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Attentato terroristico: vita vs incolumità, la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la condanna per attentato terroristico, ma qualificato come attentato alla sola incolumità e non alla vita. Un individuo aveva posizionato due ordigni presso la sede di un partito politico: il primo esploso di notte, il secondo una trappola per le forze dell’ordine. La Corte ha stabilito che, sulla base delle perizie, l’ordigno non era oggettivamente idoneo a uccidere, ma solo a ferire, rendendo corretta la riqualificazione del reato. L’intento dell’autore non è sufficiente se i mezzi sono inadeguati a causare la morte.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attentato terroristico: vita vs incolumità, la Cassazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 11970 del 2024, offre un’importante chiave di lettura per definire i confini del reato di attentato terroristico, in particolare riguardo alla distinzione tra l’attentato alla vita e quello alla semplice incolumità personale. La pronuncia si concentra sulla necessità di una valutazione oggettiva della pericolosità degli atti, al di là della mera intenzione soggettiva dell’autore del reato. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso complesso e le conclusioni a cui sono giunti i giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un grave episodio avvenuto nell’agosto del 2018. Un individuo aveva collocato due ordigni esplosivi presso la sede di un noto partito politico. Il piano era stato congegnato in due fasi: un primo ordigno, di minore potenza, è stato fatto esplodere durante la notte, quando i locali erano vuoti, con lo scopo di attirare sul posto le forze dell’ordine.

Il secondo ordigno, una pentola a pressione riempita di esplosivo e chiodi, era stato nascosto sotto una scala antincendio e collegato a un filo d’inciampo. Questo secondo congegno rappresentava una vera e propria trappola, progettata per esplodere al passaggio degli agenti intervenuti a seguito della prima deflagrazione. L’attentato era stato poi rivendicato tramite un comunicato pubblicato su un sito internet di area anarchica.

L’iter Giudiziario e la qualificazione dell’attentato terroristico

In primo grado, l’imputato era stato condannato a una pena molto severa per il delitto di cui all’art. 280 del codice penale, con la contestazione di attentato alla vita per finalità di terrorismo. Tuttavia, la Corte d’Assise d’Appello ha parzialmente riformato la sentenza. I giudici di secondo grado, sulla base delle risultanze peritali, hanno riqualificato il reato, ritenendo che si trattasse di un attentato terroristico diretto a ledere la sola “incolumità” delle persone e non la loro “vita”. Questa riqualificazione ha comportato una significativa riduzione della pena.

Contro questa decisione hanno proposto ricorso per cassazione sia il Procuratore Generale, che chiedeva il ripristino della più grave accusa di attentato alla vita, sia la difesa dell’imputato, che sosteneva l’ipotesi del “reato impossibile” per presunta inidoneità dell’ordigno a esplodere. La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi, confermando la decisione d’appello.

Le Motivazioni della Cassazione

Il nucleo centrale della motivazione della Suprema Corte ruota attorno alla valutazione della concreta pericolosità dell’ordigno. I giudici hanno dato peso decisivo agli esiti delle perizie tecniche, le quali avevano evidenziato diverse criticità nella costruzione della bomba.

Secondo gli esperti, l’esplosivo utilizzato era di scarsa qualità, la densità di caricamento ridotta e l’innesco debole. Durante i test, la pentola non si era frammentata e il coperchio aveva fatto da scudo, causando la mera caduta dei chiodi a breve distanza. Di conseguenza, il perito aveva concluso che l’ordigno avrebbe potuto costituire un pericolo per la vita solo in caso di contatto fisico diretto, mentre nel raggio di quattro metri avrebbe potuto causare unicamente lesioni, mettendo a rischio l’incolumità delle persone.

La Corte ha inoltre considerato la collocazione della trappola: l’ordigno era sotto la scala, mentre il filo d’inciampo era posizionato più in alto sulla rampa. Questo significava che la potenziale vittima sarebbe stata colpita a una certa distanza e solo agli arti inferiori, con la struttura della scala a fare da ulteriore barriera. Per questi motivi, è stata esclusa l’idoneità oggettiva dell’azione a causare la morte.

La Cassazione ha chiarito che, ai fini della configurabilità dell’attentato terroristico alla vita, non è sufficiente l’intenzione dell’agente (il dolo), pur manifestata in scritti inneggianti alla violenza. È indispensabile che gli atti posti in essere siano, nella loro materialità, concretamente e inequivocabilmente idonei a provocare l’evento morte. Se questa idoneità manca, il reato si qualifica come attentato all’incolumità.

Al contempo, è stata respinta la tesi del reato impossibile sostenuta dalla difesa. Il fatto che l’ordigno, durante i test peritali, sia esploso in due occasioni su tre, ha dimostrato la sua non assoluta inefficienza. La sua capacità di provocare lesioni era sufficiente a integrare il reato di attentato all’incolumità.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale nel diritto penale in materia di terrorismo: la qualificazione giuridica di un attentato terroristico deve fondarsi su un’analisi rigorosa e oggettiva della potenzialità offensiva della condotta. L’intenzione soggettiva di uccidere, pur essendo un elemento rilevante, non può prevalere sull’evidenza tecnica che dimostra l’inadeguatezza dei mezzi utilizzati per raggiungere tale scopo. Questa pronuncia ribadisce l’importanza cruciale delle prove scientifiche e delle perizie tecniche nel determinare la corretta fattispecie di reato, garantendo che la gravità della pena sia proporzionata al pericolo effettivamente creato.

Quando un attentato terroristico si considera diretto a togliere la vita e quando solo a ledere l’incolumità?
Si considera diretto a togliere la vita quando gli atti compiuti sono oggettivamente idonei e diretti in modo non equivoco a causare la morte. Se, invece, gli atti sono idonei solo a provocare lesioni, si configura l’attentato all’incolumità. La valutazione si basa sulla pericolosità concreta dell’azione, non solo sull’intenzione dell’autore.

L’intenzione di uccidere, manifestata in scritti o proclami, è sufficiente per configurare un attentato alla vita?
No. Secondo la sentenza, l’intenzione soggettiva non basta se i mezzi utilizzati non sono concretamente idonei a provocare la morte. È necessaria una valutazione oggettiva della potenzialità lesiva dell’ordigno e delle modalità della sua collocazione per determinare se l’atto fosse diretto contro la vita o l’incolumità.

Se un ordigno non esplode durante un primo test peritale, si può parlare di ‘reato impossibile’?
Non necessariamente. Nel caso di specie, l’ordigno è esploso in successivi tentativi dopo essere stato ricostruito più fedelmente. La Corte ha ritenuto che non si trattasse di reato impossibile perché il congegno aveva una potenzialità offensiva. Il reato impossibile si ha solo quando l’azione è assolutamente inidonea, sin dall’origine, a produrre l’evento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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