LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Attenuante art. 62: no a donazioni generiche

Un imputato per detenzione di stupefacenti ha richiesto l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6 c.p., dopo aver effettuato una donazione a una comunità terapeutica. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che per ottenere l’attenuante art. 62 non è sufficiente un’azione riparatoria generica. È necessario un intervento diretto a eliminare o mitigare le conseguenze specifiche del reato contestato, cosa che una donazione a un ente terzo non realizza.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuante art. 62: la Cassazione chiarisce i limiti per i reati di droga

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande interesse pratico: l’applicabilità dell’attenuante art. 62, n. 6 del codice penale, al reato di detenzione e spaccio di stupefacenti. Può una donazione a una comunità terapeutica essere considerata una valida forma di riparazione del danno, tale da giustificare una riduzione di pena? La Corte ha fornito una risposta negativa, tracciando una netta distinzione tra risarcimento del danno e ravvedimento operoso.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la prima sentenza ed escludendo la recidiva, confermava la responsabilità penale, rideterminando la pena in due anni e otto mesi di reclusione, poi sostituita con la detenzione domiciliare. La difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, basandolo su un unico motivo: il mancato riconoscimento della circostanza attenuante comune prevista dall’art. 62, comma 1, n. 6 del codice penale.

Il Ricorso in Cassazione e l’Applicabilità dell’attenuante art. 62

La difesa sosteneva che l’imputato avesse diritto alla riduzione di pena in quanto, prima del giudizio, aveva effettuato un versamento di 4.000 euro a una comunità terapeutica. Tale gesto, secondo il ricorrente, doveva essere interpretato come un risarcimento per il danno provocato dall’attività di spaccio a soggetti tossicodipendenti. La tesi difensiva si fondava sull’idea che il versamento a strutture che si occupano del recupero dei tossicodipendenti costituisse una modalità utile per ‘elidere o attenuare le conseguenze dannose del reato’.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo e fornendo un’analisi dettagliata delle due diverse ipotesi contemplate dall’attenuante art. 62, n. 6 c.p. La norma prevede infatti due distinti scenari:

1. Il risarcimento integrale del danno: Questa ipotesi riguarda la riparazione di un danno, patrimoniale o non patrimoniale, che sia però economicamente quantificabile. Nel caso dei reati in materia di stupefacenti, il bene giuridico tutelato è la salute pubblica. Si tratta di un bene collettivo, il cui danno non è riconducibile a una singola persona offesa e non è quantificabile economicamente ai fini di un risarcimento. Pertanto, questa parte della norma non può trovare applicazione.

2. Il ravvedimento operoso: Questa seconda ipotesi si verifica quando l’imputato, prima del giudizio, si adopera ‘spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato’. La Corte ha chiarito, richiamando precedenti giurisprudenziali, che tale condotta deve essere specificamente orientata a neutralizzare gli effetti diretti del reato contestato. Nel caso di specie, ciò avrebbe significato un’azione volta a eliminare o ridurre il pericolo derivante dall’immissione sul mercato di quella specifica partita di stupefacente. Una donazione a una comunità, per quanto lodevole, è un gesto generico che non ha alcun collegamento diretto con le conseguenze dello specifico fatto illecito per cui si procede. Manca, quindi, il nesso causale tra il ‘ravvedimento’ e il ‘danno criminale’ specifico.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: per l’applicazione dell’attenuante art. 62 non basta un generico pentimento o un’azione riparatoria indiretta. Il risarcimento deve riguardare un danno liquidabile, mentre il ravvedimento operoso deve incidere direttamente sulle conseguenze della specifica condotta criminosa. Nel contesto dei reati di droga, una donazione a un ente terzo non soddisfa nessuno dei due requisiti, confermando un orientamento rigoroso che mira a circoscrivere l’applicazione della norma a condotte realmente efficaci nel ripristinare, per quanto possibile, la situazione preesistente al reato.

È possibile ottenere l’attenuante del risarcimento del danno (art. 62 n. 6 c.p.) per il reato di spaccio di stupefacenti?
No. Secondo la sentenza, il bene giuridico leso (la salute pubblica) non è suscettibile di un risarcimento patrimoniale liquidabile a favore di una specifica parte lesa, rendendo inapplicabile la prima parte della norma.

Una donazione a una comunità terapeutica vale come ‘ravvedimento operoso’ per ottenere l’attenuante art. 62?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il ravvedimento operoso richiede un’azione diretta a elidere o attenuare le conseguenze dello specifico reato commesso. Una donazione generica a un ente terzo, sebbene positiva, non ha il necessario collegamento diretto con il fatto illecito contestato.

Qual è la differenza tra ‘risarcimento del danno’ e ‘ravvedimento operoso’ nell’attenuante art. 62 n. 6 c.p.?
Il ‘risarcimento del danno’ si riferisce alla riparazione di un pregiudizio, patrimoniale o non, che sia economicamente quantificabile. Il ‘ravvedimento operoso’, invece, consiste in un’attività spontanea volta a eliminare o mitigare le conseguenze dannose o pericolose del reato, che sono diverse dal mero pregiudizio economico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati