Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27848 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27848 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1117/2025 UP – 25/06/2025
R.G.N. 8044/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
Deduce la difesa che i tre testi a discarico avevano concordemente riferito sul consenso al rapporto sessuale da parte della persona offesa e che le contraddizioni nella narrazione dei predetti testi assumevano portata lieve, posto che, essendo stati chiamati a deporre, in sede di rinnovazione, ad una considerevole distanza di tempo dai fatti (erano trascorsi quattro anni tra il giudizio di primo grado e quello di secondo grado), era del tutto fisiologico che la narrazione fosse caratterizzata da alcune imprecisioni e contraddizioni.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, XXXXXXXXXXXXXXXXXXX, tramite l’avv. NOME COGNOME ha proposto un secondo ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo e lamentando violazione ed erronea applicazione degli artt. 125, 192, 530, 533 cod. proc. pen., 609-bis cod. pen. in relazione all’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. quanto al capo A.
Deduce la difesa che la Corte territoriale non aveva fatto buon governo dei principi affermati in tema di testimonianza della persona offesa con riferimento ai reati in materia sessuale, avendo evidenziato unicamente gli elementi indicativi della attendibilità della persona offesa e non anche quelli che ne rendono inattendibile il narrato.
In particolare, la difesa ribadisce l’illogicità dell’affermazione della Corte territoriale alla pagina 14 della sentenza impugnata, secondo cui la persona offesa sarebbe credibile nella parte in cui ha dichiarato di non aver assunto cocaina insieme ai presenti, non avendo esitato a raccontare di aver fatto esagerata assunzione di alcol: al contrario, se la donna avesse ammesso di aver fatto uso di cocaina, oltre che di alcol, tenuto conto dello stato fisico che ne sarebbe derivato, le sue dichiarazioni sarebbero risultate maggiormente compromesse in termini di attendibilità.
Deduce poi la difesa come il primo giudice aveva fatto buon uso delle norme procedurali in termini di valutazione della prova, laddove aveva sottolineato la peculiarità che la vittima di un rapporto sessuale avesse chiesto al violentatore di utilizzare il preservativo prima del rapporto oppure dove aveva ritenuto che non fosse possibile ritenere inattendibili le dichiarazioni dei testi a discarico perchØ volte a favorire l’imputato in virtø di rapporti di amicizia o di dipendenza professionale o ancora valorizzando le dichiarazioni dei testi a discarico nella parte in cui avevano riferito di aver udito gemiti di piacere, così avendo inteso che il rapporto sessuale consumato tra imputato e parte offesa fosse consenziente o infine sottolineando il comportamento della persona offesa che, dopo essere stata violentata, si sarebbe addormentata al fianco dell’aggressore, dormendo per diverse ore.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo proposto con il ricorso dell’avv. NOME COGNOME e l’unico
motivo cui Ł affidato il ricorso dell’avv. NOME COGNOME congiuntamente esaminati essendo state prospettate violazioni di disposizioni di legge processuale e vizi della motivazione, in relazione alla valutazione della attendibilità della persona offesa e degli altri testimoni esaminati, oltre che nella valutazione complessiva di tutti gli elementi di prova disponibili, sono infondati, essendo volti a censurare sul piano del merito la valutazione delle prove e della attendibilità della persona offesa, valutazione che non risulta manifestamente illogica nØ in contrasto con i criteri di valutazione delle prove stabiliti dalle disposizioni denunciate dal ricorrente.
1.1. Va, in premessa, ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione Ł circoscritto alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, in forza del quale l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., Ł soltanto quella evidente, cioŁ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi; ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, COGNOME, Rv. 226074). Il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene perciò nØ alla ricostruzione dei fatti, nØ all’apprezzamento del giudice di merito, ma Ł limitato alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, COGNOME e altri, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 7/12/2011, dep. 4/1/2012, COGNOME, Rv, 251760).
1.2. Occorre, poi, ricordare, sempre in premessa, come la giurisprudenza di legittimità abbia ormai da tempo delineato le coordinate di valutazione della testimonianza della persona offesa nella materia dei reati sessuali.
Sul punto, Ł stato ripetutamente affermato che la deposizione della persona offesa si configura, nel vigente ordinamento processuale, come “prova piena”, legittimamente posta da sola a fondamento dell’affermazione di responsabilità, come tale dunque non necessitante di alcun elemento di riscontro. Tuttavia, proprio in ragione del particolare regime che caratterizza lo statuto dichiarativo della vittima di reati sessuali, la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ribadito la necessità di riservare una spiccata attenzione, da parte del giudice, ai racconti della persona offesa, vagliandone scrupolosamente la credibilità soggettiva e l’attendibilità intrinseca del narrato, in modo piø penetrante e rigoroso rispetto alle dichiarazioni rese da qualsiasi testimone, in specie quando vi sia stata la costituzione di parte civile e, dunque, l’astratta possibilità di uno specifico interesse al riconoscimento della responsabilità dell’imputato (Sez. 5, n. 21135, del 26/03/2019, S., Rv. 275312; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 265104; Sez. 5, n. 1666 del 8/07/2014, dep. 2015, COGNOME e altro, Rv. 261730; Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214).
Per chiarire il perimetro del sindacato riservato a questa Corte, va ricordato, quale principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità, che la valutazione della credibilità
della persona offesa dal reato Ł una questione di fatto, la quale ha la propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice di merito, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362).
1.3. Tanto premesso, le censure mosse dalla difesa sono manifestamente infondate perchØ mirano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, diffondendosi in asserite contraddizioni o incongruenze nel narrato della persona offesa, a fronte di un ragionamento probatorio, svolto dalla sentenza impugnata, esente sia da manifeste contraddizioni che ne inficino la tenuta logica, sia dalle denunciate omissioni motivazionali.
Nel caso in esame la Corte di appello di Milano ha giustificato la difforme valutazione di attendibilità della persona offesa con motivazione ampia e adeguata, che non ha mancato di confrontarsi con la differente valutazione dei primi giudici, sottolineando come la persona offesa, nelle occasioni in cui era stata sentita, avesse offerto una ricostruzione dei fatti spontanea, logica e priva di contraddizioni, prendendo le mosse dall’essersi costei recata, in data 17/02/2019, unitamente al connazionale NOME ed alla moglie ed al figlio di costui, presso il locale gestito dal ricorrente, e spiegando che, dopo aver esagerato nell’assunzione di sostanze alcoliche, aveva vomitato e si era addirittura addormentata a terra, in tal modo riferendo anche circostanze a sØ sfavorevoli in modo pacato e privo di astio o animosità nei confronti dell’imputato; era stata poi svegliata da COGNOME e da questi condotta nell’auto dell’imputato, che, invece di riaccompagnarla a casa, dove la donna chiedeva di essere portata, l’aveva condotta presso l’abitazione di
XXXXXXXXXXXXXX e obbligata a farvi accesso; lì aveva assistito all’assunzione di cocaina da parte del ricorrente, di NOME e della moglie, per poi essere condotta dal ricorrente con forza in camera da letto dove aveva subito due rapporti sessuali, non prima di aver ricevuto dall’imputato due schiaffi per aver mostrato dissenso e rappresentato di aver un fidanzato tunisino.
La Corte territoriale ha non illogicamente affermato la credibilità della persona offesa nel dichiarare di non aver fatto uso di cocaina, non avendo ella esitato a raccontare l’esagerata assunzione di sostanze alcoliche; ha poi confutato in modo logico le osservazioni difensive secondo le quali la donna avrebbe potuto andarsene dalla casa quando voleva o anche chiedere aiuto, invece di subire passivamente una violenza sessuale, tenuto conto che la persona offesa, che era stata male tutta la serata per l’abuso di alcol, non conosceva bene le persone con le quali si era recata presso il locale dell’imputato ed era stata condotta in una casa priva di corrente elettrica che non le aveva consentito di ricaricare il cellulare. E’ stato inoltre richiamato dalla Corte distrettuale il clima di sudditanza e di paura, nei confronti dell’imputato, di NOME (suo dipendente), della moglie e del figlio, descritto dalla persona offesa che ha illustrato come l’imputato avesse ordinato alla moglie di NOME di preparargli la camera da letto, ricevendo immediata obbedienza, e come i due coniugi ed il figlio si fossero ridotti a dormire su un divano, non contraddicendo l’imputato che aveva trascorso la notte nella camera matrimoniale unitamente alla persona offesa.
La Corte distrettuale ha poi passato in logica rassegna i riscontri esterni che corroborano la versione della persona offesa, prendendo le mosse dal teste che aveva per primo incontrato la donna nel momento in cui costei aveva lasciato l’abitazione teatro della violenza subita, descrivendone uno stato di forte agitazione e di shock, nonchØ la presenza
di una ferita che l’aveva indotto a chiedere l’intervento dei carabinieri, i quali avevano immediatamente disposto l’accompagnamento della donna presso un centro ospedaliero, dove erano state riscontrate anche alcune lacerazioni in zona vaginale; Ł stato poi sottolineato l’episodio di violenza fisica ai danni della donna, consistito in un colpo di scopa portato dall’imputato sulla testa della persona offesa, che la Corte di appello cita logicamente a dimostrazione che i rapporti tra i due non fossero stati sereni e consenzienti, nonchØ le risultanze dell’attività captativa in cui la donna afferma di non mentire in ordine alle accuse mosse contro l’imputato, per poi rimarcare lo stato di sudditanza dei due coniugi
XXXXXXXXXX e del figlio nei riguardi dell’imputato ed affermare, non illogicamente, l’inverosimiglianza delle dichiarazioni rese da costoro, in primo grado giudicate di riscontro alla tesi dell’imputato, che si erano piø volte contraddetti nelle dichiarazioni rese in sede di rinnovo dibattimentale dinanzi alla Corte territoriale rispetto a quanto dichiarato nel primo grado di giudizio.
La Corte di appello, infine, nell’esaminare i punti critici evidenziati nella sentenza di primo grado e nell’arringa della difesa, ha ribadito la sovrapponibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa nelle varie occasioni in cui era stata chiamata a ripercorrere la vicenda denunciata; ha rimarcato le lesioni al capo inferte alla donna quale elemento oggettivo di riscontro del narrato della denunciante; ha chiarito come i timori della donna ingenerati dal comportamento dell’imputato e i postumi dell’abuso di sostanze alcoliche forniscano spiegazione logica ai comportamenti tenuti dalla donna stessa durante la permanenza nell’abitazione di XXXXXXXXXXXXXX, in linea con la letteratura scientifica in materia di alterazione psichica ed emotiva delle vittime di violenza sessuale; ha evidenziato come la richiesta di utilizzo del preservativo fatta dalla donna all’imputato trovi spiegazione logica nella finalità di evitare il pericolo di una gravidanza, una volta arresasi alla violenza dell’uomo, non certo nel consenso al rapporto, tanto da aver conservato le tracce di quanto accaduto, attraverso il fazzoletto di carta con il quale si era ripulita dopo la violenza subita; ha precisato che il mancato racconto della violenza a colui che per primo aveva soccorso la donna trovi spiegazione nello stato emotivo della persona offesa, che aveva comunque già raccontato di essere stata violentata ad XXXXXXXXXXXXXX e al coniuge; ha precisato come l’affermazione del consulente tecnico della difesa non dovrebbe essere considerata quali elemento a discarico e il dato sanitario recepito in modo neutro, poichØ nulla dice sull’esistenza del consenso delle parti al compimento dell’atto sessuale; ha, infine, ribadito l’inattendibilità del teste XXXXXXXXXXXXXX e del coniuge, rimarcando come il primo, amico e dipendente dell’imputato, fosse già stato ritenuto inattendibile dal giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del riesame, alla luce delle sommarie informazioni testimoniali rese nella immediatezza dei fatti, mentre la seconda aveva ricordato in dibattimento dettagli nella immediatezza non ricordati in conseguenza dell’assunzione di psicofarmaci e del fatto che stesse dormendo, finendo per rimarcare in ogni caso gli elementi oggettivi a conferma del rapporto di sudditanza di costoro nei confronti dell’imputato.
Si tratta in definitiva di motivazione pienamente idonea, in quanto comprensiva anche del necessario confronto con la struttura giustificativa della sentenza di primo grado, che Ł stata ribaltata con argomenti logici, sia per disattendere la ricostruzione dei fatti contenuta in tale sentenza, sia per giustificare quella, opposta, fatta propria dalla Corte d’appello, che il ricorrente ha censurato esclusivamente sul piano del merito, riproponendo la propria tesi difensiva fondata su una lettura alternativa della condotta della persona offesa e delle sue dichiarazioni, oltre che degli altri testimoni esaminati in primo e in secondo grado, non
consentita, in mancanza di illogicità manifeste o di contraddizioni, nel giudizio di legittimità.
Il secondo motivo del ricorso articolato dall’avv. NOME COGNOMEAlessioŁ manifestamente infondato, poichØ non Ł illustrata in termini puntuali, nel confronto con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, la decisività della prova dichiarativa di cui si lamenta la mancata rinnovazione.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte «il giudice di appello che riformi, anche su impugnazione della sola parte civile e ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, Ł obbligato a rinnovare, anche d’ufficio, l’istruzione dibattimentale» (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, COGNOME, Rv. 281228; Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267409; Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, COGNOME, Rv. 279255; Sez. 5, n. 15259 del 18/02/2020, Rv. 279255; Sez. 5, n. 32854 del 15/04/2019, COGNOME, Rv. 277000); e, nell’ambito delle prove dichiarative decisive, rientrano anche le dichiarazioni dibattimentali rese, in primo grado, dal consulente tecnico o dal perito (Sez. 2, n. 40347 del 31/05/2024, B., Rv. 287400; Sez. 4, n. 13379 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286306).
Quanto alla nozione di prova dichiarativa decisiva, per costante e condiviso indirizzo, tale deve intendersi secondo la previsione dell’art. 606, lett. d), cod. proc. pen., la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670; Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, COGNOME, Rv. 259323). Invece, la prova non Ł decisiva, e quindi non dev’essere rinnovata, quando l’apporto dichiarativo, in sØ inidoneo a formare oggetto di opposte valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con elementi di diversa natura, non adeguatamente valorizzati o addirittura pretermessi dal primo giudice, acquisendo, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione di responsabilità (Cass., Sez. 6, n. 34541 del 12/03/2019, Berlingeri, Rv. 276691).
Tanto premesso, la Corte territoriale, che ha proceduto alla rinnovazione dibattimentale, risentendo tutti i protagonisti della serata del 17/02/2019, vale a dire la persona offesa, XXXXXXXXXXXXXX, unitamente al coniuge e al figlio di quest’ultimo, infine rinnovando l’esame dell’imputato, nell’analizzare la documentazione medica che dava conto di escoriazioni all’organo genitale della donna, a livello della forchetta, ha concluso per l’anormalità di tali escoriazioni e la conseguente possibilità di corroborare il mancato consenso al rapporto sessuale, divergendo dal parere di compatibilità con un rapporto sessuale tra consenzienti espresso dal consulente tecnico della difesa.
Tuttavia, tale profilo, ove confrontato con le argomentazioni addotte in motivazione dalla Corte di merito, non risulta determinante ai fini di un diverso esito del processo, incidendo su aspetti non primari della motivazione, che invece si impernia essenzialmente su un giudizio di rivalutazione della attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa (come peraltro affermato dalla stessa difesa nel ricorso per cassazione affidato ad unico motivo) e degli altri testimoni esaminati, oltre che degli ulteriori elementi di prova disponibili, per giungere a conclusioni comunque non disarticolabili da una diversa valutazione tecnica sulle evidenze riscontrate in sede ospedaliera.
In conclusione, stante la infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse del ricorrente deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente stesso, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Si condanna, infine, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Milano con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sara’ liquidata dalla Corte di appello di Milano con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.p.r. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello stato.
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 25/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME