Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19334 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19334 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Reggio Emilia in data 09/09/1988;
avverso la sentenza del 13/06/2024 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione impugnata alla Corte d’appello competente;
RITENUTO IN FATTO
1. In data 30/04/2016, il Gup presso il Tribunale di Reggio Emilia, all’esito di giudizio abbreviato condizionato all’espletamento di perizia sullo stupefacente sequestrato, dichiarava COGNOME responsabile del delitto di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, perché, in concorso con COGNOME COGNOMEgiudicato separatamente) trasportava dalla Spagna all’Italia, al fine di cederla a terzi, grammi 213 di sostanza stupefacente del tipo cocaina, condannandolo, per l’effetto, alla pena di anni quattro ed euro quattordicimila di multa.
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Con decisione del 13/06/2024, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, rideterminava la pena inflitta all’odierno ricorrente in anni tre di reclusione ed euro dodicimila di multa.
Avverso tale decisione COGNOME COGNOME tramite difensore, propone ricorso per cassazione articolato in un unico motivo in cui lamenta la violazione dell’articolo 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990, e il vizio di motivazione in relazione all’omesso riconoscimento dell’attenuante della collaborazione.
In particolare, il ricorrente si duole che il Gup non abbia riconosciuto a suo favore l’attenuante prevista e punita dall’articolo 7 citato, pur sussistendone i presupposti avendo dato il nome del soggetto che lo aveva rifornito di stupefacente, alla stessa stregua di quanto fatto dall’altro originario coimputato, che aveva invece beneficiato dell’attenuante predetta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile posto che la censura relativa alla omessa concessione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. n. 309 del 1990 risulta proposta per la prima volta in sede di legittimità essendo eccentrica rispetto ai motivi formulati in sede d’appello, risulta, pertanto, non deducibil con il ricorso per cassazione una questione sulla quale il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devoluta alla sua cognizione (Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Rv. 269632 – 01).
Va, infatti rilevato che nell’impugnazione di merito, l’odierno ricorrente ha censurato la sproporzione della pena a lui infitta rispetto a quella del coimputato e la concessione a quest’ultimo dell’attenuante in oggetto, ma non ha lamentato la mancata applicazione di detta attenuante nei suoi confronti, tanto che, a pag. 5, in conclusione del motivo articolato al punto 1), COGNOME COGNOME chiede alla Corte d’appello «di rivedere con maggiore equità giuridica di quanto non sia stato fatto dal Gip, e dunque al ribasso, la pena comminata al giovane COGNOME NOME, anche al fine di un eventuale affidamento in prova ai servizi sociali, che consentirebbe un recupero sociale più di quanto non avvenga in carcere».
In ogni caso, anche qualora tale motivo dovesse intendersi proposto, esso sarebbe, in ogni caso, da considerare aspecifico, posto che non risultano evidenziate in sede d’appello le ragioni che avrebbero imposto l’applicazione dell’attenuante.
Va in proposito ricordato che l’appello è soggetto alla disciplina prevista in generale per le impugnazioni dall’art. 581, cod. proc. pen., che al comma 1, lett. c), prevede che devono essere esposti i motivi con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, pertanto a fronte di un motivo di gravame aspecifico, il giudice di appello non può dirsi
realmente investito dei poteri decisori di cui all’art. 597, comma secondo, lett.
b), cod. proc. pen. e l’eventuale censura in cassazione è da considerare inammissibile.
2.Per questi motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, in data 04/04/2025
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