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Attenuante collaborazione: appello inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per traffico di stupefacenti. La richiesta di applicazione dell’attenuante collaborazione è stata respinta perché presentata per la prima volta in Cassazione e non nei motivi di appello, risultando quindi una questione nuova e non devoluta alla cognizione del giudice di secondo grado.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante Collaborazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del diritto processuale penale: non è possibile sollevare in sede di legittimità questioni che non siano state specificamente proposte nei motivi di appello. Il caso in esame riguarda la mancata concessione dell’attenuante collaborazione a un imputato condannato per traffico di stupefacenti, e la decisione finale della Suprema Corte offre spunti cruciali sulla corretta formulazione delle impugnazioni.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado alla pena di quattro anni di reclusione e quattordicimila euro di multa per aver trasportato, in concorso con un’altra persona, un ingente quantitativo di cocaina (213 grammi) dalla Spagna all’Italia. In sede di appello, la Corte territoriale di Bologna riformava parzialmente la sentenza, riducendo la pena a tre anni di reclusione e dodicimila euro di multa.

L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, lamentando, tramite il suo difensore, un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell’attenuante speciale della collaborazione, prevista dall’art. 73, comma 7, del Testo Unico Stupefacenti. A sostegno della sua tesi, evidenziava di aver fornito il nome del suo fornitore, un comportamento analogo a quello del coimputato (giudicato separatamente), al quale l’attenuante era stata invece concessa.

La Decisione della Corte di Cassazione e l’attenuante collaborazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei motivi presentati nel precedente grado di giudizio. Secondo i giudici di legittimità, la richiesta di applicazione dell’attenuante collaborazione costituiva una questione del tutto nuova, mai sollevata davanti alla Corte d’Appello.

L’atto di appello, infatti, si era concentrato sulla sproporzione della pena rispetto a quella del coimputato e sulla richiesta generica di una riduzione “al ribasso” per favorire un eventuale affidamento in prova ai servizi sociali. Non vi era, tuttavia, alcuna censura specifica relativa alla mancata applicazione dell’attenuante in questione.

Le Motivazioni: Novità e Aspecificità del Ricorso

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi interconnessi: l’introduzione di una questione nuova in sede di legittimità e l’aspecificità dei motivi d’appello.

La Proposizione di una Nuova Questione in Cassazione

Il primo punto, dirimente, è che il ricorso per Cassazione non può diventare la sede per introdurre doglianze mai prima sottoposte al giudice del merito. Il giudizio di appello è definito “devolutivo”, nel senso che il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo sulle questioni che gli vengono specificamente “devolute” dalle parti con i motivi di impugnazione. Se una parte non si lamenta di un punto specifico della sentenza di primo grado (in questo caso, il mancato riconoscimento dell’attenuante), la Corte d’Appello non ha il potere, né il dovere, di esaminarlo. Di conseguenza, la Cassazione non può a sua volta sindacare una presunta omissione di pronuncia da parte del giudice d’appello su una questione che non gli era mai stata posta.

L’Importanza della Specificità dei Motivi d’Appello

In secondo luogo, la Corte ha sottolineato che, anche a voler interpretare estensivamente l’atto di appello, il motivo sarebbe stato comunque da considerarsi aspecifico. L’articolo 581 del codice di procedura penale impone che i motivi di impugnazione contengano l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Nel caso di specie, l’imputato si era limitato a lamentare una disparità di trattamento sanzionatorio, senza però articolare una chiara richiesta di applicazione dell’attenuante collaborazione e senza indicare le ragioni concrete per cui tale attenuante avrebbe dovuto essergli riconosciuta.
Un motivo generico non obbliga il giudice a pronunciarsi e, di riflesso, rende inammissibile un successivo ricorso in Cassazione fondato sulla stessa questione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa sentenza riafferma un principio cardine del sistema delle impugnazioni penali: la strategia difensiva deve essere delineata in modo chiaro e completo sin dal primo atto di impugnazione. Ogni potenziale vizio della sentenza di primo grado deve essere censurato con motivi specifici e ben argomentati nell’atto di appello. Tralasciare una doglianza, o formularla in modo vago, significa precludersi la possibilità di farla valere nel successivo grado di giudizio di legittimità. Per gli avvocati, ciò si traduce nella necessità di redigere atti di appello estremamente dettagliati, che non lascino spazio a dubbi interpretativi e che devòlvano al giudice di secondo grado l’intero perimetro delle questioni che si intendono contestare.

È possibile chiedere l’applicazione di un’attenuante per la prima volta in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che una questione non sollevata nei motivi d’appello, come la richiesta di un’attenuante specifica, non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità, in quanto eccentrica rispetto a quanto devoluto alla cognizione del giudice di secondo grado.

Cosa significa che un motivo d’appello è “aspecifico”?
Significa che il motivo è formulato in modo generico, senza indicare in modo chiaro e dettagliato le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la richiesta, come invece richiesto dall’art. 581 del codice di procedura penale. Un motivo aspecifico non obbliga il giudice d’appello a pronunciarsi.

Qual è stata la conseguenza della proposizione di una questione nuova in Cassazione nel caso di specie?
La conseguenza è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte di Cassazione non ha potuto esaminare nel merito la richiesta dell’imputato relativa all’applicazione dell’attenuante collaborazione, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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