Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14471 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14471 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PRAIA A MARE il 12/03/1961
PARTE CIVILE: NOME
avverso la sentenza del 17/05/2024 della CORTE di APPELLO di CATANZARO
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; letta la nota del difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME del foro di Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME pagamento delle ulteriori spese processuali.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza emessa il 17/05/2024 la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Tribunale di Paola emessa in data 28/11/2018 con la quale l’imputato appellante NOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile del reato di usura aggravata di cui al capo A), in danno di NOME COGNOME costituitosi parte civile; ha confermato altresì
le statuizioni civili in favore di quest’ultimo e la confisca della somma corrispondente al profitto di reato, quantificato in euro 3.600,00.
Avverso la sentenza di secondo grado propone ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo di ricorso con il quale eccepisce la nullità della sentenza per vizio della motivazione, travisamento dei fatti, carenza dei presupposti per l’affermazione di penale responsabilità in ordine al delitto di cui all’art. 644 cod. pen.
In particolare, censura la valutazione di attendibilità della persona offesa, incerta sulla collocazione temporale in ordine alla erogazione del prestito e contraddittoria circa il tasso mensile preteso (10%), trattandosi, all’evidenza, di restituzione rateale della somma ricevuta; inoltre, l’individuazione del COGNOME quale complice di NOME COGNOME al quale la condotta delittuosa era stata riferita, risultava congetturale e priva di riscontri certi.
Eccepisce, infine, in via subordinata, la prescrizione del reato, sopravvenuta in grado di appello, attesa la commissione del delitto nel 2010 e il decorso del tempo massimo di prescrizione di anni 12 e 6 mesi.
Il ricorso è inammissibile, perché presentato per un motivo non consentito e comunque privo della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Circa l’attendibilità della persona offesa, l’iter motivazionale che ha condotto entrambi i giudici di merito a ritenere attendibili NOME COGNOME risulta congruo e conforme alle risultanze processuali. In particolare, la Corte di appello ha fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214).
La sentenza impugnata, contrariamente a quanto sostenuto dall’imputato con il motivo di ricorso in esame, fornisce plausibili ragioni per le quali la persona offesa è stata giudicata attendibile (pagine 8 e seguenti): esclusi intenti calunniatori, la minuziosa ricostruzione della vicenda – la presentazione del COGNOME quale soggetto in grado di prestare aiuto economico in un momento di difficoltà nell’attività imprenditoriale esercitata, il versamento a costui delle quote mensili a
titolo di interessi nella fase inziale del rapporto (pagamento poi proseguito con il Russo), la misura degli interessi a fronte del capitale – ha trovato riscontro nelle testimonianze dei testi che hanno confermato il ruolo attivo espletato dal ricorrente nell’assicurare al sodale nuovi beneficiari degli illeciti finanziamenti.
I rilievi della difesa in ordine alle contraddizioni riscontrate nel narrato dell persona offesa e dei testi sono state oggetto di esame dalla corte di merito che ha sottolineato i punti costanti delle varie deposizioni, fornendo una logica spiegazione all’unico apparente disallineamento dei dati riportati dall’Evangelista, in relazione sia al capitale mutuato che alle restituzioni rateali, sulla base anche della sentenza di condanna a carico del Russo, giudicato separatamente, acquisita agli atti.
Le censure di merito reiterate in sede di legittimità a fronte del complessivo impianto motivazionale della sentenza impugnata non consentono, pertanto, il superamento della soglia di ammissibilità del ricorso.
4.1. Manifestamente infondata, infine, l’eccezione di prescrizione, basata sul termine massimo “all’uopo stabilito dall’art. 157 cod. pen. avuto riguardo al trattamento sanzionatorio stabilito dall’art. 644, comma 1, cod. pen.”.
Non considera invece il ricorrente che sono state contestate e ritenute le circostanze aggravanti ad effetto speciale di cui all’art. 644, quinto comma, n. 3 e n. 4, cod. pen. (aumento della pena base da un terzo alla metà, secondo la modifica introdotta con I. 108/1996, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), con la conseguenza che il reato, commesso nel 2010, ha un tempo di prescrizione massima di 18 anni e 9 mesi (15 anni la pena base per il calcolo ex art. 157 cod. pen. oltre un quarto ex art. 161 cod. proc. pen.).
L’inammissibilità del ricorso determina, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di € 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
Va rigettata, infine, la richiesta di liquidazione delle spese alla parte civile dovute solo nel caso in cui la stessa abbia effettivamente esplicato un’attività diretta a contrastare la pretesa dell’imputato per la tutela dei propri interessi (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, COGNOME, non mass. sul punto); nel caso di specie, la difesa si è limitata a far pervenire tramite pec, in forma sintetica, le propri conclusioni.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese di parte civile.
Così deciso in Roma il 06/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente