Attenuante Armi: Solo Criteri Oggettivi per il Fatto di Lieve Entità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati legati alle armi, chiarendo i presupposti per l’applicazione della cosiddetta attenuante armi di lieve entità. La decisione sottolinea come la valutazione del giudice debba concentrarsi esclusivamente su elementi oggettivi, quali la quantità e la qualità del materiale sequestrato, escludendo ogni rilevanza del comportamento collaborativo tenuto dall’imputato. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le motivazioni della Suprema Corte.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 2 della legge n. 895 del 1967, emessa dal Tribunale e parzialmente riformata in appello. La Corte d’Appello aveva rideterminato la pena inflitta a un individuo in otto mesi di reclusione e 3.000,00 euro di multa. All’imputato era stato contestato il possesso illegale di un fucile, rinvenuto dietro la porta della sua camera da letto, e di una cartuccera con otto cartucce, trovata sopra un armadio nella stessa stanza. Il fucile, inoltre, non risultava censito nella Banca Dati Interforze.
Il Ricorso in Cassazione e la Questione dell’Attenuante Armi
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente contestava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 5 della medesima legge sulle armi. Secondo la difesa, la motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata contraddittoria, non tenendo conto di tutti gli elementi a favore dell’imputato.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, e quindi inammissibile. I giudici di legittimità hanno pienamente condiviso l’impostazione della Corte d’Appello, chiarendo in modo inequivocabile i criteri per l’applicazione dell’attenuante armi.
La Suprema Corte ha affermato che, ai fini della concessione di tale attenuante, la condotta collaborativa dell’agente è del tutto irrilevante. L’unico metro di valutazione è oggettivo e riguarda la quantità e la qualità delle armi sequestrate. Questi elementi, e solo questi, possono determinare se un fatto sia di ‘lieve entità’ o meno.
Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato due fattori decisivi:
1. L’arma non era registrata: Il fucile non era censito nella Banca Dati Interforze, un elemento che ne aumenta la pericolosità potenziale.
2. La presenza di munizioni: Il ritrovamento di una cartuccera con otto cartucce pronte all’uso connotava il fatto di ‘sostanziale gravità’.
Sulla base di questi elementi oggettivi, la Corte ha concluso che la decisione dei giudici di merito di negare l’attenuante era correttamente motivata e priva di qualsiasi contraddizione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: per ottenere il beneficio dell’attenuante del fatto di lieve entità nei reati in materia di armi, non basta dimostrare di aver collaborato con le autorità. La valutazione del giudice deve essere ancorata a dati concreti e oggettivi legati alle armi stesse. La loro tipologia, la quantità, la potenza offensiva e la presenza di munizionamento sono i veri elementi dirimenti. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende.
Per la concessione dell’attenuante di lieve entità nel reato di armi, conta il comportamento collaborativo dell’imputato?
No, secondo la Corte di Cassazione, la condotta collaborativa tenuta dall’agente è del tutto irrilevante. L’attenuante può essere concessa unicamente sulla base di elementi oggettivi.
Quali elementi oggettivi sono considerati per valutare la lieve entità del fatto?
Gli elementi oggettivi considerati sono quelli relativi alla quantità e alla qualità delle armi sequestrate. Nel caso di specie, il fatto che il fucile non fosse registrato e la presenza di otto cartucce sono stati ritenuti elementi che connotano il fatto di ‘sostanziale gravità’, escludendo così la lieve entità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e, come nel caso esaminato, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43519 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43519 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato a MONTOPOLI DI SABINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
&’
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
La Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Rieti in composizione monocratica, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in mesi otto di reclusione ed euro 3000,00 di multa per il reato di cui all’art. 2 I. 2 ottobre 1967, n. 895.
Rilevato che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della ipotesi attenuata di cui all’art. 5 della summenzionata legge – sono manifestamente infondate perché inerenti ad asserita contraddizione della motivazione non emergente dal provvedimento impugnato.
Invero, la Corte di appello di Roma rileva che, ai fini dell’applicazione di tale attenuante, è del tutto irrilevante la condotta collaborativa tenuta dall’agente, in quanto può essere concessa unicamente sulla base di elementi oggettivi afferenti alla quantità e qualità delle armi sequestrate. Nel caso di specie evidenzia che il fucile, rinvenuto dietro la porta della camera da letto in uso esclusivo del ricorrente, non era censito in Banca Dati Interforze e che sopra un armadio ubicato nella stessa stanza veniva rinvenuta una cartuccera contenenti otto cartucce, il che connota il fatto di sostanziale gravità.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2024.