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Attenuante art. 625-bis: collaborazione non basta

Due imputati condannati per furto aggravato in una scuola ricorrono in Cassazione chiedendo uno sconto di pena, in particolare tramite l’applicazione dell’attenuante art. 625-bis per la collaborazione fornita. La Suprema Corte dichiara i ricorsi inammissibili, stabilendo che la collaborazione, per essere valida, deve essere significativa e non marginale. La sentenza conferma che un aiuto parziale, che non porta a risultati concreti nel recupero dei beni o nell’individuazione dei complici, non giustifica la riduzione della pena.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante art. 625-bis: Collaborare non Basta se l’Aiuto è Insufficiente

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto penale: i limiti e le condizioni per l’applicazione della cosiddetta attenuante art. 625-bis del codice penale. Questa norma prevede uno sconto di pena per chi, dopo aver commesso un furto, collabora efficacemente con le autorità. Il caso specifico, riguardante un furto aggravato in un istituto scolastico, offre l’occasione per chiarire quando la collaborazione possa essere ritenuta davvero ‘significativa’ ai fini della riduzione della sanzione.

I Fatti del Processo

Due giovani venivano condannati in primo grado e in appello per furto pluriaggravato. L’accusa era di essersi introdotti in una scuola e di aver sottratto numerosi computer e una somma in denaro, per un valore complessivo di circa 15.000 euro. La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la condanna a due anni di reclusione e 200 euro di multa per ciascuno degli imputati.

I Motivi del Ricorso in Cassazione e l’attenuante art. 625-bis

Contro la sentenza di secondo grado, le difese degli imputati proponevano ricorso per Cassazione, lamentando diversi aspetti. Il punto centrale del ricorso di uno degli imputati era il mancato riconoscimento dell’attenuante art. 625-bis. La difesa sosteneva che l’imputato avesse fornito un contributo decisivo all’individuazione di uno dei ricettatori, presso il quale era stato rinvenuto uno dei computer rubati. A loro avviso, questo aiuto avrebbe dovuto garantire una diminuzione della pena.

Entrambi i ricorrenti contestavano inoltre la congruità del trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo e non adeguatamente motivato, soprattutto perché la pena era stata fissata a un livello superiore al minimo previsto dalla legge. In particolare, si lamentava che le attenuanti generiche, pur riconosciute, fossero state considerate solo equivalenti alle aggravanti contestate e non prevalenti.

La Decisione della Suprema Corte: Ricorsi Inammissibili

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ritenuto che le censure mosse dagli imputati fossero infondate e non si confrontassero adeguatamente con la solida motivazione della sentenza impugnata.

La Valutazione della Collaborazione

Il cuore della decisione riguarda l’interpretazione dell’attenuante art. 625-bis. I giudici hanno stabilito che il contributo offerto dall’imputato non poteva essere considerato ‘significativo’. Infatti, le informazioni fornite avevano portato all’individuazione di un solo soggetto e al recupero di un solo computer (peraltro rotto) a fronte di un’ingente refurtiva. La collaborazione, per essere meritevole dello sconto di pena, deve avere un’utilità e una concretezza tali da aiutare realmente le indagini a ricostruire la filiera criminale o a recuperare una parte consistente dei beni sottratti. Un aiuto marginale e di scarso rilievo non è sufficiente.

La Congruità della Pena

Anche le doglianze sulla pena sono state respinte. La Corte ha ritenuto che la motivazione dei giudici di merito fosse logica e coerente. La pena, lievemente superiore al minimo edittale, era giustificata dalla gravità dei fatti: un furto commesso con effrazione ai danni di un istituto scolastico, con un notevole danno patrimoniale e senza recupero della refurtiva. Il bilanciamento tra le attenuanti generiche (concesse per la giovane età) e le aggravanti è stato considerato corretto e non sindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione, nel motivare la sua decisione, ribadisce principi fondamentali del processo penale. In primo luogo, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure che si limitano a proporre una diversa lettura delle prove, senza individuare vizi logici o violazioni di legge nella sentenza impugnata, sono inammissibili.

In secondo luogo, viene delineato con precisione il perimetro applicativo dell’attenuante art. 625-bis. La norma non premia una qualsiasi forma di collaborazione, ma solo quella che si rivela ‘significativa’. La valutazione di tale significatività è rimessa all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, il quale deve basarsi su elementi concreti di utilità per le indagini. La decisione della Corte è in linea con un orientamento consolidato che mira a incentivare una collaborazione reale e proficua, non un mero atto formale per ottenere benefici di legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: chi intende beneficiare dell’attenuante per la collaborazione post-delittuosa deve fornire un aiuto concreto, utile e apprezzabile. Le dichiarazioni vaghe o che portano a risultati investigativi minimi non saranno considerate sufficienti a giustificare uno sconto di pena. La decisione conferma inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel determinare la pena, purché la sua scelta sia supportata da una motivazione logica, coerente e non contraddittoria. Per gli operatori del diritto, è un monito a costruire ricorsi per Cassazione che si concentrino su reali vizi di legittimità, evitando di contestare valutazioni di fatto già cristallizzate nei precedenti gradi di giudizio.

Qualsiasi tipo di collaborazione dopo un furto garantisce l’attenuante speciale dell’articolo 625-bis?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la collaborazione, per giustificare una riduzione della pena, deve essere ‘significativa’. Un aiuto che porta al recupero di una minima parte della refurtiva e all’identificazione di un solo soggetto marginale non è considerato sufficiente.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice d’appello?
Sì, ma solo se la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente. Se il giudice ha giustificato la pena in modo coerente con la gravità del fatto e le circostanze del caso, come avvenuto in questa vicenda, la sua valutazione discrezionale non è sindacabile dalla Suprema Corte.

Cosa significa che un ricorso per Cassazione è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate perché il ricorso non rispetta i requisiti previsti dalla legge. Ad esempio, è inammissibile un ricorso che si limita a chiedere una nuova valutazione delle prove o che non si confronta specificamente con le ragioni esposte nella sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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