Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6049 Anno 2025
I
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6049 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 05/11/1990
avverso la sentenza del 25/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo 1
udito il difensore
Trattazione scritta.
Il Pubblico Ministero, in persona del dott. NOME COGNOME Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 ottobre 2022, il Tribunale di Trapani condannava NOME COGNOME alla pena principale di 5 anni di reclusione ed euro 390.000,00 di multa, avendolo ritenuto colpevole del delitto di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., 12, comma 3, lett. a), d.lgs. n. 286 del 1998, per aver compiuto, in concorso con altre persone, atti diretti a procurare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato d cittadini stranieri in numero superiore a cinque.
Secondo la ricostruzione fattuale recepita dal giudice di primo grado, l’imputato NOME COGNOME e NOME COGNOME (quest’ultimo giudicato separatamente) erano i conducenti di una barca di legno che, partita dalla città libica di Sabrata, navigava verso l’Italia trasportando migranti provenienti dal Bangladesh e dal Pakistan. Gli occupanti della barca erano stati soccorsi da una nave in acque internazionali ed erano stati trasportati al porto di Trapani. Nell’affermazione della responsabilità di NOME COGNOME, il Tribunale si era avvalso anche delle dichiarazioni rese da Adbul Momen, NOME COGNOME e NOME COGNOME, persone trasportate sulla barca, le quali avevano assunto la qualità di testimoni ed erano state sentite con le modalità di cui all’art. 197-bis cod. proc. pen.
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NOME COGNOME proponeva gravame rivolto alla Corte di appello di Palermo, che lo rigettava con sentenza del 25 gennaio 2024.
Il difensore di NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, con atto articolato in due motivi volti ad ottenere l’annullamento della citata sentenza della Corte di appello di Palermo.
3.1. Con il primo motivo, la difesa deduce, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione della sentenza impugnata in tema di individuazione dell’imputato quale concorrente nelle condotte di trasporto di persone nel territorio nazionale. Il ricorrente afferma che il giudice di appello ha violato l’art. 197 cod. proc. pen. nel ritenere attendibili e riscontrate le dichiarazioni di Momen Adbul, NOME COGNOME e NOME COGNOME utilizzate dai giudici del merito a carico dell’imputato. La difesa rileva che il giudice di appello non ha dato risposta alle critiche esposte dall’appellante avverso la sentenza di primo grado circa le valutazioni inerenti alle
dichiarazioni dei testi. Secondo il ricorrente, il giudice di appello non ha considerato che costoro hanno reso dichiarazioni contraddittorie in relazione all’identificazione dell’imputato come uno dei due conducenti della barca sulla quale si trovavano i cittadini stranieri suddetti.
3.2. Con il secondo motivo, la difesa deduce, richiamando l’art. 606, comma 1 lett. b), e) , cod. proc. pen., sia inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con particolare riguardo agli artt. 62-bis e 133 cod. pen., sia carenza e illogicità della motivazione in relazione alla negazione delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, inerente alle valutazioni circa l’attendibilità de testimoni, è infondato. La giurisprudenza di legittimità ha fissato alcuni principi, che questo Collegio condivide pienamente e intende riaffermare, sugli aspetti rilevanti della causa.
1.1. È stato spiegato che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, cir contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fat (Sez. 5, n. 51604, del 19/09/2017, Rv. 271623 – 01).
1.2. È stato chiarito che, ai fini del controllo di legittimità sul vizio motivazione, ricorre la c.d. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati ne valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Rv. 257595 – 01).
1.3. In applicazione dei richiamati principi di diritto, pienamente condivisibili, deve affermarsi, con riferimento al caso ora in esame, che la sentenza di appello è immune dai vizi lamentati e che le doglianze difensive non colgono nel segno, poiché il giudice di appello ha spiegato con chiarezza, in modo plausibile, le precise ragioni in base alle quali ha affermato che le dichiarazioni rese dai testi Momen Adbul, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono dimostrative della responsabilità dell’imputato NOME COGNOME.
Tra l’altro, il giudice di appello ha spiegato che le divergenze delle versioni dei dichiaranti sull’identificazione del soggetto posto alla guida dell’imbarcazione –
COGNOME e NOME COGNOME ha individuato NOME COGNOME come conducente della barca, mentre NOME COGNOME ha riconosciuto come tale NOME – non possono investire l’attendibilità complessiva e la valenza di dette dichiarazioni a carico dell’imputato, posto che i tre dichiaranti si erano riferiti a due uomini di colore e di nazionalità sudanese, complici nella conduzione del natante, i quali, per le caratteristiche somatiche, si differenziavano nettamente dai migranti trasportati, di altra etnia, provenienti dal Bangladesh e dal Pakistan. Il giudice di appello ha anche richiamato, in modo plausibile, la logica considerazione del giudice di primo grado, in base alla quale la diversa individuazione del conducente da parte dei testi assistiti «…è facilmente spiegabile ove si consideri che i primi due hanno fatto riferimento alla navigazione notturna mentre il terzo ha precisato di essere stato in condizione di identificare il conducente, alla luce del giorno, quando è verosimile che i due correi si fossero alternati alla guida del natante…».
Il giudice di appello, quindi, non ha commesso alcuna violazione di diritto ed ha attentamente analizzato le risultanze disponibili, pervenendo ad affermare la responsabilità dell’imputato sulla base di motivazione esauriente ed immune da vizi logici. Lo sviluppo argomentativo della motivazione posta a sostegno della sentenza impugnata offre una coerente valutazione critica degli elementi risultanti dagli atti e li coordina in un organico quadro interpretativo. Detta motivazione, quindi, supera il vaglio di legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato deve arrestarsi alla verifica delle norme di legge, del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento delle circostanze fattuali. Di contro, il ricorso per cassazione si limita a proporre valutazioni di elementi di fatto che risultano espressamente già considerati dal giudice di appello o, comunque, pienamente superati dalle assorbenti osservazioni del provvedimento.
Il secondo motivo di ricorso, riguardante la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è infondato.
2.1. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, in materia di circostanze attenuanti generiche, la legge non impone che siano esaminati tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., essendo sufficiente che si specifichi a quale di esso si sia inteso fare riferimento (Sez. 1, n. 33506 del 07/07/2010, Rv. 247959). Nel determinare la pena, il giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi previsti dall’art 133 cod. pen., ma ciò non comporta che il relativo apprezzamento debba convergere in unica direzione, giacché è possibile che alcuno di tali elementi sia ritenuto di valenza tale da sopravanzare quelli di segno opposto pur verificati (Sez. : 1, n. 150 del 10/11/1998 – dep. 1999, Rv. 212107).
2.2. Nel caso ora in esame, il giudice di appello, dopo aver richiamato taluni principi fissati in materia dalla giurisprudenza di legittimità, è pervenuto all conferma della sentenza di primo grado, sul punto relativo alla negazione delle circostanze attenuanti generiche, osservando che la difesa ha richiamato genericamente e assertivamente il buon comportamento processuale dell’imputato, le sue condizioni di vita e la scarsa intensità del dolo; che la sola incensuratezza dell’imputato non basta a giustificare la concessione delle generiche, avuto riguardo all’espresso divieto stabilito dall’art. 62-bis cod. pen.; che alla concessione delle generiche osta la non ridotta entità del fatto, commesso in danno di numerose persone.
Il giudice di appello ha così fornito una motivazione congrua e rispettosa delle norme di legge, dei ricordati principi giurisprudenziali e dei canoni della logica, quindi immune dai vizi denunciati.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 9 ottobre 2024.