Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 924 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 924 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato in Marocco il 24/02/2002, avverso l’ordinanza del 01/09/2023 del Tribunale di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Firenze, in sede di riesame di provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, ha confermato l’ordinanza emessa in data 1 agosto 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata al ricorrente la custodia cautelare in
carcere in relazione ai reati di rapina aggravata e lesioni personali ai danni di due donne alle quali, con violenza, riusciva ad asportare uno zaino.
Ricorre per cassazione COGNOME, deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza.
Non vi sarebbe certezza in ordine alla identificazione del ricorrente quale autore dell’aggressione alle due persone offese ed il resoconto dei fatti offerto dal provvedimento impugnato non sarebbe conforme alle risultanze investigative in ordine ad alcuni segmenti del racconto indicati in ricorso.
I fotogrammi del sistema di videosorveglianza presente sul luogo del fatto non consentirebbero alcuna identificazione e la perquisizione a casa del ricorrente non aveva avuto alcuna rilevanza per le indagini.
La descrizione dell’indagato sarebbe avvenuta dopo che esse lo avevano visto in ospedale.
Il Tribunale non avrebbe adeguatamente vagliato la versione difensiva e non considerato quanto risultante dal certificato medico di una delle due vittime, alla quale era stato diagnosticato un coma etilico;
vizio della motivazione in ordine alle ritenute esigenze cautelari, non essendo stato considerato che il ricorrente è un giovane incensurato e che il secondo episodio di furto non sarebbe stato provato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e generico.
1.Quanto al primo motivo, il ricorrente sorvola sulla circostanza che a suo carico milita il doppio concorde riconoscimento effettuato dalle due persone offese, che lo avevano indicato e descritto il suo abbigliamento anche con abiti conformi a quelli da lui indossati allorquando era stato visto dalle due donne in ospedale, dove era stato trasportato da personale di polizia giudiziaria dopo il fatto, come lo stesso interessato ha accennato a proposito dell’intervento di una volante della polizia che lo aveva fatto cadere dalla bicicletta.
Il riconoscimento delle vittime era stato anche corroborato dalle stesse dichiarazioni del ricorrente, il quale, sia pure offrendo una versione diversa dell’incontro con le persone offese, aveva confermato di essere stato presente sul luogo del fatto e che erano sopraggiunti altri soggetti, in senso conforme alla descrizione delle vittime che avevano parlato di essere state accerchiate da più uomini, descrivendo il più violento degli aggressori.
Ne consegue che, alla luce di questi dati, il giudizio di attendibilità delle person offese è immune da vizi logico-giuridici e ricostruttivi, con assorbimento di ogni
altra deduzione difensiva, anche di quella relativa alla inutilizzabilità d fotogrammi del sistema di videosorveglianza presente sul posto, che non supera la prova di resistenza.
Deve ricordarsi il principio, ancora di recente ribadito, secondo cui, in tema di valutazione della prova testimoniale, l’attendibilità della persona offesa dal reato è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo “id quod plerumque accidit”, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609).
Le dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili dai giudici di merit quand’anche non assistite da riscontri esterni – in questo caso, peraltro, presenti, essendo stata richiamata una deposizione testimoniale di soggetto terzo – possono anche da sole sostenere il giudizio di condanna, secondo pacifici principi da lungo tempo affermati ed oramai consolidati nella giurisprudenza di legittimità, a partire da Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, secondo la quale, le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in ta caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone.
Quanto alla esigenze cautelari, il ricorrente non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che ha ricavato il pericolo di recidiva dalle modalità particolarmente violente del fatto, causativo di lesioni personali non lievi ad una delle vittime e dalla circostanza che il ricorrente aveva commesso un tentativo di furto ad altra donna immediatamente dopo, come da lui stesso in parte descritto. Inoltre ed in ogni caso, il Tribunale ha segnalato l’impossibilità di disporre una misura meno grave stante l’assenza di fissa dimora dell’indagato, circostanza che il ricorso non smentisce e che è servita, insieme al tentativo di fuga, a sostenere anche tale esigenza di cautela.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp.att.cod.proc.pen..
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 28.11.2023.