Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 34290 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 3 Num. 34290 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
– Relatore –
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOMENOMENOMECOGNOMEX
COGNOME,
NOMENOMENOMECOGNOMEX
XXX, avverso la sentenza del 09/01/2025 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi;
udito per il ricorrente NOMEXXX l’AVV_NOTAIO, del foro di Firenze, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito per il ricorrente NOME l’AVV_NOTAIO, del foro di Prato, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 22 ottobre 2021 il Tribunale di Firenze condannava NOMENOMECOGNOME alla pena di giustizia, in quanto
ritenuti colpevoli del reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo a) per aver ceduto sostanza stupefacente del tipo cocaina a
NOMENOMENOMECOGNOMEXXXX
XXXXX, nonchØ del reato di cui all’art. 609-octies cod. pen. (capo b) per aver costretto
COGNOMECOGNOMEXXX a subire rapporti sessuali, applicando le pene accessorie di legge.
Con sentenza del 9 gennaio 2025 la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva NOME dal reato di cui al capo a) e riduceva la pena, nei suoi confronti, a sei anni di reclusione per il reato di cui al capo b); riduceva, inoltre, per l’imputato NOMEXXX, la pena per il reato di cui al capo b) a sette anni di reclusione e per il reato di cui al capo a) a sei mesi di reclusione e 1.032,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza NOMEXXX ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a due motivi.
2.1. Con il primo motivo ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla dichiarazione
della penale responsabilità dell’assistito per il reato di cui al capo b).
2.1.1. La difesa ha lamentato che la Corte di appello ha illogicamente affermato che, a fronte del non aver il ricorrente negato di aver avuto un rapporto sessuale con la parte offesa, l’analisi di eventuali tracce biologiche non avrebbe potuto aggiungere nulla di importante al quadro probatorio in relazione alla posizione del ricorrente, non considerando che l’eventuale mancato rinvenimento di tracce riconducibili al coimputato – dichiaratosi estraneo ai fatti – avrebbe inciso su quanto riferito dalla parte civile e sulla qualificazione giuridica del fatto, contestato come violenza sessuale di gruppo.
2.1.2. La difesa ha lamentato, inoltre, che la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la psicopatologia da cui era affetta la persona offesa ai fini della valutazione della attendibilità della stessa, sebbene nessuno degli specialisti abbia dichiarato di aver avuto in cura la persona offesa all’epoca dei fatti, nØ quest’ultima abbia riferito da chi fosse seguita in quel periodo. Allo stesso modo, la Corte di appello ha sminuito la circostanza che la persona offesa facesse uso di sostanza stupefacente, sebbene quest’ultima avesse una vera e propria ossessione per la droga, necessitasse di stupefacente con cadenza quotidiana e manifestasse incessantemente questo suo bisogno.
2.1.3. La difesa ha lamentato inoltre la valutazione compiuta dalla Corte territoriale sulla attendibilità intrinseca della persona offesa a) con riferimento al racconto di costei di essere stata vittima di violenza sessuale per almeno tre ore, quando invece i testimoni escussi avevano dichiarato come gli ospiti presenti presso l’abitazione della persona offesa si fossero trattenuti per circa un’ora o due dopo l’arrivo degli imputati (temporalmente collocato dopo le ore 04.10.49) e la stessa persona offesa aveva collocato la violenza subita in orario antecedente alle 06.08 (in cui era stata contattata dagli imputati e minacciata di non rivelare nulla di quanto accaduto); b) con riferimento alle modalità con le quali i due imputati sarebbero rientrati nell’abitazione della persona offesa, avendo quest’ultima modificato sul punto la propria versione dei fatti, sostenendo infine di aver riaperto la porta per buttare l’immondizia e di averla lasciata socchiusa, favorendo l’ingresso dei ricorrenti; c) con riferimento alle telefonate intercorse con il ricorrente NOMEXXX in epoca successiva ai fatti, posto che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, le telefonate erano spesso avvenute su iniziativa della denunciante, come già evidenziato dai giudici di primo grado; d) con riferimento al tema dei lividi riferiti dalla donna che nessuno dei testimoni escussi avrebbe visto, nonostante gli incontri con costei nei giorni successivi ai fatti.
2.2. Con il secondo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio.
La difesa ha lamentato che la sentenza impugnata non ha chiarito i motivi per i quali non ha ritenuto possibile la diversa ricostruzione dei fatti offerta dall’imputato che, oltre ad essere logica e priva di contraddizioni, ha trovato riscontro anche nelle dichiarazioni dei testi escussi e nelle prove documentali acquisite, spiegando sia le tempistiche di arrivo e di permanenza degli ospiti in casa della persona offesa, sia le telefonate intercorse tra il ricorrente e la persona offesa nei giorni successivi al fatto, in cui la donna era alla costante ricerca di sostanza stupefacente, sporgendo querela soltanto nel momento in cui si era resa conto che l’imputato non avrebbe esaudito le sue richieste in tal senso.
Avverso la sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a tre motivi.
3.1. Con il primo motivo ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., un vizio di motivazione in relazione alla affermazione della responsabilità penale.
La difesa ha lamentato che, ai fini della credibilità soggettiva della persona offesa alla luce della psicopatologia da cui era affetta, la Corte territoriale ha respinto le censure mosse alla sentenza di primo grado con una motivazione apparente e travisando le prove raccolte, avendo tutti gli specialisti che seguivano la donna escluso che costei, nel settembre del 2017, fosse seguita da uno dei servizi sanitari che se ne occupavano, nØ era stato considerata la circostanza che la persona offesa, sentita soltanto quindici giorni dopo i fatti, avrebbe potuto assumere, in tale spazio temporale, sostanze stupefacenti senza alcuna terapia e tali da alterare lo stato di realtà.
3.2. Con il secondo motivo ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio di motivazione in relazione alla attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa.
3.2.1. La difesa ha dedotto che la persona offesa non aveva spontaneamente presentato querela, ma era stato il suo fidanzato a raccontare i fatti ai Carabinieri che si erano conseguentemente recati a casa della donna, raccogliendone le dichiarazioni, sicchŁ il racconto di quest’ultima finiva con l’essere fortemente contaminato non solo dalla patologia conclamata da cui era affetta, ma anche dalla iniziativa non concordata del fidanzato che non credeva al racconto della donna.
3.2.2. La difesa ha inoltre osservato che la motivazione della Corte territoriale sui contatti telefonici intercorsi tra la persona offesa e uno degli imputati in epoca successiva al fatto Ł illogica e non convincente, alla luce degli atti di violenza descritti e subiti dalla persona offesa pochissimo tempo prima e della circostanza che tali contatti erano originati dalla costante ricerca di sostanza stupefacente da parte della donna che avrebbe sporto querela per ritorsione rispetto al rifiuto di NOMEXXX di fornirle sostanza stupefacente, nonostante il rapporto sessuale fosse stato consumato consensualmente e con il solo NOMEXXXX
3.2.3. La difesa ha ancora lamentato l’omessa o apparente motivazione della sentenza impugnata sulle modalità di ingresso dei due imputati nella abitazione della persona offesa, non avendo considerato che gli ultimi ospiti a lasciare l’abitazione erano stati
COGNOMECOGNOMEXXX intorno alle sei del mattino e che la denunciante aveva escluso che dopo la telefonata ricevuta dal ricorrente alle ‘sei e zero otto’ gli imputati fossero ritornati presso la sua abitazione, sicchŁ sulla base di tali emergenze non vi sarebbe alcuna finestra temporale in cui collocare la denunciata violenza. La Corte territoriale, inoltre, aveva omesso di considerare la versione dei due imputati secondo la quale costoro erano ritornati presso l’abitazione della donna dopo la telefonata delle ‘sei e zero otto’ e, con il consenso di costei, avevano assunto sostanza stupefacente ed il solo NOMEXXX aveva avuto un rapporto sessuale consenziente con la persona offesa.
3.3. Con il terzo motivo la difesa ha lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., un vizio di motivazione in relazione agli elementi di supporto esterni alle dichiarazioni della persona offesa.
Innanzitutto, la difesa ha osservato come nessuna analisi era stata eseguita sui reperti al fine di individuare o meno la presenza di tracce biologiche e come la motivazione resa dalla Corte territoriale sul punto fosse macroscopicamente illogica, poichØ, a fronte della contestazione di una violenza di gruppo, l’eventuale esclusione di tracce biologiche del ricorrente avrebbe reso insussistente la contestazione e comprovato la inattendibilità del racconto della parte offesa.
In secondo luogo, la Corte di appello avrebbe dato una lettura incompleta del contenuto
delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, non richiamando il contenuto di una intercettazione ambientale laddove il ricorrente, convocato dalla polizia giudiziaria unitamente al coimputato, faceva delle ipotesi sul motivo della convocazione, facendo riferimento alla denunciante ed affermando che il solo coimputato avesse avuto un rapporto sessuale con costei, così escludendo la sua partecipazione al fatto contestato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, i cui motivi devono essere oggetto di trattazione congiunta, essendo state prospettate violazioni di disposizioni di legge processuale e vizi della motivazione, in relazione alla valutazione della attendibilità della persona offesa, oltre che nella valutazione complessiva di tutti gli elementi di prova disponibili, sono manifestamente infondati, essendo volti a censurare sul piano del merito la valutazione delle prove e della attendibilità della persona offesa, valutazione che non risulta manifestamente illogica nØ in contrasto con i criteri di valutazione delle prove stabiliti dalle disposizioni denunciate dai ricorrenti.
1.1. Va, in premessa, ricordato che il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione Ł circoscritto alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l’oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo, restando invece preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (tra le varie, Sez. 6, n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 3, n. 12110 del 19/3/2009, Campanella, n. 12110, Rv. 243247). Si richiama, sul punto, il costante indirizzo di questa Corte, in forza del quale l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., Ł soltanto quella evidente, cioŁ di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi; ciò in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U., n. 47289 del 24/9/2003, Petrella, Rv. 226074). Il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene perciò nØ alla ricostruzione dei fatti, nØ all’apprezzamento del giudice di merito, ma Ł limitato alla verifica della rispondenza dell’atto impugnato a due requisiti, che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Sez. 2, n. 21644 del 13/2/2013, COGNOME, Rv. 255542; Sez. 2, n. 56 del 07/12/2011, dep. 2012, Siciliano, Rv. 251760).
1.2. Occorre, poi, ricordare, sempre in premessa, come la giurisprudenza di legittimità abbia ormai da tempo delineato le coordinate di valutazione della testimonianza della persona offesa nella materia dei reati sessuali.
Sul punto, Ł stato ripetutamente affermato che la deposizione della persona offesa si configura, nel vigente ordinamento processuale, come “prova piena”, legittimamente posta da sola a fondamento dell’affermazione di responsabilità, come tale dunque non necessitante di alcun elemento di riscontro. Tuttavia, proprio in ragione del particolare regime che caratterizza lo statuto dichiarativo della vittima di reati sessuali, la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ribadito la necessità di riservare una spiccata attenzione, da parte del giudice, ai racconti della persona offesa, vagliandone scrupolosamente la credibilità soggettiva e l’attendibilità intrinseca del narrato, in modo piø penetrante e rigoroso rispetto alle dichiarazioni rese da qualsiasi testimone, in specie quando vi sia stata la costituzione di parte civile e, dunque, l’astratta possibilità di uno specifico interesse al riconoscimento della responsabilità dell’imputato (Sez. 5, n. 21135, del 26/03/2019, S., Rv.
275312; Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, COGNOME, Rv. 265104; Sez. 5, n. 1666 del 8/07/2014, dep. 2015, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv. 261730; Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214).
Per chiarire il perimetro del sindacato riservato a questa Corte, va ricordato, quale principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità, che la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato Ł una questione di fatto, la quale ha la propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice di merito, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola AVV_NOTAIO priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 262575; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362).
1.3. Tanto premesso, le censure mosse dalle difese sono manifestamente infondate perchØ mirano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, diffondendosi in asserite contraddizioni o incongruenze nel narrato della persona offesa, a fronte di un ragionamento probatorio, svolto dalla sentenza impugnata, esente sia da manifeste contraddizioni che ne inficino la tenuta logica, sia dalle denunciate omissioni motivazionali.
La Corte di merito, infatti, nel disattendere le analoghe censure formulate con l’atto di appello sulla ricostruzione offerta dalla persona offesa caratterizzata da contraddizioni e incongruenze, ha illustrato, senza vizi logici, la genuinità e la sincerità del racconto della vittima scevro da propositi vendicativi o intenti calunniosi, offrendo una plausibile ricostruzione delle varie fasi in cui si Ł articolata la vicenda delittuosa, senza far emergere elementi di sospetto in ordine alla testimonianza resa.
1.4. Il riferimento alla illogica motivazione sulla mancata effettuazione delle analisi sui reperti biologici, il cui responso avrebbe potuto condurre ad una diversa qualificazione giuridica del reato, tale dunque da legittimare l’interesse a sollevare la doglianza per entrambe le parti, Ł comunque aspecifico, poichØ tralascia di considerare che la Corte territoriale ha spiegato che le analisi non erano state eseguite, essendo trascorso un periodo di tempo significativo dalla data del fatto al momento in cui erano iniziate le indagini, concludendo, senza vizi logici, nel senso che il dato finiva con l’essere del tutto neutro a fini di prova.
1.5. Quanto alla psicopatologia da cui era affetta la persona offesa, ovverosia un disturbo bipolare di personalità, i giudici di merito, le cui argomentazioni costituiscono un unico corpo motivazionale, ricorrendo un’ipotesi di ‘doppia conforme’, hanno congruamente chiarito, condividendo il parere degli psichiatri sul punto, che il predetto disturbo, seppure fosse tale da determinare un’alterazione del tono dell’umore con manifestazioni incongrue, non riuscendo il paziente a gestire bene le sue emozioni, vivendo fasi depressive ed altre di disforia, non incideva in alcun modo sull’esame della realtà.
1.6. La Corte territoriale ha, poi, richiamato il contenuto delle intercettazioni telefoniche tra i due imputati, laddove – affermano i giudici di secondo grado – le conversazioni scambiate testimoniano la partecipazione di entrambi ai fatti, mentre i giudici di primo grado richiamano in proposito le dichiarazioni del teste COGNOME secondo cui era stato il ricorrente
NOMEXXX a riferirgli che, quella notte, la donna aveva voluto fare sesso con entrambi. Rispetto a tali argomenti, che i giudici di primo grado espongono come elementi a sostegno della attendibilità intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa, il ricorso di NOMEXXX non offre con essi alcun confronto; ma anche il ricorso di NOME, che richiama il contenuto non dirimente di altra
conversazione, non opera in ogni caso alcun confronto con gli argomenti esposti dai giudici di merito.
1.7. Quanto all’uso di sostanze stupefacenti, la Corte territoriale ha spiegato, senza vizi logici, come la persona offesa, nel periodo in cui si sono verificati i fatti, avesse riferito di fare uso saltuario di cocaina e come detta risposta, circoscritta ad un determinato periodo, non fosse contrastante con le ulteriori emergenze che descrivevano una dipendenza, con ricoveri in comunità terapeutiche, come invece sostenuto nei ricorsi.
1.8. Destituite di fondamento sono le censure mosse alla valutazione della attendibilità intrinseca delle dichiarazioni rese dalla persona offesa compiuta nella sentenza impugnata, avendo la Corte di merito non illogicamente chiarito che: a) la situazione di estremo disagio e sofferenza in cui si era venuta a trovare la persona offesa per le violenze sessuali subite ad opera dei ricorrenti spiegava le dichiarazioni da costei rese di non essere in grado di quantificare il tempo di durata delle violenze subite; b) le differenti dichiarazioni rese sulle modalità con le quali i due imputati avevano fatto rientro presso l’abitazione della denunciante, per poi consumare le violenze (ed in particolare il dato che la porta fosse socchiusa in attesa del rientro di RAGIONE_SOCIALE amici o per gettare la spazzatura), non incidevano sul nucleo centrale della sua deposizione riguardante le violenze subite; c) infine, in ordine alle telefonate intercorse tra la persona offesa e il ricorrente NOMEXXX nei giorni successivi al fatto, la Corte di merito ha non illogicamente ritenuto che la maggior parte di esse provenissero dall’imputato e che fosse plausibile la spiegazione fornita dalla parte offesa nel senso che, avendo paura della situazione che si era creata, cercava di convincere l’interlocutore di non essere intenzionata a sporgere querela, tanto coerentemente con gli accadimenti successivi, essendo stato il fidanzato della persona offesa a recarsi di sua iniziativa presso i carabinieri, portandoli a casa della donna, che aveva quindi raccontato quanto accadutole.
1.9. Discende a cascata da quanto esposto che il secondo motivo del ricorso della difesa di NOMEXXX Ł manifestamente infondato, perchØ presentato fuori dai casi consentiti, essendo la violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio evocata senza alcuna ragione giuridica specifica, in quanto il “dubbio” prospettato riguarda genericamente la logicità e la coerenza del materiale probatorio posto a fondamento delle pronunce di merito e tende ad offrire una ricostruzione dei fatti rappresentativa di una ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioŁ desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (Sez. 2, n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Rv. 278237).
1.10. In definitiva, le censure mosse dai ricorrenti, nel riproporre temi già esposti con l’atto di appello e disattesi dalla Corte di merito, concretizzano valutazioni in punto di fatto intese ad offrire, come già anticipato, una lettura alternativa a quella valorizzata dai giudici di primo e secondo grado, e non sono pertanto consentite nel giudizio di legittimità, non intaccando sul piano della manifesta illogicità o della contraddittorietà o della carenza, unici vizi deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., l’apparato argomentativo costituito dalle due sentenze di merito.
La verifica che la Corte di cassazione Ł abilitata a compiere sulla completezza e sulla correttezza della motivazione di una sentenza non può essere confusa con una rinnovata valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella fornita dal giudice di merito: il controllo di legittimità, infatti, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione; sicchŁ il ricorso per cassazione che devolva il vizio di
motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, riservata esclusivamente al giudice di merito, che Ł estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione.
Deve, inoltre, essere ricordato che nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr., Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià, Rv. 254107).
In conclusione i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili a cagione della manifesta infondatezza di tutti i motivi ai quali sono stati affidati.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, e, in assenza di profili idonei ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 23/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.