che era in sua compagnia e si era dato alla fuga al momento dell’arrivo degli operanti e la utenza cellulare dello stesso (con numero 259 finale), tuttavia poi risultata non più utilizzata a partire dal predetto arresto. Le successive indagini condotte sulla base di tali rivelazioni – sviluppate anche mediante esame di tabulati relativi al numero telefonico rivelato dall’attuale imputato, notizie fonte confidenziale sulla identità e nuova utenza del fuggitivo, intercettazioni della stessa, rivelatrici di un coinvolgimento del soggetto in attività inerent traffico di droga – portavano a identificare in NOME COGNOME l’uomo visto in
compagnia dell’odierno ricorrente. Con successiva applicazione, nei suoi confronti, di ordinanza cautelare personale della custodia in carcere. Risulta, peraltro, dalla stessa lettura della sentenza di primo grado e del capo di imputazione riguardante NOME, che taluni clienti con particolare riguardo a COGNOME Viola (di cui potrebbe apparire utile verificare, alla luce dell’epoca dei riconosciuti acquisti di sostanza stupefacente, se fu individuata o meno mediante l’esame del tabulato afferente l’utenza rivelata dall’attuale ricorrente), dichiararono di avere acquistato “dall’utilizzatore dell’utenza 3510878259 (ovvero quella rivelata dall’odierno ricorrente, ndr.) nei mesi di gennaio e febbraio 2020 circa 9 dosi di sostanza stupefacente ….riconoscendo lo stesso con certezza in NOME COGNOME (..)”.
Tanto considerato, appare carente la motivazione, quanto al completo e organico esame di tutti gli elementi disponibili ai fini in esame, nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 7 del DPR 309/90 sulla base della ritenuta inutilità della collaborazione del ricorrente in funzione della identificazione di NOME, in quanto ridotta alla sola considerazione dell’intervenuto riferimento di un nome non perfettamente corrispondente ad NOME (ossia NOME) e di una utenza non più in uso. Laddove, invece, appare opportuna una più completa valutazione di tutti gli elementi forniti dal ricorrente nella prospettiva della loro eventuale portata in termini di intervenuta esplicazione, da parte dell’imputato, di attività, ex art. 73 comma 7 del DPR 309/90, volta ad “evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto di annullare la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 73 comma 7 DPR n. 309 del 1990 con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza attenuante di cui all’art. 73 comma 7 DPR n. 309 del 1990 con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Firenze.
Così deciso, il 28.11.2023.